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martedì 12 febbraio 2019

INASPETTATAMENTE .... ALL' IMPROVVISO...

... Un immeritato, quanto gradito, premio, che il mio carissimo amico Dario Petrolati, mi ha voluto dedicare...

Senigallia: entrambi, alla presentazione del tuo Volume di poesie "LUOGHI"

AL MIO AMICO FRANCO...
sai che ti leggo
e con piacere
fiducia
poi

la pensiamo
allo stesso modo :

forse perchè in vita
abbiamo solo donato ?

almeno..
non siamo stati
ladri
bugiardi
egoisti

saremmo sprofondati
di vergogna

eppoi
chi mai avrebbe potuto
dire..
contestare..
insomma
ci capiamo

la roba
se non è nostra
si rispetta
e lascia lì.-.

Padova 12 febbraio 2019
(sfogo...)

http://www.dariopetrolati.it/

mercoledì 25 aprile 2012

PIETRO RANDI... la sua testimonianza !!

ovvero la sua vita, quella delle altre generazioni che lo hanno preceduto nonchè quella a cui ha ceduto il testimone, tutte  passate in libreria a condividere cultura!

 
Gli amici dei miei amici sono anche amici miei. E per questo l'importanza che a loro riservo non è di certo della stessa importanza e riservatezza di quella che si offre comunemente sulle pagine dei social network. Quando poi questi sono presentati da persone comel'amico Dario Petrolati, allora, assolutamente le porte non vanno aperte, bensì spalancate. Considerando poi la qualità eccelsa di questo personaggio, PIETRO RANDI, classe 1924, posso considerarmi orgoglioso, onorato e fortunato di poter ospitare sulle pagine del mio modestissimo blog questo suo scritto . Un documento storico, vissuto in prima persona, che racconta la vita succedutasi nel corso degli anni e che ha coinvolto ben 4 generazioni in una libreria per la quale sono passate tutte le migliori intelligenze di Padova nel corso di oltre un secolo di vita. Quasi che fosse, ma sono certo che sicuramente lo è stata, l'ombelico della cultura patavina e non solo. Ma in questa Italia, dove tutto il buono scompare sempre sotto la falce dei tagli economici, anche le librerie non ne sono rimaste esenti. Infatti lo scritto risale al 2006, ma gli eventi come si vedrà ne hanno modificato il finale. Ma non vado oltre e vi lascio alla piacevole lettura della storia senza un titolo preciso e che quindi semplicemente  inizia così...           (fg)


Se è vero che quella del libro è una malattia, la mia salute ne è favorevolmente minata fin dalla nascita. Libraio di terza generazione, carico di anni oltre cinquanta dei quali spesi fra i libri, mi guardo indietro e mi convinco che quella dei geni non è una frottola. Fu mio nonno paterno Giovanni Battista (Foto) (1875 – 1931), scampato con la famiglia all'età di sette anni dal paesino di provincia della Bassa Padovana Masi sulle rive dell'Adige, dove era nato, per lo straripamento del fiume del 1882, a trovare lavoro in una libreria di Padova, la Drucker, e dopo qualche anno vedersi offrire l'acquisto di altra libreria di Padova, la Draghi, fondata nel 1850 da Angelo Draghi (1831- 1915 libraio nonché attivo patriota) che gli eredi mettevano in vendita. L'acquistò a rate, godendo della fiducia degli eredi del Draghi, provando quella straordinaria emozione quale fa bene rivivere Pietro Galletto nel suo “Galantuomini padovani dell' 800” (edito dalla Draghi nel 1993) ricordando la figura di Giovanni Battista Randi. Aveva appena quarantacinque anni Giovanni Battista quando diventava paròn della Draghi ma godeva della straordinaria esperienza acquisita alla scuola del Drucker e di una grande fiducia nelle proprie forze.
L'attività della Draghi, gestita per settant'anni dal suo fondatore, diventata Randi, vantava oltre alla stima di clienti e fornitori, una vasta rete di rapporti con i principali editori esteri, principalmente in Germania.

