lunedì 21 giugno 2010

"Il viadotto non c'è più..."







di Franco Giannini già pubblicato su 60019.it

"per la serie... un altro dei benefici della complanare!!!"

Provenendo dal Seminario, attraversando quello che ancora è il parcheggio dell’Ospedale, mi sono incamminato su via Cupetta. Dalle finestre delle abitazioni, aperte per l’afa, malgrado l’ora serale, arrivavano le voci provenienti dalle TV, in collegamento con i campi di calcio del Mondiale, dove indirettamente si giocavano le sorti di un italiano, emigrato di lusso, ma da buoni italiani, nell’eventualità di una sua vittoria, pronti a salire sul suo carro con le più disparate motivazioni.

E mentre superavo queste nuove abitazioni, mi chiedevo la reazione degli abitanti, in questa serata particolare che era quella dell’abbattimento del cavalcavia posto a qualche centinaia di metri da loro.
Avrebbero spento la TV fregandosene della partita di Capello? Avrebbero manifestato contro l’abbattimento con la loro presenza? Avrebbero dato manifesti segni di sofferenza?
E la sofferenza sarebbe stata causata dal comportamento di chi questo “trambusto” aveva creato o più semplicemente perchè era impossibile seguire la partita con la dovuta tranquillità.

Quando giungo sul posto, anche se in anticipo sui tempi prestabiliti all’inizio dei lavori, i responsabili del Comitato Versus Complanare: Anna Manoni e Francesca Angeletti.
Presente anche l’anima tecnica del Comitato:l’ing Stefano Bernardini.

Alle 21,15, come pure alle 21,30 il traffico scorre tranquillo sotto l’autostrada e solo alle 21,50 si iniziano a vedere i lampeggianti gialli dei mezzi di lavoro ed infine quelli azzurri della Polizia.
Due grossi mezzi meccanici si pongono ai vertici del viadotto quasi a fronteggiarsi come una sfida di quelle dei western all’italiana. Ed infatti è di una sfida all’italiana che si tratta e si conosce pure a priori chi soccomberà. Però forse chissà che nel tempo possa esserci una resurrezione e il rimorso di qualche vincitore per i danni, il dolore, procurati inutilmente e voglio augurarmi per loro, il tutto in buona fede.

Come si usa in alcune parti dell’Italia del sud, in presenza di un funerale, si preparano e si offrono dei rinfreschi ai partecipanti. La stessa cosa l’hanno voluta fare, in modo simpaticissimo, gli abitanti del rione, offrendo dolci e bevande a tutti coloro che con la loro presenza testimoniavano la loro solidarietà agli abitanti del quartiere.
Presenti, composti, silenziosi, i ragazzi del Mezza Canaja, che con il solo posizionamento di uno striscione di 5 metri, che chissà non siano riusciti ad incidere qualche coscienza o quantomeno a sollevare dubbi sul loro operato.

Prima dell’inizio dei lavori di smantellamento, una visita da parte del capo cantiere, ing. Moretti, che si presentato quasi a scusarsi per i disturbi che quello che andava ad accingersi a fare. Fin qui la cosa poteva risultare essere doverosa educata e perchè no, anche simpatica, ma quando parlando con l’ing. Stefano Bernardini, negava il non regolare transito su via Po di camion non in regola perchè privi di telonatura, l’inizio di lavori alle 5 del mattino anzi che le 7 ed affermava che il trattamento dell’amianto era sotto controllo, perchè gli era stato posto sopra una “copertina” e che si poteva star tranquilli... beh gli animi si sono un po’ più riscaldati anche se sempre contenuti in un binario di correttezza. Tranquilli..?? vedendo che molti degli operai e lo stesso ingegnere non indossavano caschi e cuffie all’interno del cantiere ed al momento dell’abbattimento (le foto ed i filmati parlano da soli), no, se permette, non dava sensazione di sicurezza !!!

L’incontro con l’ing. Moretti si concludeva con un saluto dal sapore classico dell’ottimismo laziale (a cui fa parte, almeno da quanto traspariva dal suo accento): “Il tempo ci darà ragione”. Frase che potrebbe essere valida, però, sia vista positivamente, ma anche negativamente.

Al primo colpo di perforatrice sul manto stradale del viadotto ho voluto rivolgere una stessa domanda sia alla Sig.ra Anna Manoni, che all’ing. Bernardini: “con questo abbattimento che inizia ora, qual’è il vostro stato d’animo? vi sentite un po’ sconfitti....?”
Anna mi risponde con un secco, immediato, orgoglioso: ”No, assolutamente no, non è una sconfitta anche perchè ancora non si può conoscere il perdente. Noi almeno fin ad oggi non abbiamo perduto la nostra Dignità... questo almeno noi!”
Anche l’ing Stefano Bernardini gli fa eco: ”No, neppure per me è una sconfitta, quel trapano è la sconfitta, eventualmente ce ne sia, di tutta la città e soprattutto di qualche persona in special modo. Eppoi non è dimostrato che la continua costruzione di strade porti ad una riduzione dei flussi, tutt’altro. Chi si sente attualmente nella parte di benefattore cittadino dovrebbe fornirci risposte come la fine che ha fatto la quota complanare a carico del comune, come quella della provincia e della regione. Le autorizzazioni non concesse o almeno non dimostrate”.

Mi permetto di chiedere allora che cosa ne pensa dell’assenza dei politici a questa “Notte in Bianco”.
“Che cosa vuole Giannini, la politica oggi è: io do una cosa a te e tu dai una cosa a me. Hanno votato tutti per l’attuazione della Complanare e qualcuno per evitare di dire si, ma anche di schierarsi contro ha preferito uscire dall’aula in anticipo. Del resto quest’opposizione è una ruota di scorta della maggioranza. Gli stessi giochi della Quadrilatero si sono ripetuti qua.”

Dopo aver fatto la domanda sull’assenza di politici, ecco che compare prima il consigliere comunale Paolo Battisti e poi l’altro consigliere Roberto Mancini.
Va da sé che a Battisti chieda il significato della sua presenza e la risposta che ottengo è questa: ”Ritengo che sia un segno di responsabilità, anche se io essendo di fresca nomina non ho partecipato alle votazioni. Sulla bontà dell’opera... credo che altre strade portino solo altri problemi.”

Andandomene incontro l’altra eroina della Complanare: Francesca Angeletti. Il suo viso è abbattuto, è profondamente scoraggiata e non mi sento di rivolgerle la stessa domanda che avevo fatto ai suoi colleghi di sventura, anche perchè è lei stessa che mi dichiara che una parte della sua vita se ne è già andata con l’abbattimento della quercia prima e del viadotto oggi. Mai avrebbe pensato che una città, per “benefici sconosciuti” si sarebbe accanita contro i suoi ricordi d’infanzia.

L’unica cosa che sono stato capace di dirle è stata quella di dirle una frase che il giorno prima avevo sentito pronunciare da un altro uomo colpito nei suoi affetti più cari e profondi, Beppino Englaro: “Io e mia moglie ci siamo sentiti come dei randagi che abbaiavano alla luna!”. Loro sono riusciti a farsi sentire ed il loro sforzo non è stato vano.


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