...Voglio parlare dei mutamenti, a mio vedere, avutisi nel corso di 50 anni, dalla Regina degli Sport : l' Atletica Leggera
Pensavo che il caso di Fiona May, visto il pensiero degli italiani in fatto di "ammodernamento", di accettazione dei cambiamenti, legati come siamo alle nostre tradizioni, dovesse rimanere un fatto isolato. L'amore di due atleti che s'incontrano e si sposano (con Gianni Iapichino astista e lunghista) e che regalano all'Italia, grazie alla loro unione, oltre che un nome di prestigio, un palmares notevole di medaglie nel salto in lungo. Poi credo che anche qualche altro atleta abbia ottenuto, con o per i motivi più disparati, il doppio passaporto e l'autorizzazione a rappresentare i nostri colori.
Ma io nel frattempo sono stato assorbito da altri impegni più da "adulti" e quindi ho abbandonato la frequentazione dei campi sportivi, o meglio di quello del "Dorico", e dapprima ho cercato tenacemente di continuare a seguire gli avvenimenti attraverso la "Gazzetta Rosa" e poi pian piano ho lasciato cadere tutto nell'oblio del silenzio.
Oggi, superata la maggiore età e di tanto, mi sono ritrovato pensionato e pantofolaio, a cercare come ammazzare il tempo in questi assolati periodi estivi. Ed ecco imbattermi per pura casualità, nei Campionati Europei di Atletica Leggera seguiti (l'ho saputo nel corso di questi ascoltando i resoconti dei commentatori televisivi) dopo pochi giorni da quelli Mondiali degli U20.
L'ho già scritto, ma lo ripropongo solo per sottolineare che non sono proprio digiuno in materia; un broccolo sicuramente, ma appena appena un addetto ai lavori seppur con tante ragnatele tra le mani.
Le mie riminiscenze sportive da convinto "broccolo" di atleta praticante, nascono nei lontani anni di fine '50 (credo 56/57) da prima come mancato canottiere e con il successivo e definitivo sbarco, dopo neppure un anno, nel sodalizio della storica società anconetana della SEF Stamura, ma nel settore, appunto, dell'Atletica Leggera. Più esattamente nei lanci. Settore dove sono cresciuto, di peso corporeo, di statura e di età, rispettando coscienziosamente di lasciare invariato il mio livello di risultati, scadente, malgrado l'impegno. Ero infatti, diciamo un "atleta" che aveva abbracciato con passione il detto Decoubertiano dell' "essenziale partecipare". Però devo dire che il vivere in quell'ambiente mi fa dire anche oggi, dopo il trascorso di una vita, che quelli sono stati anni (fino al '68) che ricordo sempre con grande piacere e con un pizzico di rimpianto... valli a riprendere, infatti!
Premetto subito, seppur credo di averlo fatto capire quando parlavo della May, nel timore d' imbattermi in qualcuno a cui piace fare inutile polemica a costo zero, che quello che andrò ad affermare, non ha assolutamente nulla di sentimenti razzisti. Tutt'altro!! Mi sta bene quello che si sta facendo in fatto di integrazione, ma
quello che non mi piace è che i soliti furbi "sfruttino" i termini quali per l'appunto "integrazione e
"globalizzazione" solo per farsi belli!
Perché dico questo? Ma semplicemente perché ho notato un grande cambiamento seguendo da prima per una settimana i Campionati europei di
Atletica e bissandone un'altra con quelli dei mondiali degli "Juniores".
Quello che ha assorbito la mia attenzione, infatti, non è stato tanto il livello tecnico. A quello ero preparato. E' logico che avrei trovato mutamenti, i tempi passano ed i miglioramenti avvengono, anzi devono avvenire, perché come si suol dire i primati sono fatti per essere superati!