Era anche poliglotta, il Drucker, come documenta un piccolo diario che gelosamente conservo sul quale, con minuta calligrafia, registrava la quotidiana attività in libreria in italiano, in inglese e francese annotandovi in caratteri greci i frequenti appuntamenti galanti.
Giovanni Battista Randi, mio nonno paterno, paròn Titta come veniva affabilmente chiamato, fu libraio ma anche illuminato mecenate fra l'altro fece dono alla Magnifica Comunità Cadorina dell'autografo del “Cadore” di Carducci, con una lapide posta sulla facciata sovrastante la vetrina della libreria ricordò la nascita, ivi avvenuta nel 1842, di Arrigo Boito musicista e letterato. Ne fu erede materiale e spirituale il figlio Giuseppe (1901 – 1978) mettendo a buon profitto i geni ereditati dal padre. Sotto la sua guida la libreria acquisì nuovi spazi ingrandendosi, nuovi reparti imponevano una più assortita disponibilità di libri, sua l'iniziativa per la “Saletta degli incontri” alla quale accedevano i numerosi circoli culturali della città, sua inoltre la realizzazione di una galleria d'arte, La Chiocciola, che al primo piano della libreria accoglieva i nomi più significativi dell'arte contemporanea.
Nascevo io, era il 1924, inconsapevole erede di tradizione e storia trasmessami dal gene nel quale la malattia del libro occupava il 90%.
Smessi gli studi universitari, nell'immediato dopoguerra davo libero e più ampio spazio alla mia predestinazione genetica : la libreria.
Parigi era il cuore pulsante dell'attività culturale, editoriale e libraria del momento e a Parigi, all'ombra della potente Hachette di Bd. Saint Germain, ebbi modo di avvicinare quel mondo, conoscenze ed amicizie che avrebbero accompagnato il mio impegno librario. A Parigi mi attraeva il mondo universitario del quartiere latino, prodigo di iniziative, di incontri, di fermenti culturali e filosofici che imponevano alla scena mondiale il primato culturale francese. A St. Martin faceva testo l'esistenzialismo di Sartre, mentre Jean Cocteau, Albert Camus, Antoine de Saint Exupery vantavano tirature che diffondevano nel mondo la nuova cultura francese, era ministro e letterato André Malraux. Una lettera di Diego Valeri mi presentava a Bedarida, titolare della cattedra di letteratura italiana nell'Istituto di Rue de l'Ecole de Medecine. Un brevetto di lingua e letteratura francese ottenuto alla scuola della Sorbona diretta dal severo professeur Fouché (faites les grimaces, ci imponeva insegnando la corretta pronuncia) concludeva il mio stage parigino. A Parigi mi attraevano anche i bouquinistes, curiosavo nelle loro “boites à bouquins” nelle quali trovavo ed acquistavo quelle partiture musicali in formato tascabile nelle edizioni originali stampate di Ernst Eulenburg a Lipsia negli anni '30 nella “Kleine orchester Partitur Ausgabe” al prezzo di un marco o poco più, diventate rare. Soddisfacevo il mio interesse alla musica rivivendo così anche recenti esperienze di orchestrale.
Fu la successiva esperienza newyorchese ad aprirmi la finestra sull'altro versante del mondo del libro, il versante sconfinato della lingua inglese con la quale i grandi editori facevano conoscere al mondo le scoperte sempre più sofisticate e d'avanguardia delle ricerche scientifiche e della tecnologia americana, poi Londra da dove partivano i messaggi della nuova cultura inglese, libri stampati in centinaia di migliaia di copie destinati al vastissimo mondo anglofono, pacchi e casse di libri indirizzati ai mercati di Sidney, Melbourne, Cape Town, Montreal, il Commonwealth sul quale non tramontava mai il sole. Poi la Spagna, un mare di librerie e di editori dalle dimensioni imprevedibili, un altro mondo, quello di lingua spagnola, dove editori come Aguilar, Espasa, Gili, Herder, solo per ricordare i maggiori, riversavano e commercializzavano in altro versante del mondo la loro produzione. Rientravo nell'orizzonte economicamente piccolo della libreria padovana con un bagaglio di conoscenze e di rapporti da mettere a profitto all'ombra dell'antica e gloriosa Università insieme alla quale, oltre al caffè Pedrocchi, l'ormai antica libreria Draghi rimaneva punto di riferimento e d'incontro per la città. Aldo Carboni, studente nell'università patavina, intervistato da Enzo Crea (Sole 24 Ore di domenica 8 febbraio 2004) bene ricorda i Maestri dell'Ateneo patavino : ConcettoMarchesi, Magnifico Rettore nel difficile '45, e Manara Valgimigli entrambi ospiti quotidiani ed amici della libreria, il primo rapito suo malgrado a Roma dalla politica, il secondo sottratto anch'esso a Padova per la breve parentesi ravennate chiamato a reggervi la Classense, erede spirituale del suo maestro Giosuè Carducci. Il Valgimigli si confidava in libreria con la Lea e successivamente con me quando gli venne gravoso salire la pur comoda scala “la Chiocciola” che portava al primo piano della libreria che ne ospitava l'amministrazione. Lo accompagnava quotidianamente alla libreria il fidato autista Fortunato il quale pilotava in modo maldestro per le tortuose strade di Padova e della provincia la piccola Bianchina nella quale Valgimigli trovava spazio con non poca fatica.
Negli anni tanti e tanti letterati, scrittori, politici, artisti, ammiratori devoti lasciavano la loro testimonianza d'affetto alla libreria, ricordando spesso un'antica frequentazione universitaria, testimonianze affidate ad un elegante quaderno che tutt'ora gelosamente conservo in uno scatolone pieno di storia. GiovanniSpadolini che non mancava di visitare la Draghi ogni qualvolta a Padova, il primo aprile 1985 vi scriveva “con affettuosa ammirazione rivivendo tanti anni dopo l'ombra di Valgimigli”. Un piccolo libro pubblicato nel 1950 a cura di Oliviero Ronchi a ricordare i 100 anni di vita della libreria porta le testimonianze di Giuseppe Fiocco, Concetto Marchesi, Manara Valgimigli, Diego Valeri.
Nella testimonianza indirizzata a Giuseppe Randi, mio padre, così si esprimeva Concetto Marchesi con lettera da Roma del 20 dicembre 1949 “nè l'Università né Padova potranno scrivere in questi ultimi cento anni la loro intima storia senza tener conto di quella libreria sotto il breve portico di via Cavour” e oltre “ma nei miei ritorni a Padova – la città diletta – dove non ho più la mia vecchia casa né la mia vecchia scuola ho una cosa che è ancora mia e non invecchia: è quella bottega di libraio dove la mia vita di studioso, di Maestro, di amico continua, come sempre”.

