venerdì 5 luglio 2019

Gli ultimi due bricioli di dignità che possedevo...

... li ho spesi tutti in questo Pronto Soccorso, che malgrado le sue innumerevoli deficienze, si attesta, almeno questo vogliono farci credere, tra la media italiana.

E per molti burocrati, amministratori, politici, questa potrebbe essere ritenuta quasi una nota di merito.
Alle 7 Stelle dell'Orsa Maggiore, o almeno loro si pensano tali, va l' augurio di poter provare i servizi, non certo per malvagità nei loro confronti, ma solo, per vedere con dati di fato, se continuano poi a crederlo. Loro con i loro deretani seduti comodamente nel corso dei loro incontri salottieri che chiamano tavoli rotondi neppure si rendono conto quel che avviene in quei porti del dolore che sono i PS.

Io posso affermare, quello che andrò scrivere, oltre sei ore vissute tra luci ed ombre, che ho potuto provare direttamente sulla mia pelle e la mia storia è la stessa che tanti altri, portantini della CRI, degenti, medici, infermiere/i e pazienti, presi uno ad uno, in separata sede, potrebbero raccontare ancor più dettagliatamente,  e magari anche più dolorose e drammatiche.
Quando poi penso al termine "Pazienti" credo che questo sia stato coniato ad hoc proprio in un Pronto Soccorso e non di certo pensando a questi come malati doloranti, bensì a persone dotate di immensa dose di calma. Io mi permetterei di dire, purtroppo di "Rassegnazione".
Ordunque le porte del Pronto Soccorso mi si aprono con l' arrivo al triage, accompagnato da tre militi volontari della CRI equipaggio di un'ambulanza, previdenti che ogni mio minimo movimento non mi procuri ulteriori dolori, esattamente alle 16,48 di un giorno "X".
Sdraiato sulla barella, con gli occhi socchiusi per i dolori, dopo uno sballottamento per la discesa della lettiga dall'ambulanza, ad un tratto mi sento prendere la mano. Apro istintivamente gli occhi e mi ritrovo con le luci del soffitto negli occhi in un corridoio che mi illuminano la visione  quasi che fossi passato ad altra vita di trovarmi in un mondo che non mi appartiene e che non merito assolutamente da emerito peccatore quale sono e sono stato: il sorriso di un bel volto sorridente che mi chiede informazioni su quelle che sono le mie problematiche fisiche, mi riporta alla realtà. Le dico che nella cartellina e nella busta che ho al fianco sulla barella troverà tutte le indicazioni che mi sta chiedendo unitamente alla relazione del medico di famiglia, lo stesso poi che ha chiamato il 118. Sempre sorridente e gentile, mi impartisce la prima dose di quel medicamento sempre più difficile da trovarsi nelle farmacie e nei supermercati in genere : il "Placebo di un sorriso" che non costa nulla ma aiuta a sopportare quello che ti attende. "Ok!! Bene, stia ora tranquillo, questa la prendo io e so ho bisogno di altro chiamo il suo medico che conosco anche personalmente"
Si giusto un "placebo", perché, da questo incontro ravvicinato di primo tipo, non ne seguirà un altro fino alle 19,30 circa. E si guardi bene che non sono tra i più sfortunati, perché ci sono degenti che vantano record di attesa notevolmente più lunghi del mio. Quello che si inizia ad imparare immediatamente, non appena inizi la navigazione in questo mare di dolore, è il mai lamentarsi, perché quello al tuo fianco è più sofferente di te, è più tempo che attende una visita dal medico, è più solo di te che magari hai un parente al tuo fianco e che al bisogno, se non sei in grado di alzarti, può allungarti il "pappagallo". 
Parlo di questo aggeggio, perché un anziano,  degente non deambulante ed in attesa dell'arrivo dei suoi famigliari, suonato il campanello, dopo un quarto d'ora di attesa, ha visto comparire un' infermiera inserviente alla quale chiedeva con un fil di voce, l'oggetto, in quel momento, del suo primario desiderio per assolvere la funzione che non riusciva più a trattenere . "Provvedo subito", la risposta. Poi dietro front richiamata da altri compiti evidentemente con il diritto di priorità. Passano altri 10 minuti, per il poveruomo interminabili, se non che un giovanotto parente di un altro "paziente", toccato nei sentimenti altruisti, va nel ripostiglio e "rubato" l'oggetto del desiderio lo "dona" al povero anziano.
Passano ancora 15 minuti ed ecco comparire, un'altra inserviente che rivolgendosi all'intera camerata di "pazienti", uomini e donne, perché nei Pronto Soccorsi, chissà se le 7 stelle della nostra sanità ne sono al corrente, quella tanto decantata riservatezza ha ceduto il posto alla promiscuità tra uomini e donne e chissà che tra non molto sarà allargata anche agli animali, che senza tanti peli sulla lingua, chiede :"Qualcuno ha chiamato per un pappagallo?"