Anche se da criticone quale sono, devo dire che anche alcuni aspetti di cui ci si lamentava 50 anni fa sembrano siano italianamene rimasti irrisolti. Mi sono ritornate a mente infatti le lamentele che faceva il povero Scalabroni (deceduto in ancora giovane età) lanciatore di martello della SEF Stamura degli anni '60 (se ricordo bene!). Un bravo atleta lui e sempre se non ricordo male, a suo tempo campione e recordman regionale di martello. Il suo refrain ad ogni gara sia che gli andasse bene che se gli andava buca, era la lamentela che non c'erano campi idonei in cui poter lanciare. Vero è che una palla di bronzo del peso di 7 kg. e 260 grammi, lanciata a 60/70/80 metri di distanza quando atterra, lascia delle buche profonde e dopo un allenamento, un campo di calcio, si può considerare arato, tanto che diventa difficile da ricomporre. Ma del resto se si vuole che degli atleti si allenino, una soluzione bisognerebbe trovarla. Ed invece la stessa lamentela l'ho riascoltata dopo tantissimo tempo da Marco Lingua, lanciatore azzurro di questa specialità, partecipante agli europei, che intervistato dalla telecronista TV , si scusava per la sua prestazione che non gli aveva permesso di qualificarsi meglio dell' 11° posto e nel contempo si lamentava giustamente di come per loro lanciatori, sia difficile reperire aree dove effettuare le loro prove.
La commozione non mi aveva abbandonato, riflettendo su questo problema e ripensando alla figura del buon Scalabroni, che un altro gigante buono, come del resto solitamente lo sono tutti quelli con masse muscolari enormi, un altro lanciatore, sempre azzurrino, passando nella postazione TV oltre ai commenti tecnici sulla sua prestazione (mi sfugge il suo nome!), mandava un ricordo al grande discobolo che non c'è più Silvano Simeon menzionando la grande rivalità agonistica con un altro grande lanciatore ascolano del periodo : Armando De Vincentis.
Si sa che i campioni non possono per ragion di cose ricordarsi di tutti i "broccoli" con cui hanno condiviso la pedana (in questo specifico caso), ma i "broccoli", quali il sottoscritto, si. Infatti appena ho sentito nominare De Vincentis, ha provato di nuovo un tuffo al cuore. Si, perché ho gareggiato spessissimo con lui e lo ricordo come fosse ora, quando da novello sconosciuto si presentò sulla pedana del Dorico arrivando a toccare si e no, i 35 metri : semplicemente uno sconosciuto tra i tanti di noi in quel momento). L'anno dopo lo rincontrai, e dal ragazzo robusto che conoscevo, lo vidi che si era tramutato in un armadio a quattro ante. Ma che fai culturismo? gli chiesi pensando onestamente (o disonestamente) ad altro - si non mi sono mai fatto i cavoli miei-. Invece mi spiegò che durante l'inverno, in palestra, il prof. "Vittori" (altro grande preparatore, anche lui di Ascoli P. che nel mondo dell'atletica ci "regalò" in seguito il Mennea che tutti abbiamo conosciuto) gli aveva fatto fare tantissimi esercizi di "isometrica". I risultati si videro al suo primo lancio quando fece volare il disco ad oltre 45 metri. Io posso dire che l'ho ricordato con piacere quando l'ho sentito nominare e per un attimo sono ritornato a quei giorni. Seppur non posso pretendere che altrettanto lui si ricordi altrettanto e bene di me. Se a quei tempi fosse esistito il "selfie" oggi sarei a regalare una foto a testimonianza di ciò che dico.
Passata questa rimembranza giovanile, ritorno doverosamente a dove avevo lasciato.