Al primo piano della libreria che ospita il mio piccolo tavolo di lavoro oltre quelli più grandi delle fanciulle addette all'amministrazione, sono appesi ad una parete tanti piccoli ritratti con dedica: amici, frequentatori, clienti che hanno lasciato una traccia nella storia della libreria, che a nominarli imporrebbe per ciascuno di essi un ricordo, un episodio. Di tanto in tanto qualcuno s'aggiunge, segni del tempo che trascorre.
Mi guardo indietro, anche la mia vita è ormai quasi storia, la libreria padovana, la Draghi, continua, continuerà ancora quando io non ci sarò più, siamo su questa terra come una fragile meteora, la continueranno i miei figli, anch'essi eredi dei miei stessi cromosomi tempi impietosi imporranno delle trasformazioni ma non potranno cancellare una storia appassionatamente vissuta.

Pietro Randi

PS: L'attività della libreria Draghi, passata nel frattempo ai miei figli, è cessata nel luglio 2011
Padova 06/04/2012

lunedì 15 agosto 2011

AGOSTO CONTATO


Tra link su FB, video, commenti e note, alcune a volte anche un pò sciocche o quanto meno incomprensibili, tra esclamazioni fatte di ooo, aaa, hhhh e innumerevoli !!!!!!, questa mattina, mi sono gradevolmente imbattuto in questa poesia ferragostana del caro amico Dario Petrolati. La posto qui per il piacere di coloro, che passando di qua, volesssero gettarci sopra il loro occhio curioso e sensibile:

AGOSTO CONTATO

guarda stupito dal finestrino del treno

quel biondo bambino bello come la mamma

Concita gli respira sopra leggera tra i capelli

se fermo o in corsa e dove vanno i due non so

semplice stellare immagine di prima mattina per

un ferragosto lontano da tutto e da tutti semplice pulito

allegro come si pensa magari

arriveranno al prato di margherite dove le fate

organizzano giochi e magie per chi sa sognare

desiderare senza prendere stupirsi sempre

ha tra le labbra Concita un biondo capello pulito

del bambino rimasto a ricordo dopo un breve bacio

ecco lontana Firenze

si avvicina e traspare il Battistero che poi la mamma

spiegherà.

martedì 9 novembre 2010

dario.petrolati's blog


Prolungandosi le difficoltà tecniche di collegamento ad internet, Dario mi ha chiesto di inserire questi suoi nuovi lavori, sul mio blog, in attesa di tale ripristino.
Richiesta che accolgo con orgoglio e piacevolmente ripropongo ai suoi lettori, segnalandola anche sulla sua pagina in F.B. (FG)


di Dario Petrolati

Se dovesse cercarmi

Non saprei che dirle
quale menzogna scovare
se chiedesse di me
lascerò false piste
oppure dirò la verità
questo mi turba
chè non le ho mai mentito

Tutto poi
perchè
ho sbagliato strada
sono partito prima

Giorno e luogo diverso
ci siamo cercati
senza conoscerci
solo immaginando
odore
sapore
dei nostri corpi

E' stata una avventura
manco cominciata
fantasticata sopra i pioli
di traballante scala

Successe poi
cosa non so

Mi son trovato in terra
sotto il letto del fiume.

Padova 5 novembre 2010
(racconto scordato di Salgari)

Vaghe stelle dell'orsa

Io non credea
tornarvi a rimirar...
eh no son qua
e invece di udire
immaginare
le larghe lontane terre
fatico rintracciare
radiotre
quando da essa preparato
sempre con grazia

Voci che filtrano
faticano
è spessa bianca ostile
'sta nebbia
ed anche estranea

Nulla
gracida
solo tante avemaria
incatenate prigioniere

Aspetto
fingo speranza
nulla verrà
lo sento
so

Padova notte del 5 novembre 2010
(semplice bozza)


Maria Carta


Non è portoghese
spagnola nemmeno
di più
di più

Tragico volto
liscia la pelle
labbra
capelli neri
lunghi tirati

Fugge la voce
prende il cielo e i cuori

Maria muore in piedi
mentre regala parole
preghiere per altri.

