domenica 30 agosto 2009

LIBRI SUL SOFA' DELLE MUSE - 16 -


di Dario Petrolati



Conoscere Beppe Fenoglio non è opera complessa

anche perchè visse così poco che non ebbe possibilità di esternare quanto sentiva e vide

Chi conosce lo scrittore subito allora vola al "partigiano Johnny", l'opera sua più divulgata sin dalle scuole pubbliche ed il motivo appare quasi sempre unico.

La sua matrice politica, la Regione ove visse, la gente umile e dura d'aspetto ma solo sempre onesta

La Resistenza e gli eroi di tale periodo hanno un sapore particolare se descritti da Fenoglio.

Le langhe, la terra d'Alba, la laicità che sempre antepone nel suo contare facile senza mai scordare foglie, castagne, emozioni, istinti, doveri, appaiono con un sapore diverso se magari pensiamo al Pavese o algli altri scrittori che fecero di quel periodo, forse l'unico e mai più raggiunto, nell'arte dello scrivere, educare.

Ebbe una storia con antefatto quasi incompreso sia dall'editore che dai curatori, apparve con umiltà di traverso come racconto lungo o romanzo breve tanto che in diverse volte si provò a dare alla storia titoli diversi.

Dopo la sua morte avvenuta nel 1963 e varie corrispondenze con Gina Lagorio "Una Questione Privata" trovò forse pace e definitiva postazione sia come opera che come riconoscimento critico e valore letterario.

Non c'è apparentemente trama anzi pare quasi un chiedere scusa nel raccontare di tre giovani sparsi, lei Fulvia, fiamma d'amore di Giorgio e Milton reduce badogliano.

Credo sia il più bel racconto-storia d'amore ambientato nella Resistenza, quella che riscattò l'Italia dal regime fascista, ma non c'è guerra e spari, solo e colmo di emozioni e trepidi pensieri appare il racconto chè Fulvia ragazza amata suscita senza apparire, Giorgio l'aveva amata ricambiato e pure Milton, ma di fronte alla casa ove era vissuta Fulvia allora scoppia il sentimento complesso che i due ragazzi covavano in segreto.

Era stata il loro amore sviscerato ed ora entrambi scoprono di avere amato la stessa ragazza senza sapere più nulla di lei.

C'erano nelle colline gli utlimi spari,quelli che fuggivano dopo aver tentato l'infame dittatura e quelli che inseguivano per essere per sempre liberi.

Sfinita battaglia da cui bisognava sempre stare attenti chè bastava una pallottola vagante o un fuggitivo abbrutito per finire le giovani vite che si erano salvate.

Comincia,prosegue la caccia,ricerca di Fulvia da parte dei due giovani che pur cercandola disperatamente non riescono mai a trovarla e nessuno sapeva di lei.

Improvvisamente i due rivali in amore vengono separati in quanto Milton è catturato da una banda di vili fascisti in fuga.

Allora sempre nell'ideale di Fulvia, Giorgio sente il dovere di salvare il rivale in amore e la caccia senza farsi catturare diventa l'inverso della caccia all'uomo bensì un'ansia nascosta e doverosa di ritrovare Milton anche perchè Giorgio ancora tutta la storia d'amore di Fulvia non conosceva.
Per sapere chi aveva amato e come era stato ricambiato doveva prima salvare l'ex.rivale in amore, ora prigioniero.

Per pendii e fame , tra alberi e freddo Giorgio comincia una guerra da solo in nome di Fulvia, idea fissa e giovanile, perciò non può che tentare ed agire sempre solo, privandosi anche del cibo e tentare imprese disperate in nome di una storia pulita.

Prosegue la caccia verso il ritrovamento dell'amico che da privato il fatto diventa storia dell' animo umano, Storia di tutti.

Pare quasi follia la storia d'amore l'insistere di ritrovare Fulvia ed i simboli più o meno evidenti mescolati alla Resistenza fanno di questa storia quasi un libro assurdo complesso in cui navigano rapide figure che seppur dalla breve vita appaiono enormi nel contesto in cui ebbe a svolgersi l'avvenimento.

Alcuni grandi dell'era di Fenoglio che poi vissero oltre hanno voluto trovare nel racconto l'ultimo anello ancora mancante della catena che era iniziata con " il sentiero dei nidi di ragno", di Calvino.

