...l'artista Chiara Diamantini mi accompagna per un breve tratto descrivendomi le sue opere
Non sono un critico d’arte e
quindi mai e poi mai mi permetterei di esprimere giudizi negativi ed
altrettanto positivi, per difficoltà che l’artista ha incontrato o
risolto. Non comprenderei ne una cosa nell’altra.
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Quindi questa mia descrizione di una passeggiata nelle stanze della Rocca hanno il semplice valore di cronaca di un paio d’ore trascorse in buona compagnia in cui ho avuto la possibilità di ascoltare ed incamerare una lezione sull’arte della Poesia Visiva, a me sconosciuta fino ad allora ed un po’ “impressionato”, nel leggere per informarmi, termini come Neoavanguardia, estetica romantica e sibolista o idealismo crociano e gentiliano che più che aprirmi a questo nuovo tipo d’arte, me la rendevano più siatante.
Vedendo i suoi lavori su alcune vecchie brochures, mi sono quindi chiesto soventemente chi e che cosa fosse Chiara Diamantini.
Un’autrice? una pittrice? una grafica? una poetessa? una fotografa?
Curiosità che ho soddisfatto visitando la mostra personale allestita
alla Rocca Roveresca per di più accompagnato da lei.
Ascoltandola timidamente e religiosamente in silenzio, ho scoperto chi
essa sia e quali siano le sue doti e specialità artistiche. Le sue
spiegazioni, non da docente d’arte che non avrei assolutamente compreso,
ma da maestrina della penna rossa con un lessico elementare per me più
consono, mi hanno portato a vedere questo tipo d’arte con un occhio
diverso e prevenuto con cui avevo varcato i portone della Rocca.
Chiara Diamantini, seppur fisicamente uno scricciolo di donna, è un’atleta e più specificatamente una “Pentatleta“,
si delle immagini. Infatti usa nella sua attività artistica sia le
parole in versi che quelle in prosa, le immagini che a loro volta
vengono elaborate attraverso una grafica di ricerca e non disdegna
neppure la macchina fotografica. Impaginare i libri è quello che più le
piace fare, ed infatti è da lì che ha cominciato la sua attività.
Ed è partita subito andando a scomodare niente popodimenoché Andreè Breton con il suo romanzo autobiografico Nadja. Nel video
si può ascoltare come le sue fotografie rispettino tempi, le cose ed i
luoghi così descritti da Breton, alfine di ottenere e trasmettere a chi
osserva, le stesse sensazioni che aveva provato lo scrittore in quei
precisi istanti. Come una novella Arsenia Lupin “ruba”
estrapolando le frasi più belle, più toccanti, più erudite dei vari
autori letterari, drammaturghi, poeti per riportarle poi nei suoi lavori
analizzandole goccia a goccia parola per parola, con esperti collage e
vestendole degli abiti che la sua immaginazione la porta ad elaborare.
Ecco che allora le sue Mus(e)i sono Leopardi, come
già detto Breton, Sartre o Shakespeare con il suo Macbeth o Pound con il
suo specchio o Pasternak non dimenticando Kafka. Per lei, come mi
suggerisce Maurizio Liverani, “ogni immagine è un concetto, ogni immagine ha un senso in sè“.
Ella è uno spirito libero, la sua mano è guidata solo ed esclusivamente
dalla sua libera fantasia. E come una esperta e ben allenata atleta di
triathlon, sa quanto abbandonare la bici per scendere in piscina o
risalire la vasca per prendere la corsa che la porterà al traguardo.
Così fa anche Chiara con le sue opere: abbandona
l’obiettivo quando sa di poterlo fare, per prendere a copiare le
scritture originali vergate di pugno dallo stesso Leopardi dei propri
versi, per riproporle, come la sua fantasia la porta ad elaborare, nella
galassia del firmamento disegnando i segni zodiacali. Non disdegna
neppure l’umile colla o semplici caratteri adesivi, onde comporre dei
collage come nel caso della sua personale raffigurazione del gioco delle
mani nel Machbeth. Passa dalla tela al modesto cartoncino, dalla
cornice ad una specie di origami come nel caso del Machbeth.
Il video può solo invogliare ed incuriosire.
Il video può solo invogliare ed incuriosire.
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Pubblicato Lunedì 8 giugno, 2015 su SenigalliaNotizie.it
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