Padova 5 novembre 2010
(pensiero su Maria Carta)

Pensieri

Vuoti o pieni
che so
non importa
nè serve

Parola usata
sofferta
senza padrone

Le spinte
i nomi
persone sparse pel mondo

Forse è stato
sarà
solo fuga

Padova 5 novembre 2010
(non dico nè scrivo-aspetto)


Luci del Tempo


Soffia nella notte
indica muto
all'orecchio sinistro
posti inesistenti

Il braccio teso
verso la valle nera
ch'è solo passato
come ala
gira a sinistra
eppoi a destra
non mi perda
nulla sfugga

Passa veloce
sembra uno sguardo
il gatto nero
col topo in bocca

Non me lo dice
la saggia guida
ma ho sentito il pelo
lisciarmi
i piedi scalzi
sangue raggrumato
segnarmi a firma
nome e cognome
sulla caviglia

Parla
La Guida
ancora e sempre
chè la città non finisce mai
continua a dirmi
torri e visioni
sfoglio di corsa il libro
per tradurre
capire un poco
le affascinanti "cose"

E' stato un tragitto fondo
cominciato nei "Meridiani"
presi con lo sconto
un giorno
da Claudia

Nel tuffo delle pagine
leggere
trasparenti quasi
ho creduto vedere
capire anche fatti
dietro le mura
mentre la gente faceva la Storia

Seduti per terra
prendiamo fiato
un sorso d'acqua
mentre si leva il giorno

Almeno pare

Padova 6 novembre 2010
( a spasso con Borges )


A spasso per Padova

Per sgranchirmi
aiutare il sangue a fare un giro sino al cervello
andate e ritorni
ossigenarmi la mente
prevenire il terribile "ictus"
vigliacco sempre all'erta

Passerò sopra Ponte Molino
a caso
guidato da istinto perduto
proverò a cercare interesse
per qualche manifesto
ch'è sempre difficile
vederne di belli
sia pei colori che per le linee

Farò attenzione nel saper misurare
tempo e distanze

Ormai succede sempre più spesso
che i ritorni mi sembrano lunghi
pesanti
mal calcolati
e quelle che dovrebbero essere
saggie e profique ossigenazioni
diventano ossessive
deprimenti faticose
fughe insensate

Non ci saranno lupi
nemmeno un'avventura da incubo
nel bosco della Foresta Nera

Solo quattro passi sotto l'umido cielo patavino.

Padova 6 novembre 2010
(senza bisogno di malinconia)

martedì 15 settembre 2009

LIBRI SUL SOFA' DELLE MUSE - n.17 -




di Dario Petrolati
PROPINQUA LIBERTAS di Luce Fabbri

Prima di tentare la presentazione di questo libriccino di appena 63 pagine ho da ringraziare alcune persone senza l' aiuto e la generosità delle quali mai avrei saputo alcuna "cosa" sia dell' autrice come poetessa che politica nell' anima sin da prima di nascere. Il libro è stato edito a cura di Giampiero Landi responsabile della Biblioteca Franco Serantini che a sue spese, tanta e solo passione, coinvolse la moglie ed altri amici nella traduzione dal castigliano all 'italiano delle poesie che Luce Fabbri scriveva negli ultimi anni di sua vita. Per poter avere la mia copia personale, dopo aver contattato la Biblioteca Serantini, ebbi la fortuna unica di parlare per ben due volte con la compagna di Landi, la quale mi fissò appuntamenti per la sera dopo le 19 affinchè io direttamente potessi esprimere direttamente le mie esigenze. La Signora, di origine cubana, fu di una gentilezza strana, enorme, ma si sentiva o forse fu solo mia impressione, che quasi temeva le ponessi domande anche su Cuba. Erano in giro come al solito dicerie anticastriste e percepii attraverso la voce della Signora, quasi il desiderio che non le chiedessi della Sua Isola, che ancora aveva nell' anima e in mente. Dopo due o tre volte, all' ora convenuta, riuscii a parlare con Landi in persona che io affatto conoscevo, lo stesso però sapeva del mio impegno e mi promise il dono che poi subito arrivò. Attraverso la sua rara onesta voce capii allora che tutta la organizzazione era sulle sue spalle, così come la sede legale in casa sua, le spese delle bollette della luce e le più varie cose chè essendo una onlus e l' anima e la cultura anarchica illuminata, tutto spaziava dalla sua persona fisica sino agli archivi ed i centri culturali ora sparsi per l' Italia. Ma se non erro era del libro di Luce Fabbri che mi ero assunto l' impegno ed allora mi accorgo di avere divagato troppo per cercare di raccontare il mondo e la cultura che questa Donna sprigionò ovunque visse, sempre fuggiasca per motivi politici. E' stata la dittatura fascista in Italia e nei Paesi ove insegnò la democrazia oltre la lingua italiana, sempre a perseguitarla chè il sapere od anche il cercare di conoscere alle dittature sempre è invaso. I versi della Luce Fabbri rispecchiano l' anima anche leopardiana che aveva assorbito nelle sue lunghe letture ed anche attraverso scambi di conoscenze personali come i marchigiani esuli Morpurgo e l' Ottorino Manni che sebbene fosse sempre avvolto in atroci dolori mai si piegò e sempre sino alla fine dei suoi giorni, cercò nella verità laica antiborghese, una risposta che ben sapeva darsi, ma convincere, spiegare contro l' arroganza era altra cosa. Pare quasi una favola la vita dura e sicura che condusse questa Donna colta che non morì violentemente, ma perchè a sempre dare, sfinì il suo corpo e nessun dio le andò incontro che pare quasi la parola anarchia sia stata maledetta tanto con preghiere da far credere che dire anarchico significa essere violento e peggio. La punteggiatura capovolta all' inizio di alcuni versi mi fece pensare dapprima ad errori di stampa, poi con un poco di umiltà dovuta, seppi che invece significa rafforzare l' espressione. Insomma è stato l' avvicinarmi a Propinqua Libertas, a Giampiero Landi, agli Archivi dei Centri Culturali Franco Serantini, un tornare agli anni della grande confusione del '68 in Italia, eppoi alle tante guerre e rivoluzioni soffocate nel mondo dai prepotenti, chè poi la colpa sempre ricadde sugli anarchici scalpellini che volevano anche imparare a leggere. L'emozione e la gratitudine che ho sentito nel toccare queste appena 63 pagine mi fa anche capire che il cammino, il sogno verso un mondo migliore sarà sempre utopia(anarchia) e la musica stonata che assorda come droghe pesanti forse vincerà per sempre. Ho preso l'impegno, sia con Landi che con la Biblioteca Franco Serantini di Pisa, di ricevere per amici che intendono, qualchevolumetto chè al momento non esiste alcuna copia manco a pagarla oro. Aspetto fiducioso da Pisa una risposta, chè perdersi il libro di cui ho tentato dire le emozioni ed i perchè sarebbe sfortuna ladra. Dippoi vedremo come spartirci da bravi cristi ciò che la fortuna ci riserverà.