Resta comunque una stupenda e sanguigna storia d'amore, forse la più bella dell' epoca, raccontata.

giovedì 27 agosto 2009

ALLA PUNTA DEL MOLO : RATTI…???? O GATTI…!!!!


di Franco Giannini
E' di qualche giorno fa che, passeggiando come mio solito sul molo dell’ex porto canale, mi sono imbattuto nell’incidente incorso alla barca a vela e motore, che per un errore di manovra è andata ad entrare nell’imboccatura sbagliata ed a incagliarsi sui bassi fondali di quello che oramai è solo il fiume Misa. I lavori di disincagliamento, non sono stati semplicissimi e si sono protratti fina a tarda ora. Quindi, dopo cena mi sono riproposto di ritornare sul luogo dell’incidente per proseguire da vicino gli ulteriori sviluppi delle operazioni da parte dei soccorritori. Le operazioni sono andate per le lunghe e come dicevo sono terminate a tarda notte. Diverse erano le persone che hanno assistito al salvataggio dell’imbarcazione, ma a presenziare a tale avvenimento c’era anche un'altra specie “animale”. Ho potuto appurare infatti, quante famiglie di ratti stiano creando, in quel territorio, anche una strana "Involuzione della specie". Mentre prima erano i Gatti ad essere padroni del molo, oltre ai soliti indiscussi gabbiani che fanno parte dello scenario del molo, ora sono divenuti i Ratti, i principali interpreti del ruolo primario, che hanno preso possesso di questo lembo di cemento e scogli, scacciando quasi i loro, fino ad ieri, cacciatori. Non so se fossero orde di Ratti solo in visita turistica in occasione del Summer Jamboree, o siano state invece di origini indigene, non sono stato in grado di appurarlo, fatto è che quelli che ho veduto transitare da una parte all’altra del molo, mi hanno lasciato sorpreso per la loro mole, e per il loro numero. Una volta tutte queste “pentegane” (o pantegane?) a “cinque stelle” non mi facevano poi tanta paura, una volta… ma poi con il passare degli anni, allo stomaco e non solo, diventa tutto più difficile da assimilare ed allora cominci a provare anche un po’ di spavento. Camminavo e mi scappavano tra i piedi, una volta erano loro che avevano paura, sere fa erano invece padrone del molo. Forse a farle uscire sarà stato il caldo, forse i rifiuti gettati dal mare, forse il suggestivo posto, forse la benedizione della Penelope, non so. Ecco però che rappresentando tutto ciò, un pericolo per l’igiene e la salute pubblica, sarebbe bene che l’organo preposto, che non so neppure quale esso sia, provvedesse a prendere i debiti provvedimenti. Non avevo con me la macchina fotografica, altrimenti avrei documentato la cosa, che per la burocrazia sarebbe stato un elemento di certezza della segnalazione, ma per questa volta dovranno, se vorranno, fidarsi delle uniche parole del solito rompiballe di un pensionato. Ah!!!!...vorrei risparmiare però la solita scusa liberatoria di chi si sente colpevole : “ Abbiamo già derattizzato recentemente…ecc..ecc…”, perché dovrei immediatamente rispondere : evidentemente è stata malfatta, o non è stata sufficiente, o occorre trovare un' altra soluzione. Mi auguro solamente che qualcuno abbia assistito a quanto sopra descritto e con tempestività avalli la mia segnalazione. (foto di eFfeGi)

