Quando l'arte pittorica incontra quella culinaria: ecco "Nice to meet you"
Quando due arti s’incontrano, il risultato che
si ottiene assume quasi sempre un doppio spessore. O quantomeno così
dovrebbe essere. E nel nostro caso, almeno a mio modesto parere, è
avvenuto. L’arte pittorica di Geos (Michele Droghini) si è “sposata” con quella culinaria di Ale (Alessandro Capomagi),
il proprietario, nei locali dell’Osteria del Tempo Perso. E da questa
strana, laica unione, a guadagnarci, oltre ai due artisti ognuno nel suo
specifico campo, credo sia stata l’intera città.
Ritengo infatti che questo nuovo modo di porgere Cultura non
sia troppo invasivo rispetto ad altri eventi certamente più eclatanti e
seguiti, ma non per questo, meno interessante, meno appagante, meno
coinvolgente, meno emozionante. Un luogo ed una occasione in cui i
cittadini si ritrovano, degustano e nel contempo discutono anche di
cultura, ben miscelando i piaceri della gola con quelli del sapere.
Ad innescare questo nuovo metodo di fare Cultura riproponendosi al suo pubblico con le sue ultime opere, è di nuovo Geos,
che sembra abbia compreso che il suo “atelier” non è più solo la
“strada”, che non ci sono solo i muri grigi ed anonimi da rendere
parlanti e vivi con le sue opere. Bensì deve guardare ad un’altra
tipologia di luoghi e di materiali in cui fermare le sue impressioni,
rappresentare i suoi sogni, testare le sue ricerche.
Il “ragazzo” sta, finalmente, acquisendo coscienza della sua continua maturazione artistica e non è più solo l’iniziale artista di strada. Ruolo che deve continuare a coltivare, perché non si deve mai rinnegare i propri “natali” tanto più quando sono di natura artistica. Seppure non sia un critico d’arte, credo di poter affermare che il titolo di “urban art” gli vada, oggi, un po’ stretto e che invece il nostro Michele può, anzi deve, aspirare a vestire degli abiti più a sua misura, salendo su di un gradino sempre più alto. GUARDA LA FOTO GALLERY
Il “ragazzo” sta, finalmente, acquisendo coscienza della sua continua maturazione artistica e non è più solo l’iniziale artista di strada. Ruolo che deve continuare a coltivare, perché non si deve mai rinnegare i propri “natali” tanto più quando sono di natura artistica. Seppure non sia un critico d’arte, credo di poter affermare che il titolo di “urban art” gli vada, oggi, un po’ stretto e che invece il nostro Michele può, anzi deve, aspirare a vestire degli abiti più a sua misura, salendo su di un gradino sempre più alto. GUARDA LA FOTO GALLERY
E
di questa sua maturazione deve essersene accorto anche il nostro
Assessore alla Cultura il Prof. Stefano Schiavoni, esperto conoscitore
della materia e figlio d’Arte, che già un anno fa inaugurò una mostra di Droghini nei locali della Expo-Ex
(Ri-tratti di donna). Oggi, quasi a conferma della mia tesi, è
ritornato ad inaugurare anche questa di mostra, e questa volta
accompagnato per il taglio del nastro, anche dal Sindaco Mangialardi e
dall’Assessore all’Urbanistica Simone Ceresoni, che in fatto di disegno,
proprio digiuno non dovrebbe essere. Voglio sperare a convalida della
mia opinione e non solo di una mia “visione”!
Anche questa volta Geos Droghini, si è ripetuto nel proporci dei ritratti, ma in questa occasione principalmente con volti di bimbi. Ma quello che più mi ha colpito è il particolare dell’espressione dei loro occhi.
Ho fatto una prova ed ho scoperto che coprendo (mi si perdoni il
bisticcio di parole!) il resto delle immagini e lasciando visibile solo
la parte considerata lo specchio dell’anima, dalla luce che emanano le
pupille, si riesce quasi ad indovinarne lo stato d’animo del personaggio
raffigurato.
Due chicche, poi, i ritratti faunistici dell’oca e del maiale, posti tra quelli degli umani, in cui, anche qua gli occhi sembrano ripetere il loro verso.
Oggi lo studio si è fermato agli occhi (o almeno io credo), domani forse sarà posto sulle bocche, più in là nel tempo si soffermerà nei nasi, anche se la l’arma vincente di Michele “Geos” Droghini sono, da sempre e più ricercate, le sfumature che ti invitano quasi ad accarezzare, quella che a me vien da chiamare dipinto, ma che lui, con immenso affetto, invece, chiama la “opera”, qualunque e ovunque sia locata.
Due chicche, poi, i ritratti faunistici dell’oca e del maiale, posti tra quelli degli umani, in cui, anche qua gli occhi sembrano ripetere il loro verso.
Oggi lo studio si è fermato agli occhi (o almeno io credo), domani forse sarà posto sulle bocche, più in là nel tempo si soffermerà nei nasi, anche se la l’arma vincente di Michele “Geos” Droghini sono, da sempre e più ricercate, le sfumature che ti invitano quasi ad accarezzare, quella che a me vien da chiamare dipinto, ma che lui, con immenso affetto, invece, chiama la “opera”, qualunque e ovunque sia locata.
Allegati
Volti e nomi della Senigallia celebre ma modesta n°16: Michele Droghini
Senigallia, prima mostra personale di Michele Droghini
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Pubblicato Mercoledì 14 gennaio, 2015 su SenigalliaNotizie.it
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