domenica 30 agosto 2009

LIBRI SUL SOFA' DELLE MUSE - 16 -


di Dario Petrolati



Conoscere Beppe Fenoglio non è opera complessa

anche perchè visse così poco che non ebbe possibilità di esternare quanto sentiva e vide

Chi conosce lo scrittore subito allora vola al "partigiano Johnny", l'opera sua più divulgata sin dalle scuole pubbliche ed il motivo appare quasi sempre unico.

La sua matrice politica, la Regione ove visse, la gente umile e dura d'aspetto ma solo sempre onesta

La Resistenza e gli eroi di tale periodo hanno un sapore particolare se descritti da Fenoglio.

Le langhe, la terra d'Alba, la laicità che sempre antepone nel suo contare facile senza mai scordare foglie, castagne, emozioni, istinti, doveri, appaiono con un sapore diverso se magari pensiamo al Pavese o algli altri scrittori che fecero di quel periodo, forse l'unico e mai più raggiunto, nell'arte dello scrivere, educare.

Ebbe una storia con antefatto quasi incompreso sia dall'editore che dai curatori, apparve con umiltà di traverso come racconto lungo o romanzo breve tanto che in diverse volte si provò a dare alla storia titoli diversi.

Dopo la sua morte avvenuta nel 1963 e varie corrispondenze con Gina Lagorio "Una Questione Privata" trovò forse pace e definitiva postazione sia come opera che come riconoscimento critico e valore letterario.

Non c'è apparentemente trama anzi pare quasi un chiedere scusa nel raccontare di tre giovani sparsi, lei Fulvia, fiamma d'amore di Giorgio e Milton reduce badogliano.

Credo sia il più bel racconto-storia d'amore ambientato nella Resistenza, quella che riscattò l'Italia dal regime fascista, ma non c'è guerra e spari, solo e colmo di emozioni e trepidi pensieri appare il racconto chè Fulvia ragazza amata suscita senza apparire, Giorgio l'aveva amata ricambiato e pure Milton, ma di fronte alla casa ove era vissuta Fulvia allora scoppia il sentimento complesso che i due ragazzi covavano in segreto.

Era stata il loro amore sviscerato ed ora entrambi scoprono di avere amato la stessa ragazza senza sapere più nulla di lei.

C'erano nelle colline gli utlimi spari,quelli che fuggivano dopo aver tentato l'infame dittatura e quelli che inseguivano per essere per sempre liberi.

Sfinita battaglia da cui bisognava sempre stare attenti chè bastava una pallottola vagante o un fuggitivo abbrutito per finire le giovani vite che si erano salvate.

Comincia,prosegue la caccia,ricerca di Fulvia da parte dei due giovani che pur cercandola disperatamente non riescono mai a trovarla e nessuno sapeva di lei.

Improvvisamente i due rivali in amore vengono separati in quanto Milton è catturato da una banda di vili fascisti in fuga.

Allora sempre nell'ideale di Fulvia, Giorgio sente il dovere di salvare il rivale in amore e la caccia senza farsi catturare diventa l'inverso della caccia all'uomo bensì un'ansia nascosta e doverosa di ritrovare Milton anche perchè Giorgio ancora tutta la storia d'amore di Fulvia non conosceva.
Per sapere chi aveva amato e come era stato ricambiato doveva prima salvare l'ex.rivale in amore, ora prigioniero.

Per pendii e fame , tra alberi e freddo Giorgio comincia una guerra da solo in nome di Fulvia, idea fissa e giovanile, perciò non può che tentare ed agire sempre solo, privandosi anche del cibo e tentare imprese disperate in nome di una storia pulita.

Prosegue la caccia verso il ritrovamento dell'amico che da privato il fatto diventa storia dell' animo umano, Storia di tutti.

Pare quasi follia la storia d'amore l'insistere di ritrovare Fulvia ed i simboli più o meno evidenti mescolati alla Resistenza fanno di questa storia quasi un libro assurdo complesso in cui navigano rapide figure che seppur dalla breve vita appaiono enormi nel contesto in cui ebbe a svolgersi l'avvenimento.