sabato 22 agosto 2009

MOTOVEDETTE ALLA LIBIA




di Franco Giannini

Di quanti mesi sono le notizie che campeggiavano sui giornali... "Motovedette Italiane alla Libia", che risuonava quasi come un vecchio adagio "Oro alla Patria", ed ancora "Fine dell'incubo degli sbarchi", "L'Emigrazione Controllata dalla Libia". Poi ad un tratto, sembra che sta rete posta al termine delle acque territoriali, come se fosse già marcita dall'uso e dal tempo, presenta dei fori. Fori però intelligenti. quasi come quei famosi bombardamenti sui civili inermi. Qui queste enormi smagliature funzionano solamente in senso unico: si restringono fino a chiudersi bloccando i nostri pescherecci, e si divaricano irrimediabilmente per lasciar passare coloro che sarebbero solo bocche da sfamare nel territorio quando se non nelle carceri libiche. Pensiamo che cosa sono le nostre carceri a livello di spazio e proiettiamo il problema nella dimensione di quelle libiche. Il colonnello cammelliere, si sarà detto :"...ma chi me lo fa fare? Dar da mangiare a tutta sta gente...le motovedette le ho avute, le strade me le devono fare altrimenti chiudo i rubinetti del petrolio, mo ce facciamo anche il gemellaggio e se non sono d'accordo ritornerà giù quel tizio che te fa due "marroni", ma poi lascia il tempo che trova" . E noi, da soliti italiani oltremodo furbi, anche questa volta, ci siamo scappellati di fronte alla marionetta di turno, gli abbiamo regalato le barche, gli abbiamo promesso le strade, in cambio dell'ennesima presa in giro: insomma Cornuti e Mazziati. Ma il ridicolo è che il nostro governo se la prende con Malta perché si è comportata da irresponsabile nei confronti di questa povera gente (come se il nostro lavaggio delle mani alla Giuda fosse un comportamento più elegante), ce la prendiamo con i vescovi perché hanno definito il nostro comportamento similare a quello usato nei confronti degli ebrei. Non una parola nei confronti della Comunità Europea che se ne frega, perché il problema è distante dai confini degli stati che pilotano la comunità e che se hanno avuto a che fare con problemi analoghi, lo hanno avuto con etnie diverse e sono più preparati ed organizzati di noi, perché li hanno affrontati nel tempo e con un'organizzazione migliore. Noi quando non sappiamo come affrontare un problema, usiamo quello della repressione. Ma neppure quella sembra che sappiamo attuare se non in modo confuso e disorganizzato. Parlando di barche e quindi di mare, vien da dire che i mali partono sempre da quella famosa testa di pesce, il puzzo proviene sempre da lì. Basti pensare alla trovata di quella "testa di pesce" di quel figlio di ...un buon uomo di un nostro governante, che ha avuto l'idea di partorire un nuovo gioco "dedicato" ai migranti e divulgato su facebook. Solo una testa che non è riuscito a prendere un diploma neppure dopo il terzo tentativo, definito dallo stesso genitore, manco lui un gran bevitore di "brodo d'Aquila", non un suo delfino ma al più una trota, poteva promuovere tale iniziativa. A proposito, la trota è di già un pesce di discreta qualità organolettica e di gusto, sto povero figlio al più poteva essere paragonato a un guattolo, moscio e pieno di spine...ma si sa cuore di padre e manco messo bene...

domenica 16 agosto 2009

A SENIGALLIA...SPIGOLANDO







Foto di eFfeGi
di Franco Giannini

Volteggia, scende sempre più giù, lentamente, indeciso alzando anche un pò di polvere. Poi sembra ripensarci ed ecco che allora le pale del rotore aumentano i giri e l'elicottero riprende quota, poi inclinandosi, con una cabrata, punta il muso verso il mare. Come se avesse cercato, in quell' area verde a ridosso di Via Cellini, tra la Casa Protetta ed il Seminario, un luogo in cui prendere terra. Dal balcone di casa, non poteva certo sfuggirmi tale manovra, sia per la mia ubicazione sia per il rumore che i motori avevano provocato. Ho visto la mole gialla puntare verso il campo sportivo e scomparire al di là delle abitazioni. Evidentemente un nuovo intervento per salvare qualche vita umana, con il trasferimento in elicottero verso la tecnologia avanzata di Ospedali più attrezzati. Ma ritornando con lo sguardo verso l'area del tentativo di atterraggio, gli occhi mi sono caduti verso l'Ospedale Civile che si vede sullo sfondo, con la mole del suo "Grattacielo". Ed allora ecco che mi sono rivisto ritornare indietro, le immagini di quando appena inaugurato, sulla sommità del suo eliporto, svettava la "mezzamanica" a fasce bianche e rosse, che indicava la direzionalità del vento. Ho visto lo sfilacciamento, negli anni, del tessuto di questo mezzo e la definitiva scomparsa dei suoi brandelli. Ora è rimasta solo l'asta. Quello che non ho mai veduto è stato l'atterarvi di un qualche elicottero. E si che di interventi al campo sportivo se ne sono invece avuti!! Allora viene da chiedersi, a che cosa è servita la "mezzamanica" e tutto il resto, se poi gli interventi avvengono fuori dell'unità ospedaliera ? Perché non si è mai usata questa base? Una risposta sicuramente ci dovrà essere o lo sventolio del bianco-rosso doveva servire solo come specchio per le allodole di un' efficienza solo cartacea ? Onestamente qualche voce mi ha detto...ma le voci di popolo seppur quasi sempre voce di Verità, rimangono tali, ed allora mi piacerebbe ascoltarne una più autorevole, informata e sicura. Così per il solo piacere di sapere!