Le battute a mezza bocca, si sprecano... I nomi delle 7 eccellenze della nostra Sanità Locale colpevoli di tanto malcontento emergono sussurrate e bisbigliate e che per riguardo non a loro, che nel bene e nel male di questo si nutrono, ma solo per le loro famiglie, è meglio evitare farli.
Ma una sulle tante che ho ascoltato, tra il mordermi le labbra per il dolore ed il tenermi l'addome per il ridere seppure non ne avessi voglia, è stato quando nel silenzio rotto solo da qualche sospiro, ha prevalso lo squillo del telefonino di una moglie di un uomo in attesa da tempo della visita del medico. Un omone di oltre 150 kg con problemi per una minaccia di probabilità di trombosi alle gambe (riferisco quando detto dai due interessati), che rassicurava alla figlia che ancora nessuno lo aveva veduto, ma che lo avevano "almeno" sistemato in un lettino. E lui, con vocione e facendo seguito ad un richiamo di Santi a testimoniare quello che diceva, replicava con una cadenza che mi richiamava la residenza oltre il Cesano "... ma che caxxo stai a di, un lettino ?? ma questa è 'na barella". E così dicendo scivolava sempre più verso il fondo di questa.
Ma ancora non sapevo che le ciliegine, più amare, mancanti sulla torta, sarebbero venute post il mio incontro con la dott.ssa che giungeva solo alle 19,30 circa e malgrado le oltre due ore e mezzo mi dovevo ritenere un fortunato.
Un paio di domande, due palpazioni all'addome, i prelievi di sangue con successiva introduzione attraverso flebo di un antidolorifico (Paracetamolo), esami delle urine, raggi x ed ecografia, tempo 10 minuti si e no, ed uscivo dalla stanza già con i dolori in via di soluzione.
Ma non ne vorrai sapere tu più del dr. ?? ed allora ingoi il rospo, il dolore nel frattempo si è calmato e ti senti pronto ad affrontare con "pazienza" qualunque altro problema.
Infatti, ancora la strada da percorrere era lunga. Raggi x fatti nello spazio di un quarto d'ora al massimo, ma poi ritornavo al mio posto "branda", che da militare era di certo più confortevole, in attesa della eco.
Erano circa le 20,30 quando viene a prendermi con la carrozzina, per la Eco, un altro degli "angeli di corsia" per portarmi negli scantinati dell'Ospedale, molto simili a quelli di Parigi descritti sui "Miserabili" di Victor Hugo. Del resto noi che siamo di più di quei miserabili di questa società rispetto a quella di allora ? Si romanzo anch'io, lo so, ma non crediate che poi mi allontani più di tanto!! Per l'andata ed il ritorno da questa spedizione, non abbiamo incontrato anima viva. Lì sotto può accadere di tutto, perché la sorveglianza, è posizionata (e del resto c'è assoluto bisogno anche lì) all'ingresso del PS.
Ma arrivato all'ambulatorio della Ecografia, eccoti comparire un giovanotto in pantaloni corti, che riconosco per medico non certo per il camice bianco con tanto di nominativo scritto sul cartellino, come credo invece debba essere, ma solo perché così viene salutato educatamente dall'infermiera ed a cui faccio eco.
Non so, ma mi sembra abbia risposto a mezza bocca ai saluti, quando con un'autorità che neppure un Nobel per la medicina, avrebbe usato, e che comunque la buona educazione gli avrebbe imposto (ancor più per la sua laurea) affronta la povera infermiera, dicendole che lo hanno chiamato perché reperibile, ma che lui era lì da venti minuti ad attendere che gli venissero portati i pazienti e fino ad allora non aveva visto nessuno.
Ascoltate, ascoltate... ed a testimonianza delle mie parole ci sono sempre quelle dell'infermiera, :" Voi dovete radunare i pazienti e poi portarmeli, non che io arrivo prima e debbo attendere...". A questo signore (poi anche medico) sono sfuggite diverse cose che già da sole lo mettono, almeno a mio avviso, dalla parte del torto:
1- non ci si rivolge così ad una donna, mai !
2-non ci si rivolge così ad una collega di lavoro oltretutto subordinata ed in presenza di un estraneo.
3-non si va nel posto di lavoro, seppur fa caldo, seppur fuori orario, e l'ha detto lui che era arrivato da 20 minuti e quindi aveva avuto anche il tempo di farlo (se solo avesse voluto!) senza uno straccio di camice bianco; se fosse stato in spiaggia presumo sarebbe arrivato in slip !
4-non si fanno scenate per problemi di lavoro, davanti a dei pazienti (che dovrebbero essere tranquillizzati visto il loro stato e non impensieriti nella speranza che il radiologo abbia una tranquillità psichica nel corso del loro esame)