Alcuni grandi dell'era di Fenoglio che poi vissero oltre hanno voluto trovare nel racconto l'ultimo anello ancora mancante della catena che era iniziata con " il sentiero dei nidi di ragno", di Calvino.

Resta comunque una stupenda e sanguigna storia d'amore, forse la più bella dell' epoca, raccontata.

giovedì 30 luglio 2009

LIBRI SUL SOFA' DELLE MUSE - 15 -




di Dario Petrolati










Questo romanzo scritto nel 1953 è dotato di un fascino che solo quel periodo letterario ebbe che va dall' epoca del "proibizionismo" sino a quasi poco prima la guerra di Corea

Il personaggio reggente è naturalmente Philip Marlowe portato poi sullo schermo da vari grandi di Hollywood nei periodi del bianco e nero eppoi del colorato.

L'oggeto intrigante sempre in ogni dove è una pistola
ovunque abbonda anche se non appare whiscky per tutti chè l'astemia è parola inesistente
ricchezza sfrenata e donne fascinose sempre colorate
in questo triste racconto addirittura tre sono i colori dei capelli delle svanite-perfide-protagoniste :rosso nero biondo platino

Fra tanto inebriante vivere apparente l'ispettore Marlowe viene assunto per scoprire il colpevole di un intrigato assassinio commesso in alta borghesia ove la droga e le bevande sono il vincolo necessario per la giornata da sopportare

e sembra facile trovare il colpevole all'esperto rotto ad ogni avventura poliziotto privato se non subentrassero fatti e misfatti che solo il troppo denaro e la inesistente voglia di vivere ciascuno a modo suo con corruzione e sesso non tentassero deviare ogni indagine iniziata

Il vecchio colonnello ricco da sfondare anche senza guerra incarica Marlowe di scoprire portare la verità e la giustizia alla luce del sole
non sopporta la morte misteriosa della bella bugiarda maga e fata di una delle tre donne imperiture

chiuso nel suo squallido studio con la bolletta del telefono sospesa l'ispettore pensa almeno pare quando la porta a vetri si apre ed una volta la polizia corrotta l'altra un vecchio randagio supposto amico insomma è un gioco all'imbroglio contro il povero onesto Marlowe

da indagatore subisce botte in testa e finisce per essere sospettato oltre che complice anche magari il colpevole che avrebbe dovuto incatenare

regna pesante un atmosfera fatta di giochi a scacchi ove l'autore pare e forse è vero cerchi distrarsi per non pensare alla realtà di vita vera

Il titolo triste languido dal sapore di sangue ed amoroso pare pezzo di verso tronco
vero che "il lungo addio" potrebbe essere estrapolato da un fatto di amore finito senza conoscere la ragione

Si sente come se dietro ad un supposto bianco telone di schermo stesse sempre per cambiare scena ed arrivare la morte da una pistola scarica mentre la droga e l'alcool sono il rifugio perenne nei momenti di sconforto sia dell'ispettore che dell'autore del racconto lungo

pare vendetta mitologica sempre attesa il rifugio nell'alcool quando non si riesce a stare in piedi mentalmente
anche se il proibizionismo è apparentemente cessato la debolezza mista a paura generica regna sovrana solo per giustificare e distruggere anche e magari solo l'apparente

dopo avventure statiche sparizioni logiche pare alla fine quasi Marlowe trionfare e riscuotere la parcella dovuta
ed invece c'è ancora uno scatto improvviso un ribaltamento di personaggi persone chè il povero sempre in canna ispettore si accorge di essere stato solo turlupinato serviva uno qualsiasi per capro espiatorio e la forza del danaro aveva puntato su lui

Chandler Marlowe si accorge dell'inganno cosa significa il sogno la parola amico e forse affoga per non pensare credendo risolvere ogni riflessione nella bottiglia sua amica riflettendo su versi che ruotano attorno alla solitudine el'aggettivo "lungo" gli percuote dentro come significasse la fine di tutto quasi che il nulla fosse sempre esistito

la parola addio risuona triste e presaga anche sulla sorte che attende l'autore del romanzo e più volte la ripete come poi farà per rafforzare anche " addio mia amata"

addio vuol dire solitudine tristezza
e dopo l'addio arriva solo la fine

Credo personalmente che l'epoca e la cultura degli anni venti sino ai fatti di Corea abbiano lasciato le più sensibili anime sia nel campo letterario che dell'arte in genere un segno indifferente come ferita irreparabile

Difficile separare " Belli e Dannati" dal loro autore impossibile e crudele definire romanziere Raymond Chandler-

uomini che sentirono senza aiuto alcuno furono disperatamente soli e la cultura innata il loro esprimersi somiglia a versi di certe tragedie elisabettiane anche se in costumi differenti

resta "il lungo addio" testimonianza valida con troppi perchè e l'autore sente come poeta l'indifferenza della vita

Ho trovato tragico e sempre affascinante questo racconto lungo in uno alla esistenza dell'autore.