E' di pochi giorni fa, che una barca della marineria da pesca senigagliese, è affondata a causa di un improvviso fortunale. Scattati immediatamente i soccorsi, dalla Capitaneria di Porto di Ancona, da quella di Fano, supportate da imbarcazioni dei VF e dei CC. Il naufragio è avvenuto, almeno da quello che la stampa riportava a circa sei miglia dalla costa tra Fano e Senigallia. Tutto bene quello che finisce bene. Ma ecco che tutto questo mi ha portato a formularmi una domanda. Giorni fa avevo letto le magnificenze decantate, e che voglio ritenere sincere, dell' Assessore Rocchi, sul porto di Senigallia. Ricostruito con un ingresso diretto sul mare e quindi non più un porto canale, ampliato, ristrutturato ed ora con le operazioni di dragaggio per aumentarne la profondità, un vero porto. A parte la mia non condivisione, ma che resta solo un mia opinione, mi chiedevo se un vero porto, con centinaia di imbarcazioni da diporto, con una vocazione turistica balneare, non debba avere anche una Capitaneria di Porto e non un semplice Ufficio Marittimo, svolgente, almeno credo, più mansioni burocratiche che di controllo diretto in mare. Mi chiedo se oltre ai gommoni dei VF e CC, che in caso di mare grosso possono far ben poco, non sia il caso di affiancare un mezzo più idoneo e che dia maggior sicurezza in caso di cattivo tempo, a chi nel mare deve avventurarsi giornalmente per motivi di lavoro, ma anche a coloro che ci vanno per diporto, ma che pagano attraverso le iscrizioni di legge, anche questo servizio di sicurezza. Eppoi la sede, con il trasferimento del porto verso l'altra sponda del Misa, non vi sembra divenuta un po' troppo "cittadina", rispetto alla nuova dislocazione ? Non parlo per me, che il bagno lo faccio ormai in tinozza ed è da un pezzo che la "battana" l'ho lasciata sotto le grotte della "Panoramica" in Ancona. Anche qui un dovere di conoscenza, da apprendere da qualcuno ben informato, autorevole e sicuro. Così per il solo piacere di sapere!

"Capo...ehi capo !!!" Mi chiama una voce da un camioncino. Vedo sporgersi dal finestrino un ragazzo di colore con un bollettino celeste di consegna. "Cercare questo, non trovare...Via Piave, questo dottore, dove stare...mi mandano qui, là, ma non trovare nè via nè dottore..." Prendo la bolla in mano, leggo il nome del destinatario e senza andare oltre lo guardo e gli dico che è un giorno fortunato per lui, perché sulla bolla compare il nome del mio medico di famiglia. Gli dico di scendere, dal mezzo, perchè dove ci troviamo, (in via Campo Boario) c'è un senso unico, e dovrebbe fare un giro difficile da comprendere e che sarebbe meglio, se il pacco non fosse troppo ingombrante e pesante, parcheggiare e consegnarlo a mano e gli indico le targhe del raggruppamento degli ambulatori. Il problema si era così risolto, con un "cinque" datomi dal sorridente moretto a mo' di ringraziamento. Ma dopo alcuni giorni ripassando davanti all'ambulatorio, gli occhi mi si soffermavano sul numero civico della via ed ecco che la perplessità del perché quel giovane spedizioniere non trovasse l'indirizzo mi si è fatta quasi certezza. Sicuramente una motivazione ci sarà, e poi se non c'è immagino la si possa sempre costruire su misura. Le foto scattate indicano che Via Monteverdi è solo da una parte perché i suoi dirimpettai sono domiciliati invece come se abitassero su una prosecuzione di via Piave. Strano, ma vero. Eppure le due foto parlano chiaro. Chissà se si troverà un'anima buona a spiegarci anche questo mistero??!!

