Svolta la cerimonia dove sbarcarono gli austriaci, chiusa la mostra : ecco un ultimo "tour" - VIDEO
Un fortunato slogan pubblicitario ricorda che “Un diamante è per sempre“.
La stessa cosa, immagino, deve essere ritenuta da chiunque indossi una
divisa militare. Nel caso in questione, quella della Guardia di Finanza.
Dopo quasi cento anni, per ricordare con orgoglio questi due loro
commilitoni e il loro corpo di appartenenza, sono riusciti a completare
la storia della GdF dalla fondazione fino ai giorni nostri: il tutto è
contenuto in due grossi libri. Ed è da questi due volumi, dopo una
lunga e meticolosa ricerca, che sono state tratte le foto che hanno poi permesso l
‘allestimento di questa mostra.
Un lavoro certosino che ha richiesto tanto tempo, ma anche posto in
primo piano la preparazione tecnica, per scannerizzare il vecchio
materiale, operare le azioni di restauro utilizzando le risorse del
computer ed infine per l’egregio lavoro di allestimento della mostra e
la continua presenza, ogni giorno, di almeno uno di loro.
Inaspettatamente ed immeritatamente, mi è giunto un invito personale a
visitare la mostra da parte del presidente e vicepresidente dell’ANFI, rispettivamente il generale di brigata
Roberto Boccolini e il sig.
Ernesto Murenu.
Onorato ed incuriosito ho orgogliosamente accettato. Non dimenticando,
anche, che verso questo corpo, noi senigalliesi tutti, in primis,
dobbiamo rispetto e riconoscenza, essendo stati loro, casualmente
presenti, i primi ad intervenire in quel fatidico 3 maggio 2014,
riuscendo a salvare dalle acque tante vite umane.
Ad accompagnarmi personalmente nel percorso lungo i corridoi della
Expo-Ex, che seppur più moderni, ricordano quelli della Mole
Vanvitelliana, il gen. Boccolini che con la sua precisa, minuziosa
illustrazione, piena di aneddoti e spiegazioni ad ogni sosta davanti a
ciascuna immagine, mi ha fatto rivivere quel gesto quasi che fosse una
semplice avventura. Una risposta che gli austroungarici volevano dare
all’italica “
Beffa di Buccari” e che invece, si concluse per gli austroungarici con una ulteriore “
Beffa di Ancona“. Ma per loro, comunque sia andata, ci fu il nostro massimo rispetto.
Ed il perchè di questo rispetto, va ricercato anche analizzando un
episodio contenuto nel racconto del generale, da cui si possono vedere
come i tempi siano mutati in peggio, a livello comportamentale,
s’intende: si pensi, mi racconta sempre il generale, che quando gli
austriaci occuparono una casa di campagna al “Barcaglione” prendendo in
ostaggio una mamma con il proprio figlio che l’abitavano, l’indomani
riprendendo la loro strada, gli ufficiali austriaci, rilasciarono una
ricevuta per il cibo che avevano consumato ed il disturbo che avevano
arrecato, in modo che la donna potesse avere un un qualche risarcimento. Uomini, signorilità e rispetto di altri tempi.
Come se un’improvvisa macchina del tempo mi avesse catapultato agli anni
della mia adolescenza. Mi sono rivisto quando la notte, sotto le
coperte, spenta la luce, dopo aver letto i libri di Verne o di Salgari,
mi ritrovavo a
vivere quelle avventure in prima persona.
Invece d’avanti alle foto del bassorilievo bronzeo che compare sul
vertice di uno degli angoli della Mole Vanvitelliana (o come veniva
anche chiamato al tempo Zuccherificio e da qui la presenza delle GdF in
guardia amministrativa al deposito e non prettamente militare), e più
esattamente quello rivolto verso i binari ferroviari, finalmente dopo
quasi sessanta anni ho scoperto a chi fosse dedicato.Ricordo che ogni qualvolta, da ragazzino, prendevo la “Corsetta” (il
treno locale di terza classe, quelli che i miei coetanei ricorderanno,
in legno per intenderci, riservato ai bagnanti e che partiva dalla
stazione Marittima per arrivare a Falconara M.ma, con sosta intermedia a
Palombina), questa giunta in quel preciso punto, poiché si aveva la
sensazione di cadere in acqua,
vista la vicinanza dei binari al molo,
sembrava darci la possibilità di toccare con le mani quel grosso
medaglione bronzeo. Il che invitava noi ragazzi a sporgerci dal
finestrino simulando di toccare il militare
che con il petto in fuori ed
il braccio aperto sembrava volersi immolare.