mercoledì 15 luglio 2009

LIBRI SUL SOFA' DELLE MUSE - 14 -




di Dario Petrolati
IL LIBRO : IL GRANDE GATSBY
di Francis Scott Fitzgerald

Questo romanzo è considerato da scrittori e critici anglofoni come il migliore prodotto nel campo della narrativa americana. Anche da James e Dreiser - questo ultimo considerato l'inventore della narrativa americana col suo capolavoro " Un posto al sole" od anche "Una tragedia americana" un doppio titolo per raccontare il grigio della provincia del nuovo mondo. Personalmente forse influenzato dai bei volti di Redford o Alan Ladd, sempre col braccialetto d'oro al polso sinistro, subisco complice, l'epoca, i gesti ed il camminare anche, sempre elegante e profumato. Il romanzo altro non è che l'autobiografia dello stesso autore: storia tragica, prigioniera di alcool, droghe, bellissime facili donne, folli come la sua Zelda. Senza ostacoli i giorni, sempre bramosia di tutto, senza capire cosa. Tutto il racconto è in caduta insistente, forte, peccaminosa. Partenze ed arrivi senza traguardi. L'accaduto viene raccontato dal co-protagonista Nik, che altro non è che la coscienza inebetita dello splendido Gatsby. Sempre c'è pausa, attesa, guardando il nulla sotto accecata luce. Sempre si parla e solo parole non fatti o cose. L'essere-apparire, con la ricchezza sfacciata di dubbie origini, fumare lunghe sigarette sottili, ubriacarsi con miste bevande sui bordi di piscine ove si nuota e fa il bagno anche vestiti e con cappelli di panama indosso, scambi di coppie senza forse accorgersi oppure complici guide veloci di fuoriserie, vestiti senza tasche, tanto chi paga mai si sa o dice. Belli, tutti bellissimi, sempre giovani con odore del sole brillante e ridere senza problemi esistenziali, anche incapaci da risolvere semmai. Tutto è proibito, tutto si fa. Si spara un colpo secco, si muore come per finta e solo d'estate, mai la vecchiaia appare, c'è la bella gioventù e la morte forse esiste scomparendo, anche se violenta. Esagerato, affascinante, col cervello usurato da droghe profumate, inimmaginabili coiti, chè importante è vedere toccare il biondo, il bello. Il resto manco si immagina come servitù nascosta in ombra, con la morte addosso incollata sulla schiena. Dopo la logica vendetta per cui muore assassinato, Gatsby, al suo funerale, pare solo un ubriacone antico venuto di lontano che piano commenta: "eppure c'era sempre tanta gente prima". Nik alter ego di Gatsby si lascia andare sul prato vuoto e pensa, almeno sembra. La vita, l' esistenza, la consumata morte, tutto si conclude come in un eterno addio dubbioso e senza convinzione. L'assoluzione, la ricerca, il sapere cosa non si sa, forse la morte quando essa giunge, mai ci si incontra. Mai la stessa strada, lo stesso momento, vita e morte hanno sempre diversi percorsi, quei-questi pensieri forse aveva Nik, era la stagione del proibizionismo che durò finchè durò, quando tutto cessò allora si tornò a casa dove non si sa. Dopo più in là nel tempo arriverà la guerra, quella che non si vede ma si presagisce e nel mondo moriranno tutti. Quando l'America si sveglia, morde. E' questo il Grande Gatsby, morale senza perchè, che pare anche una grande fuga da una realtà, solo forse immaginata, seppur sofferta.