domenica 9 agosto 2009

AUSCHWITZ - HIROSHIMA QUASI UN GEMELLAGGIO



Mi perviene ora questa lettera, dal Prof. Aldo Grassini, che altro non è che un diario di viaggio, in luoghi. dove ancora la stupidità dell'uomo ha lasciato tracce indelebili. Un documento reso ancora più sensibile, da chi questi luoghi hanno"visionato" con quella sensibilità di cui sono dotati i non vedenti. Potrei aggiungere che Aldo è un esperantista, ma questo nulla ha a che fare con quello che ha scritto e di cui è profondamente convinto. (G.F.)
del prof. ALDO GRASSINI
Il mio pellegrinaggio ad Auschwitz
Cari amici ed amiche,
scusatemi se mi permetto di violare un poco la vostra riservatezza per condividere con voi una testimonianza e qualche riflessione che non potevo più trattenere in un angolo oscuro della mia coscienza di uomo. Se questa cosa vi reca un qualsiasi disturbo, cestinate immediatamente il mio messaggio e scusatemi nuovamente.
Due settimane fa sono stato ad Auschwitz e a Birkenau, allungando così la lista dei miei pellegrinaggi laici (se posso esprimermi così) che mi hanno portato il 6 agosto del 2008 al Parco della Pace di Hiroshima per la cerimonia commemorativa della strage atomica del 1945, e alcuni anni addietro a Treblinka, a Dachau, ad Attign (in Bielorussia) e al cimitero Piskariov di Leningrado.
Quest'anno, passando per Cracovia e attraversando per la seconda volta la Polonia, io e mia moglie non abbiamo potuto fare a meno di deviare verso Auschwitz (Oswiencim per i Polacchi): ci sembrava di venir meno ad un dovere morale, come passare davanti alla tomba di una persona cara e non metterci un fiore.
Ma perchè regalarmi ogni volta una giornata di indicibile tristezza? C'è un fondo di masochismo nella mia psiche che mi spinge a rinnovare simili esperienze?
Non credo che sia questo! Penso invece al bisogno di rendere omaggio a migliaia di uomini e donne senza nome e senza volto che sono caduti vittime dell'ingiustizia e della barbarie. Penso anche al bisogno di "rimuovere la rimozione", la tendenza esistenziale a passare il cancellino sulla lavagna della memoria o, quantomeno, a sfumare il ricordo e la vergogna di appartenere al genere umano. E sì, perchè se qualche volta non si tocca con mano, diventa forte la tentazione di pensare: "Non è possibile! Non può essere vero!"
E le mie mani hanno toccato l'infame muro contro il quale sono stati fucilati migliaia di oppositori politici e di uomini generosi la cui unica colpa era stata quella di aver aiutato altri uomini perseguitati. Hanno toccato il muro di cemento armato della camera a gas, un bunker soffocante dal soffitto bassissimo e senza una finestra, senza un'apertura se non quelle dei forni crematori in cui venivano gettati i cadaveri per trrasformarli in fumo da scaricare attraverso il camino e in cenere da spargere nel fiume o per concimare i campi. Barbarie! Crudeltà! Ma anche la mancanza di qualsiasi rispetto per la persona umana!
Siamo passati davanti alla costruzione dove veniva stoccato il "ziklon B", il micidiale gas usato per eliminare oltre un milione di prigionieri. Siamo passati davanti a montagne di occhiali, di valigie, di protesi che testimoniano il maniacale senso dell'ordine con cui i nazisti conservavano con teutonico zelo gli oggetti delle persone mandate a morire. Ma ci ha agghiacciato il sangue più di ogni altra cosa quella montagna di scarpine da bambini di ogni età, da pochi mesi a pochi anni, che nel loro muto linguaggio sembrano ancora gridare vendetta contro un'azione che farebbe orrore anche alle belve più feroci.
Abbiamo visto Birkenau, il fango in cui "affogavano" oltre centomila prigionieri (la popolazione di Ancona) in uno spazio che è meno del nostro Quartiere Adriatico: anche per noi era un giorno di pioggia e non riuscirei proprio ad immaginare quei luoghi se illuminati dal sole. Abbiamo toccato le tavole dei letti a castello su cui erano ammassati i prigionieri come in alveari umani, e il filo spinato che cerchiava di morte quelle vite ormai quasi spente.
Cerco di immaginare il dolore, la sofferenza, gli stenti, ma soprattutto l'angoscia di quegli esseri umani, strappati ai loro cari ed ignari di un domani tenebroso e funesto.
E la mente torna a ripetere: com'è stato possibile? La cultura e la civiltà germanica, che hanno dato i natali a Kant e a Beethoven, per quale inconcepibile deviazione genetica hanno potuto partorire Hitler, Goebbels, Heickmann e gli altri? Ma soprattutto, perchè milioni di persone hanno potuto non vedere o addirittura approvare quella follia sanguinaria?
E tutte le nostre certezze oscillano paurosamente. La storia, l'economia, la politica, la psicologia delle masse non riescono a spiegare una simile insensatezza, mentre siamo consapevoli che il popolo tedesco non ha certo l'esclusiva di tali manifestazioni di ferocia, che, peraltro, nessun altro popolo ha saputo perseguire con eguale lucida determinazione.
L'ignoranza genera il pregiudizio, il pregiudizio la paura, la paura l'odio. Lo spirito del branco, comune a molte specie animali, si sublima nell'uomo al punto che egli potrebbe sacrificare la propria vita per un amico, ma non riconosce l'essenza umana in un estraneo, in un diverso e lo trasforma in un nemico da odiare, da combattere, da distruggere.
La guerra è l'effetto e al tempo stesso la causa di questo ciclo infernale. Essa cancella tutte le regole e ne esalta una sola: la legge del più forte. La guerra sospende l'umanità di chi non appartiene al branco, altrimenti come sarebbe possibile ucciderlo? La guerra è la cosa più assurda che l'uomo abbia mai inventato: usare la sua "divina" intelligenza per distruggere ed uccidere. Essa è la pianificazione della distruzione e dello sterminio ed è in grado di scatenare gli istinti più feroci.
Non ci sono guerre buone e guerre cattive, guerre giuste e guerre ingiuste: la guerra è sopraffazione e violenza. Non può mai essere giusta perchè punisce gli innocenti e premia sempre il più forte.
Io non posso esecrare Auschwitz e giustificare Hiroshima. Non posso maledire il terrorismo e benedire gli eserciti! La strage provocata da un kamikaze non è diversa da quella provocata dalle bombe di un B52. La guerra dei poveri non è peggiore della guerra dei ricchi. La guerra è guerra ed è sempre infame, qualunque sia l'arma usata.
E allora lanciamo ai nostri giovani questo messaggio educativo, perchè Auschwitz non debba ripetersi: la guerra è un modo inaccettabile per la soluzione delle controversie tra i popoli e tra gli Stati, come ci insegna l'art. 11 della nostra Costituzione; non è e non può essere un male necessario: è un male e basta. Su questo presupposto la soluzione di alcuni problemi internazionali diventa certamente più difficile, ma lo sviluppo etico e civile non conosce scorciatoie. Lavoriamo per un mondo retto da istituzioni rispettose dei diritti umani e dell'ordine democratico. Questo mi ha insegnato Auschwitz!
E' questa un'utopia? Può darsi. Ma esiste un'altra strada per regalare ai nostri giovani un briciolo di speranza in un futuro possibile?
Un caro saluto
Aldo