Anche se da criticone quale sono, devo dire che anche alcuni aspetti di cui ci si lamentava 50 anni fa sembrano siano italianamene rimasti irrisolti. Mi sono ritornate a mente infatti le lamentele che faceva il povero Scalabroni (deceduto in ancora giovane età) lanciatore di martello della SEF Stamura degli anni '60 (se ricordo bene!). Un bravo atleta lui e sempre se non ricordo male, a suo tempo campione e recordman regionale di martello. Il suo refrain ad ogni gara sia che gli andasse bene che se gli andava buca, era la lamentela che non c'erano campi idonei in cui poter lanciare. Vero è che una palla di bronzo del peso di 7 kg. e 260 grammi, lanciata a 60/70/80 metri di distanza quando atterra, lascia delle buche profonde e dopo un allenamento, un campo di calcio, si può considerare arato, tanto che diventa difficile da ricomporre. Ma del resto se si vuole che degli atleti si allenino, una soluzione bisognerebbe trovarla. Ed invece la stessa lamentela l'ho riascoltata dopo tantissimo tempo da Marco Lingua, lanciatore azzurro di questa specialità, partecipante agli europei, che intervistato dalla telecronista TV , si scusava per la sua prestazione che non gli aveva permesso di qualificarsi meglio dell' 11° posto e nel contempo si lamentava giustamente di come per loro lanciatori, sia difficile reperire aree dove effettuare le loro prove.
La commozione non mi aveva abbandonato, riflettendo su questo problema e ripensando alla figura del buon Scalabroni, che un altro gigante buono, come del resto solitamente lo sono tutti quelli con masse muscolari enormi, un altro lanciatore, sempre azzurrino, passando nella postazione TV oltre ai commenti tecnici sulla sua prestazione (mi sfugge il suo nome!), mandava un ricordo al grande discobolo che non c'è più Silvano Simeon menzionando la grande rivalità agonistica con un altro grande lanciatore ascolano del periodo : Armando De Vincentis.
Si sa che i campioni non possono per ragion di cose ricordarsi di tutti i "broccoli" con cui hanno condiviso la pedana (in questo specifico caso), ma i "broccoli", quali il sottoscritto, si. Infatti appena ho sentito nominare De Vincentis, ha provato di nuovo un tuffo al cuore. Si, perché ho gareggiato spessissimo con lui e lo ricordo come fosse ora, quando da novello sconosciuto si presentò sulla pedana del Dorico arrivando a toccare si e no, i 35 metri : semplicemente uno sconosciuto tra i tanti di noi in quel momento). L'anno dopo lo rincontrai, e dal ragazzo robusto che conoscevo, lo vidi che si era tramutato in un armadio a quattro ante. Ma che fai culturismo? gli chiesi pensando onestamente (o disonestamente) ad altro - si non mi sono mai fatto i cavoli miei-. Invece mi spiegò che durante l'inverno, in palestra, il prof. "Vittori" (altro grande preparatore, anche lui di Ascoli P. che nel mondo dell'atletica ci "regalò" in seguito il Mennea che tutti abbiamo conosciuto) gli aveva fatto fare tantissimi esercizi di "isometrica". I risultati si videro al suo primo lancio quando fece volare il disco ad oltre 45 metri. Io posso dire che l'ho ricordato con piacere quando l'ho sentito nominare e per un attimo sono ritornato a quei giorni. Seppur non posso pretendere che altrettanto lui si ricordi altrettanto e bene di me. Se a quei tempi fosse esistito il "selfie" oggi sarei a regalare una foto a testimonianza di ciò che dico.
Passata questa rimembranza giovanile, ritorno doverosamente a dove avevo lasciato.
Non sono uno che si scandalizza tanto facilmente, ma vedendo i componenti della squadra turca ( ancora non era accaduto il golpe da 120 minuti con il quale si è tentato di prendere per i fondelli il mondo intero), giuro che gli aggettivi che mi sono usciti di bocca erano gli stessi che usavo il giorno post golpe nei loro confronti ( e non certo del popolo turco, ma dei suoi capi).
Nelle file di questa nazione, che a mio avviso non dovrebbe partecipare neppure a questi campionati europei, trattandosi di uno stato asiatico (lasciamo la geografia da una parte!), hanno fatto passare per turchi, un numero inverosimile di atlete ed atleti Kenioti. Con il solo unico e per me inaccettabile scopo di portare il loro medagliere dall'ultimo posto ottenuto nei campionati del 2014 (con una
sola medaglia di bronzo) a quella del 4° posto assoluto di quest'ultimo
campionato appena concluso, avendone vinte ben 12.