Poi la mia deprecabile ignoranza ha avuto vita facile con il piacere
della conoscenza, almeno fino ad oggi, quando ho scoperto quanto si
celasse dietro a quelle scritte incise nella lapide: “
Le Guardie di Finanza Grassi Carlo e Maganuco Giuseppe,
vigili scolte devote al dovere e alla Patria osarono opporsi con le
armi a 59 militari della marina austriaca qui giunti di sorpresa nella
notte del 6 aprile 1918 per impadronirsi dei MAS ormeggiati nel porto e
sostennero da soli un conflitto cruento finché accorse alla testa di una
pattuglia il brigadiere dei Carabinieri Reali Guadagnini Anarseo che
audacemente intimò ed ottenne la resa dei nemici. I cittadini di Ancona
memori questo ricordo posero. XV Nov. MCMXXVII – Anno VI – E.F.”

Ed
oggi invece, divenuto anziano, più riflessivo e meno coinvolto in quel
processo che il logorio dell’assillante vita quotidiana ci propina, sono
divenuto più curioso ed appunto sottolineavo con il presidente
accompagnatore e “cicerone” personale, come fossero mutati nel corso di
meno di un secolo di vita, tanti atteggiamenti: tra questi anche il modo
di esprimersi. Nella targa infatti si legge quel
“vigili scolte”, che mi ha portato a pensare più di una volta che cosa
stesse a significare o se si trattasse di errore, poi ho legato
(a)scolta quindi al nostro guardia, sentinella, colui che ascolta. Non
parliamo poi per la scelta di certi nomi propri oramai in disuso come
quello del brigadiere dei Reali Carabinieri Guadagnini, anche lui
medaglia d’argento, Anarseo. Un nome che fino a ieri non sapevo neppure
esistesse.
Una
mostra nella mostra, direi per provocare invidia in chi se l’è persa (logicamente scherzo!).
Altre curiosità nelle pieghe della mostra, le variazioni che ci sono
state nei vari campi, a partire dalla moda del vestire a quello nel
campo della grafica, sia a livello di impaginazione che come scelta dei
caratteri usati nella composizione dei testi come quella dei formati
pagina dei giornali, sia nelle illustrazioni a colori con i personaggi
in posizioni drammatiche e con le bocche quasi sempre aperte quasi a
farci ascoltare i loro gridi.
Almeno per me lo è stato, l’ulteriore scoperta nel conoscere che l’artista che ha realizzato
il monumento ai due finanzieri Grassi-Maganuco è opera del nostro concittadino Schiavoni,
papà del nostro assessore alla cultura e pubblica istruzione. E che le
tre lastre del monumento, stanno ad indicare la prima partendo dal
fondo, il mare, la seconda la terra e la terza l’uomo, quegli uomini che
hanno impedito che il gesto degli incursori si concludesse con un esito
positivo per gli austriaci.
Insomma, una piacevole passeggiata, che una volta
giunto al tavolo su cui poggiava il quaderno delle firme dei visitatori,
mi sono trovato a mormorare inconsapevolmente, e guarda il caso a
chiusura di un testo iniziato allo stesso modo, con un altrettanto
fortunato slogan: “Già fatto?!?“. Però nel mio caso, questa
volta, visto che non si trattava di siringa, ma di una gradevole
esperienza giunta alla fine del percorso, pronunciato con vero
dispiacere.
Allegati
Per saperne di più:
Ancona, 5-6 aprile 1918: la fallita ritorsione austriaca per la beffa di Buccari
L'approfondimento del Sistema Museale della Provincia di Ancona
L'evento su Wikipedia
Guarda il
VIDEO