sabato 8 agosto 2009

FIGURE DI PERSONE... NON DI CERTO VIP - 12 -



di Dario Petrolati

Rosetta – Cesare – Teresa - Andrea

Quando per caso o incontri preziosi ci si trova tra noi e si dice uno dei nomi
sopra detti subito capiamo di chi si parla e di cosa.
Rosetta,detta anche Rosina, è la Molinari che venne da Parma tanti anni or sono.
Cesare il marito era quel Milani, padovano di Padova.
Teresa è la Martini , maestra elementare a Padova Sud.
Andrea era il Redetti , medico della mutua, a cui mezza Padova ricorreva a tutte l'ore.
Da uomo sempre in moto aveva pure il tempo e lo trovò di mantenere la lontana promessa fatta a Teresa.
Senza rumore o storie varie un giorno si sposarono.
Rosetta quando va in una di quell'isole della laguna mi spedisce sempre cartoline ,immagini di tanti anni fa
Quando ritorna a Padova si siede accanto a me e mi racconta di quando assieme a Cesare andava di qua e di là, percorsi sempre identici che lei romantica ed infatuata del suo bel marito vedeva come ragazza quasi ed anche più sognatrice delle protagoniste dei libri che sempre lesse e tuttora
non smette.
Rosetta parla in perfetto italiano ed anche ora che si trova nella terza età ,sempre di rosso vestita, elegante ma sobria,racconta racconta, sempre di luoghi e persone.
Andò in America quando non si poteva,essendo ella comunista,conobbe persone che io vedo in copertine di libri,è stata Consigliere Regionale per molto anni,dirigente dell' U.D.I a livello nazionale, consigliere provinciale a Padova e molte volte in Comune ha Celebrato matrimoni con la fascia tricolore al posto del Sindaco e la gente da lei unita sempre racconta "come sapeva unire" Rosetta Molinari.
Per tanti anni partecipò a intese per la difesa delle donne e ideò battaglie sempre in prima fila in difesa dell'aborto e del divorzio.
Le imprese di Rosetta non finiscono mai anche ora i giovani la chiamano per un consiglio ,una iniziativa , sempre nella tutela dei laici anche ora la Padova che studia si rivolge a Lei che sempre disponibile col sorriso a tutte l'ore aiuta anche nelle sottoscrizioni per iniziative che ad altri parrebbero impossibili.
Sempre a piedi coi mezzi tacchi linda come fosse una borghese qualsiasi i Padovani dabbene la salutano come se fosse sempre " la Rosetta che può con garbo a tutto rimediare".
Porta l'età anagrafica come se avesse fatto un segreto patto.
Le figlie dottoresse da lontano la seguono chè la loro mamma non sa mai darsi una regolata e si dimentica l'età.
Ogni volta che passa e dopo avere raccontato le "novità"saluta con un abbraccio sbarazzino.
Eh. Rosetta Molinari non abbandona la Piazza.
Del suo Cesare ,quando ne parla,è come se fosse andato via per una missione politica e che tra poco tornerà. Mai malinconici discorsi si vede che ha visto e sa cosa è il mondo.