5- Non si fanno scenate-rivendicazioni di quel tipo, perché non sai mai chi sia quella persona che ti è davanti
6-"Radunare" lo usa a casa sua quando parla delle suo gregge...
7-Immagino che per la reperibilità percepisca qualche euro in più. Se è poco poteva pensarci prima e scegliersi un altro lavoro.
8- Mai prendersela con un tuo subordinato, quando sai che questo esegue un compito a loro comandato e lo fai solo perché è più facile prendersela con i più deboli piuttosto che con i tuoi pari grado. Prendi il telefono, visto che non puoi andarci di persona in quanto in pantaloni corti, e parla con un tuo pari grado, affrontandolo alla pari !!
Questo ultimo gradino potrebbe essere descritto con  aggettivo che io preferisco non definire.
Ma l'infermiera ha avuto il coraggio di replicare nei modi e toni, anche troppo educati, ricordandogli che lei eseguiva degli ordini che le erano stati impartiti dai suoi superiori, ordini che lei aveva eseguito alla lettera e che se aveva comunque rilievi da fare, li facesse, pure, nelle sedi che riteneva più idonee.
Poi ho saputo il perché di queste risposte fatte seppur cortesemente e di cui me ne sono compiaciuto.
Talmente compiaciuto, che mi sono offerto a testimoniare sull'accaduto, qualora l'infermiera in questione ne avesse bisogno.
La cosa che non auguro a nessuno è quella di capitare nei reparti, figuriamoci quindi nei Pronto Soccorsi, a cavallo dei cambi turno!
I tempi comprensibilmente si allungano logicamente per il passaggio delle consegne...
E come nei fuochi artificiali di agosto che concludono la stagione turistica, il finale dello spettacolo pirotecnico è quello più ricco.
Alle 23,10 vengo chiamato da una infermiera perché la Dr.ssa mi vuole dimettere.
Appena entro, dopo i convenevoli di rito, mi dice che dalle carte che avevo portato con me di analisi, eco, tac, risultava che da qualche mese mi portavo avanti una situazione inspiegabile e che secondo lei, il mio medico di famiglia avrebbe dovuto risolvere con una visita urologica.
Faccio presente, che in primis il mio medico non ha nessuna colpa, perché me lo aveva prospettato non appena erano sorti i primi problemi e che era stata una mia sola unica volontà di evitare, essendo il nostro Nosocomio oramai allo sfacelo, di andare fino ad Jesi. Cosa che lei mi confermava con un suo "Non lo so fino a quando continueremo a restarci anche noi..." Quello che non chiedeva erano le motivazioni !! Quelle sembra non interessino nessuno!!
Poi con fare saccente, di quella che prende in mano la situazione, mi dice "Prendo appuntamento per domani per una visita urologica a Jesi, oppure preferisce dopodomani?". Ma del problema dei dolori addominali, ancora nulla so !! E comincio a pensare che anche i "grandi" o che si ritengono tali, possono farla fuori del vaso...
Va per dopodomani, mi segna una terapia da iniziare i mattino seguente a base di antibiotici (sono le 23,15), scrive tutta la cartaccia per accontentare i  burocrati e la burocrazia e ci congeda!
Al che chiedo, sono in pigiama e con le ciabatte, a casa mi riaccompagna l'ambulanza ? Fa eco uno sghignazzamento che fa molto più male che un sorriso aperto, perché sa tanto presa per i fondelli dello scemo del paese. "Ma quando mai, o chiama il taxi o qualche parente che lo venga a prendere".
Io dentro di me e non certo esternandolo a voce, (almeno un briciolo di educazione, perduto quello della dignità, ancora lo posseggo) li ho mandati  tutti a ... e sono certo, per la veemenza con cui l'ho fatto mi abbiano preceduto in quella via Cellini che fortunatamente, per me, non è distante.
Ma se mi fossi trovato ad abitare in uno dei quartieri più distanti ? mani in tasca o a rompere ai parenti !!! Una cosa che rientra nella normalità !
Il giorno "X" indicato dalla Dr.ssa con la puzza sotto al naso mi sono recato in quel di Jesi. Non appena un urologo (non uno degli ultimi arrivati, ma uno di quelli che contano) dopo aver letto la relazione del PS di Senigallia, senza neppure visitarmi, e questa volta lui sghignazzando, mi ha detto :" Ma qui chi ce lo ha mandato. Il suo non è un caso da sballottamento tra pronti soccorsi. Ed il problema poi dei dolori addominali, lo hanno risolto almeno ?" Ha fatto una relazione da portare al mio medico curante, e l'unico contatto che ho avuto con questo cortese medico è stata quella della stretta di mano seguita da un aperto sorriso.
Così raccontando, ora si è aperta una battaglia, chi chiuderà prima il PS di Senigallia o il sottoscritto??







di Franco Giannini