Ed a questi poveri cristi, si pensi che gli hanno anche appioppato dei nomi turchi.
Ed il bello è che "il Mondo" e l' "Europa" in questo caso, accetta tutto passivamente senza obiettare.
Sono quasi tutti atlete/i, di fondo e mezzofondo, che hanno ottenuto una fin troppo
facile "naturalizzazione" (si pensi che questi campionati si disputano ogni due anni). Ed hanno in 24 mesi, spudoratamente e senza ritegno, offerto cittadinanza e forse qualche manciata di spiccioli, in cambio del correre ed indossare la maglia rossa con la mezzaluna. Cosa che ha permesso di passare in questi due anni, dall'ultimo posto
della classifica al 4°. Patetica e ridicola poi vedere la corsa (e in questo caso impacciata) di questi poveri atleti
Kenioti con tanto però di bandiera Turca fornita dai loro capi federazione per
festeggiare una vittoria o dei piazzamenti con giri d'onore non so quanto sentiti ai fini di amor di patria!! Del resto che cosa non si farebbe per guadagnarsi un tozzo di pane ?
Dicevo che il mio non è puritanesimo da due soldi, perché oggi tutte le nazioni, sono costituite da squadre la cui "verginità" della stirpe si vede chiaramente, e credo sia anche un bene, perché è un modo inconfutabile di "integrazione": Scandinavi moreschizzanti con gli occhi azzurri o i capelli biondi, che non eccellono più tanto nei lanci del giavellotto, bensì sulle corse di fondo. Però il fatto che non si veda altrettanto nei paesi asiatici ed africani, fa comprendere che qualche cosa si muove, seppur molto lentamente e solo da una parte.
I paesi colonialisti già da tempo hanno cominciato in questa operazione di amalgama tra le varie etnie, proprio dovuto alla loro occupazione di territori lontani a cui poi hanno concesso (si fa per dire!) o meglio restituito la loro sovranità. Oggi dopo due, tre generazioni abbiamo nomi occidentali portati da giovani dai tratti africani e devo dire che non ci si fa più assolutamente caso quando si tratta di nazioni come la Gran Bretagna, la Francia, la Germania. la Svezia, la Danimarca, la Spagna. Fa un certo effetto (seppur positivo) il vederlo applicare alle nazioni come l' Italia, che fino ad ieri se aveva tentato, lo aveva fatto con gli "oriundi" del calcio.
Quello che più mi ha impressionato ed in senso positivo, è l'aver potuto vedere e constatare che anche l'Italia, ha scelto di inserire nella nostra squadra elementi che si sono integrati ed altri che sono la nuova generazione nata in Italia (e quindi Italiani, altrimenti come li vogliamo considerare ?), da genitori che si sono invece integrati e, quel che conta non poco, tutti con un italiano parlato perfetto se non addirittura con inflessioni dialettali. E questo è quello che considero la strada giusta e che deve ancor più seguire lo sport, per dare qualche cosa in più che un semplice gesto sportivo.
Un esempio che le cose stanno mutando anche nel nostro mondo sportivo, ce lo offre questo giovane le cui sembianze confermano le sue origini, ma il cognome, la sua professione (corre per le Fiamme Oro della Polizia) ed il suo parlare, i suoi gesti, denotano tutto il suo sentirsi italiano : Yemaneberhan Crippa. Un altro giovane entusiasta di un azzurro trovato in Italia è
Jamel Chatbi naturalizzato italiano dal 2012, operaio nel bergamasco.
Dicevo che il mio non è puritanesimo da due soldi, perché oggi tutte le nazioni, sono costituite da squadre la cui "verginità" della stirpe si vede chiaramente, e credo sia anche un bene, perché è un modo inconfutabile di "integrazione": Scandinavi moreschizzanti con gli occhi azzurri o i capelli biondi, che non eccellono più tanto nei lanci del giavellotto, bensì sulle corse di fondo. Però il fatto che non si veda altrettanto nei paesi asiatici ed africani, fa comprendere che qualche cosa si muove, seppur molto lentamente e solo da una parte.