Dall'altra parte di Padova a sud verso il Bassanello ove sono le piscine che la Calligaris ben conosce avendoci passato mezza vita in allenamenti che non finivano mai,abita la maestra Teresa Martini coniugata Redetti.
E' una piccola casa in via Beccaria chè per ritrovarla ogni volta mi danno l'anima ,tanto è anonima e piccola la via.
Teresa conobbe Andrea in Campo di concentramento,fu meno fortunata della sua amica Tina Anselmi che riuscì invece a non farsi catturare.
Andrea seppure giovanissimo era già medico e Teresa che insegnava alle elementari statali si conobbero da prigionieri in campo tedesco e mentre si adopravano sempre per aiutare chi era meno coraggioso di loro due,forse la fede politica li aveva resi più sicuri,ebbero anche tempo d'innamorarsi e giurarsi amore eterno anche dopo la liberazione o la fuga.
Dopo travagli sacrifici e lutti arrivò il giorno che Andrea e Teresa si ritrovarono a Padova e non persero tempo nel mantenere il giuramento che da prigionieri si erano fatto.
Andrea riprese la professione di medico della mutua oltre che dei disagiati della Padova Sud e Teresa Martini Redetti riprese i libri e la strada che conduceva alla sua scuola elementare per insegnare ai bambini.
Libri , libri antichi e preziosi mi mostra Teresa che tiene nascosti anche sotto i camini perennemente spenti.
Mi vuol fare per forza il caffè,raccoglie l' Unità che ci dona esprime qualche brusco parere su questo momento e piano mi accompagna alla porta chè ha da fare.
Di Andrea Redetti partigiano valoroso,suo marito, poco mi parla mostra il grande quadro da cui è stata tratta copertina di un libro che racconta le gesta eroiche compiute in tempi ormai lontani.
Teresa scivola sempre sulla Costituzione , è innamorata immensamente della nostra "Costituzione della Repubblica".
Queste donne: Rosetta e Teresa tengono duro sperano anzi mi dicono che prima o poi ritorneremo ad avere lo spirito che pare scordato per strada.

p.s.
questo lo dedico a Giuliana.
con affetto.
dario.