I paesi colonialisti già da tempo hanno cominciato in questa operazione di amalgama tra le varie etnie, proprio dovuto alla loro occupazione di territori lontani a cui poi hanno concesso (si fa per dire!) o meglio restituito la loro sovranità. Oggi dopo due, tre generazioni abbiamo nomi occidentali portati da giovani dai tratti africani e devo dire che non ci si fa più assolutamente caso quando si tratta di nazioni come la Gran Bretagna, la Francia, la Germania. la Svezia, la Danimarca, la Spagna. Fa un certo effetto (seppur positivo) il vederlo applicare alle nazioni come l' Italia, che fino ad ieri se aveva tentato, lo aveva fatto con gli "oriundi" del calcio.
Quello che più mi ha impressionato ed in senso positivo, è l'aver potuto vedere e constatare che anche l'Italia, ha scelto di inserire nella nostra squadra elementi che si sono integrati ed altri che sono la nuova generazione nata in Italia (e quindi Italiani, altrimenti come li vogliamo considerare ?), da genitori che si sono invece integrati e, quel che conta non poco, tutti con un italiano parlato perfetto se non addirittura con inflessioni dialettali. E questo è quello che considero la strada giusta e che deve ancor più seguire lo sport, per dare qualche cosa in più che un semplice gesto sportivo.
Un esempio che le cose stanno mutando anche nel nostro mondo sportivo, ce lo offre questo giovane le cui sembianze confermano le sue origini, ma il cognome, la sua professione (corre per le Fiamme Oro della Polizia) ed il suo parlare, i suoi gesti, denotano tutto il suo sentirsi italiano : Yemaneberhan Crippa. Un altro giovane entusiasta di un azzurro trovato in Italia è
Jamel Chatbi naturalizzato italiano dal 2012, operaio nel bergamasco.
Ma anche altri paesi si stanno orientando in questa integrazione dovuta
appunto al mutamento politico che la globalizzazione ha portato con se
con lo sviluppo delle telecomunicazioni, la maggior velocità dei mezzi
di trasporto, le emigrazioni bibliche, ma il tutto con un maggiore
equilibrio, una certa gradualità. Salvo appunto i turchi che hanno voluto bruciare le tappe, sputtanandosi, senza
attendere i tempi che madre natura richiede in questi mutamenti.
Un'altra furbesca nazione, seppur non nella specialità dell'atletica leggera è la Gran Bretagna che non so mai come vuole essere chiamata. Una Volta GB, un'altra Inghilterra, UK, sgusciante come un'anguilla per il piacere di partecipare alle varie competizioni, a seconda della specialità sportiva, con più formazioni. Più formazioni, più chance. Nel calcio, ( e nel sei Nazioni di Rugby) ad esempio, si presenta come un paese con divisioni interne. Ecco che allora partecipa come Inghilterra, Galles, Scozia, Irlanda del Nord, mentre invece in Atletica è più semplicemente Regno Unito. Se si vuol passare da tonti, passiamoci pure e mi sta bene, ma non diciamo però che questo serve per aiutare una migliore integrazione tra i popoli, perché questa è solo una sana e furbesca disorganizzazione!
Devo dire che questo amalgamarsi di stati e diverse etnie, nei Campionati Mondiali Juniores tenutisi in Polonia, non è risultata tanto appariscente, sia come Italia che come negli altri stati. Se non per il sottolineare da parte dei giovani partecipanti, ogni volta che erano inquadrati dalla telecamera, con il gesto delle mano e delle dita, ad indicare la propria nazionalità scritta sulla maglietta. Credo che più che attaccamento ai colori nazionali, sia diventata una moda giovanile.
Una cosa invece mi è saltata piacevolmente agli occhi, che mentre gli atleti italiani affermati o in via di affermazione (vedi quelli agli europei) sono sotto la giusta tutela delle squadre militari, che possono offrire quanto meno una retribuzione ed una facilitazione circa i periodi di allenamento e assenza per le gare, quali : Carabinieri, Fiamme Oro, Fiamme Gialle, Fiamme Azzurre, gli Allievi e gli Juniores, come ricordava il commentatore televisivo, vivono ancora grazie alla cura tecnica che le società locali forniscono a questi atleti ancora in erba e destinati a crescere per le attenzioni, i consigli, che i preparatori, solitamente ex atleti forniscono solo grazie alla loro passione. E qui ritorno a ricordare le vecchie, sane, solide, società storiche quali la Riccardi di Milano, l'Atletica Rieti, la Pro Patria Milano, Brixia atletica, Assi Giglio Rosso Firenze, Avis Macerata, ASA Ascoli, da non dimenticare i tanti CUS e lasciatemi ricordare per "dovere di favoritismo" la mia ex SEF Stamura. Ma ce ne sono tantissime altre, molto più piccole, ma ugualmente utili, che vivono e si nutrono solo di passione per questo sport che continua ad essere incontrastatamente "La Regina degli Sport".
Un'altra furbesca nazione, seppur non nella specialità dell'atletica leggera è la Gran Bretagna che non so mai come vuole essere chiamata. Una Volta GB, un'altra Inghilterra, UK, sgusciante come un'anguilla per il piacere di partecipare alle varie competizioni, a seconda della specialità sportiva, con più formazioni. Più formazioni, più chance. Nel calcio, ( e nel sei Nazioni di Rugby) ad esempio, si presenta come un paese con divisioni interne. Ecco che allora partecipa come Inghilterra, Galles, Scozia, Irlanda del Nord, mentre invece in Atletica è più semplicemente Regno Unito. Se si vuol passare da tonti, passiamoci pure e mi sta bene, ma non diciamo però che questo serve per aiutare una migliore integrazione tra i popoli, perché questa è solo una sana e furbesca disorganizzazione!
Devo dire che questo amalgamarsi di stati e diverse etnie, nei Campionati Mondiali Juniores tenutisi in Polonia, non è risultata tanto appariscente, sia come Italia che come negli altri stati. Se non per il sottolineare da parte dei giovani partecipanti, ogni volta che erano inquadrati dalla telecamera, con il gesto delle mano e delle dita, ad indicare la propria nazionalità scritta sulla maglietta. Credo che più che attaccamento ai colori nazionali, sia diventata una moda giovanile.
Una cosa invece mi è saltata piacevolmente agli occhi, che mentre gli atleti italiani affermati o in via di affermazione (vedi quelli agli europei) sono sotto la giusta tutela delle squadre militari, che possono offrire quanto meno una retribuzione ed una facilitazione circa i periodi di allenamento e assenza per le gare, quali : Carabinieri, Fiamme Oro, Fiamme Gialle, Fiamme Azzurre, gli Allievi e gli Juniores, come ricordava il commentatore televisivo, vivono ancora grazie alla cura tecnica che le società locali forniscono a questi atleti ancora in erba e destinati a crescere per le attenzioni, i consigli, che i preparatori, solitamente ex atleti forniscono solo grazie alla loro passione. E qui ritorno a ricordare le vecchie, sane, solide, società storiche quali la Riccardi di Milano, l'Atletica Rieti, la Pro Patria Milano, Brixia atletica, Assi Giglio Rosso Firenze, Avis Macerata, ASA Ascoli, da non dimenticare i tanti CUS e lasciatemi ricordare per "dovere di favoritismo" la mia ex SEF Stamura. Ma ce ne sono tantissime altre, molto più piccole, ma ugualmente utili, che vivono e si nutrono solo di passione per questo sport che continua ad essere incontrastatamente "La Regina degli Sport".
di Franco Giannini
grazie Franco..
RispondiEliminami sei piaciuto
commosso..
grazie per ciò che dici..
dario.
Grazie,
RispondiEliminaDario, so che sei sincero
e quindi sono felice.
Del resto, quando si raccontano
verità, è facile narrare e nel
contempo colpire il lettore.
Almeno io credo !
Un abbraccio anche da Giuliana
Franco