mercoledì 5 agosto 2009

C’ERA UNA VOLTA LO SPORT



di Franco Giannini

Ho ancora impressa quell’immagine stampata in prima pagina di una pupilla fissa che mi guarda, e l’altro occhio, chiuso invece, con lo squarcio sopra l’arcata sopraciliare sinistra, procuratogli da quella molla impazzita che gli aveva infranto la protezione del casco. Sfiga ha voluto che lo colpisse proprio nella parte più vulnerabile del casco, la visiera. Mi rivedo allora, gli attimi di tensione, la telecamera che latita su altre immagini, il telecronista che temporeggia, un’ambulanza si avvicina alla monoposto rossa infilata sotto una coltre di copertoni messi lì per attutire i colpi e poi l’elicottero che porterà Felipe Massa verso l’ospedale più attrezzato. Sembrava si trattasse di cosa serissima, ma fortunatamente tutto nel giro di una settimana, si è risolto positivamente. Già dimesso e ritornato in Brasile per la convalescenza. Le corse automobilistiche, hanno, malgrado tutti gli accorgimenti possibili, un grado di pericolosità superiore a tanti altri sport e quindi non c’è da meravigliarsi che questi fatti possano accadere. Quindi non è dell’incidente che voglio parlare, ma dei comportamenti di quanti vivono in quel mondo che di sportivo ha oramai ben poco. Non si era placata ancora l’emozione di quanti avevano assistito al dramma di questo ragazzo, prossimo papà tra pochi giorni, non si conoscevano ancora quali danni fisici aveva subito, che già i “condor” dell’industria, sempre affamati di successi e con questi, di utili, si gettavano fisicamente sull’ospedale ungherese, per i gesti e le interviste di retorica, e mentalmente alla soluzione ottimale per tamponare il guaio che con tutto ciò si era venuto a creare. Lo spettacolo in questi casi non si può fermare, non c’è alcuna retorica del clown che piange sotto la sua maschera sorridente, si passa sopra il rispetto di quelle forme cavalleresche basilari dello sport di una volta, c’e da salvaguardare il business, ed ecco che allora prevale l’interesse su quello che sono i valori umani. Non si sapeva ancora se il cervello di un giovane fosse rimasto leso, se le funzioni del suo occhio fossero ancora integre, che già si pensava alla sua sostituzione in pista. La Ferrari ha degli impegni da rispettare, economici ben s’intende, perché quelli del fattore umano sembrano svaniti nel nulla, pur se le sue catene di montaggio scorrano tra aiuole di fiori, perché ci si tiene che i suoi operai lavorino nel massimo del confort, o per lo meno devono così apparire per una facciata di perfetta funzionalità. Oggi, in questo mondo, sostenuto dai pilastri di cristallo, cementati con l’egoismo, ormai nulla fa specie, anche queste mancanze di bon ton (eufemismo), ma quello che fa più inorridire, che la scelta del sostituto non sia caduta su di un giovane che ha accettato sospinto da quel famoso pensiero “che il treno passa una sola volta”. No, la scelta è caduta, su un pluricampione mondiale di F1, ultramilionario, non più giovanissimo, che dopo 48 ore posava il fondo schiena su una monoposto e sulla pista del Mugello, inanellava giri su giri, ansioso di poter riprendere da dove si era fermato un anno fa. Il primo pensiero sceso dalla vettura era :”… Dopo qualche giro sono stato in grado di girare su tempi costanti e sono felice della prestazione che ho realizzato. Ora dobbiamo vedere come reagiranno il mio corpo e i miei muscoli nei prossimi giorni". Già, tutto ha reagito bene, forse l’unica parte che ha ceduto è stato il suo interphon interno, che non gli ha affatto comunicato del perché e del per come si trovava lì in quel momento. Il suo procuratore ha subito tenuto a precisare che non lo fa per soldi, perché è già sotto contratto con la Ferrari come consulente. Allora per soldi no, per un fattore umano neppure, tutt’altro, voglia di riscatto neppure (non aveva nulla da dimostrare) c’è da chiedersi allora il perché? Per dimostrare al mondo che ancora vale ? Insomma esibizionismo…allora mi viene da pensare che fino ad oggi la Ferrari non abbia avuto al muretto un consulente ma uno che “gufava” contro…e se così fosse, io quando lo vedo comincio intanto a farmi scivolare le mani in tasca. Ma anche la Ferrari non è da meglio, perché vedendo questo nuovo acquisto, considerando gli insuccessi fin qui ottenuti nel primo periodo dell’anno, comincio a pensare che forse si attendeva proprio un fortuito evento (anche se non di questa gravità) che gli permettesse di ritornare a quel “vecchio” anche nel settore tecnico, magari affiancando a Schumi quel Baldisserri che nel suo piccolo, gli fece vincere diversi titoli (se non vado errato 5), quale suo ingegnere di pista. Non si può che augurare buon proseguo di stagione alla Ferrari, al suo ex-pensionato di lusso (che non lo fa per soldi, ma sembra da quel che si legge percepirà un milione di dollari), ma in principal modo al suo piccolo eroe brasiliano, convalescente ma sempre vestito, come da contratto (?) di rosso con le toppe degli sponsor in primo piano, che dovrà quanto prima rivedere e rimuovere i vecchi significati delle parole “amicizia” e “riconoscenza” in Italia.

domenica 2 agosto 2009

2 AGOSTO - LA STRAGE DI BOLOGNA

Vignetta realizzata da VALERIO GIANNINI
http://ilvignettista.blogspot.com/


di Franco Giannini

Se solo foste più rispettosi verso chi non c'è più, deceduti senza un perché,ignari soggetti di quell' untuosa ed inutile retorica che annualmente, caparbiamente, vergognosamente, tenete, se solo foste più rispettosi, anche di voi stessi, osservereste un dignitoso SILENZIO. Il problema sta tutto in quel "dignitoso", parola sconosciuta a quanti si sono cimentati, si cimentano e si cimenteranno ancora, nel prendersi sonore bordate di fischi, perché incapaci di reagire con un NO alle imposizioni delle cariche dei vertici che non possono rimetterci più la faccia, quella faccia che sembrano non sapere, di aver già perduto da tempo!