martedì 30 giugno 2009

LIBRI SUL SOFA' DELLE MUSE - 13 -






di Dario Petrolati


CIOCCOLATA A COLAZIONE - Pamela Moore

Inevitabile il confronto per gli anni in cui si svolsero i fatti, le giovani età delle autrici, il successo e la paura esistenziale, lo sfruttamento nel cinema, per le avventure apparenti slegate da ogni regola. Erano gli anni caldi facili ove essere belli era anche importante, come la forza se si era maschi. L'apparire insomma lo stupire, il facile e l'ebbrezza della vita che prometteva ubriacature di piaceri, macchine grandi e colorate senza problemi in apparenza. Il mondo in una risata ed il sesso sfrenato senza regole con piaceri immaginati. In Francia era venuta prima l'avventura di Francois Sagan della ricca borghesia con il suo Bonjour Tristesse. Non c'era più la vecchiaia la malattia lo sforzo il dubbio. Solo un futuro lungo assolato fatto di droga e vita senza rendersi conto di quanto attorno c'era. Sin da ragazzi giovanissimi si doveva provare credere di esistere in proprio sfrenatamente, mangiare ogni tempo di vita. Mentre nel mondo intero si svolgevano guerre davvero e l'Africa non finiva mai di ribaltarsi come terra di conquista per i bianchi, che senza scrupolo la consideravano ancora premio per la meglio vita a spese degli indigeni. Nell'altra parte del mondo si vedeva solo luce e chi pagava erano sempre gli altri. Francois Sagan seppur ragazza si perse con i più grandi , con le donne già navigate e sulla via del tramonto. Tribolò senza rendersi conto sino ad esprimere la voglia eterna di vivere, mal concepita tanto che spesso diceva nei giochi in terrazza: Qui giace e non sa rassegnarsi-Francoise Sagan- rideva da stupida quando credeva eterna l'avventura chiamata vita. In America una ragazza sconosciuta ai più scrisse " Cioccolata a colazione ". Si chiamava Pamela Moore era nata nel 1937 e dopo vari ripetuti tentativi nel campo della recitazione teatrale e cinematografica, era vissuta ad Holljwood, sempre andati a vuoto, si trasferi in Europa e qui dopo varie ricerche mentali, dubbi sempre e frustrazioni, si convinse d'inventare una storia di suoi coetanei e scriverne un resoconto. La storia inesistente di gioventù bruciata le procurò un enorme successo editoriale e fama di scrittrice anche se giovanissima. Parevano le vite di Francois Sagan e di Pamela Moore quasi una prova uno scherzo anche crudele del destino o di chi sa e può creare esistenze chiamate anche vita. Esperimenti crudeli e fondi sempre irrorati da bevande e droghe, fughe e ritorni a bocca aperta, sempre ridendo affondando nei sensi e nel nulla che credettero tutto invece. Francoise era abituata sorretta forse da agenti ed interessi economici che la spinsero più a lungo ad esperimentare l'avventura sino a cadere sovente e rialzarsi per produrre soldi. Pamela invece era già fragile e regalava i suoi giorni a tutti anche a coloro che la guardavano ridendo dopo l'avventura sessuale imbombita di droga e bevande misteriose. Erano gli anni dei suicidi facili, delle sfide al cielo, prove e riprove con dio in saccoccia senza sapere, conoscere, amare. La vita presa come avventura - laguna addormentata - scivolate allegre per strade sconosciute. Tutto era lecito e facile-andare e ritornare: recita senza biglietto-tutto gratis. Sola, forse accaldata, prese con rabbia una carabina e si sparò addosso. Forse le era sembrato bello ed ammirevole il gesto stesso che nel 1961 aveva compiuto Hemingway il grande uomo sempre ubriaco scrittore di fama mondiale. Pamela aveva 27 anni e il suo eroe che l'aveva preceduta avrebbe potuto esserle padre. "Cioccolata a colazione" durò varie estati e dopo le edizioni non troppo commerciali si passò alle facili traduzioni da portare in tasca che duravano pochi lettori. Il successo fece arricchire agenti e circoli editoriali, Pamela non seppe mai che poi dopo pochi anni il suo libro sarebbe diventato sempre più raro sino a scomparire dal mercato. Forse l'estremo gesto disperato la farà ricordare tra gli autori minori di una epoca in cui è anche facile morire. Ho letto quel libro e sempre ho pensato alla sorte matrigna dell'autrice, a Francois Sagan, a Jean Seberg. Tre donne legate nella fine drammatica, sfinite, inseguite dalla voglia di non saper vivere. Jean Seberg seppure solo attrice di cinema, ora giace dimenticata nel cimitero degli artisti a Parigi , non troppo lontano dalla tomba di Maupassant. Nessuno volle riconoscerla quando trovarono il suo nudo giovane corpo dentro un taxi parigino. E sempre le tre donne mi fanno pensare-pensare alla vita che non hanno avuto - alla violenza -all'inganno perenne sempre pronto per chiunque. Cioccolata a colazione-ma non solo.

lunedì 15 giugno 2009

LIBRI SUL SOFA' DELLE MUSE - 12 -

di Dario Petrolati

Peccato ma la natura non guarda in faccia e in tasca. Mi riferisco alla perdita per l'Italia dabbene, quella che ha capito quanto valesse e significasse Susanna Agnelli in toto, senza troppi distinguo. Senza tanti preamboli o storie di sorta mi accorsi di quanto valesse Suni intorno agli anni 60, allora reggeva l'Argentario e le battaglie a favore dell'ambiente erano sempre dure vincenti motivate da eleganti e colti valori. Era impegnata socialmente su molti fronti ed il suo sorriso a bocca chiusa non nascondeva misteri e pur essendo stata mamma di mezza dozzina d'infanti le restava addosso sempre quell'aria aristocratica che sin da bambina la governante inglese le aveva impresso:” mai dimenticare di essere una Agnelli “. Era cresciuta allevata durante il ventennio e di cognomi potenti usurpanti l'Italia abbondava purtroppo. Ma l'educazione di Miss.Parker la vinse sia sulla dittatura fascista che sulla cafoneria dei Savoia e Suni crebbe e capì sin da bambina come bisognava stare al mondo. C'erano posti che si potevano frequentare e in parole sconvenienti la Signora Agnelli non cadde e sempre eretta come fosse un milite aveva giurato dignità da lasciare poi ai successori del suo casato ed a coloro che la scelsero anche come ministro della Repubblica con la Presidenza del colto Spadolini. Rischiò la vita scegliendo la parte onesta del Paese e sino all'otto settembre si comportò da coraggioso difensore della Patria. Ebbe sempre un debole, mai confessato apertamente, per il fratello Gianni al quale l'accomunava una certa somiglianza fisica ed a lui fu vicina nei tristi momenti per la lotta di liberazione. Di cultura repubblicana-storica-mazziniana, Suni era quasi una provocazione in Piemonte, quando i Savoia vendettero il Paese alla dittatura nazi-fascista. Ebbe paura senza strillare e portò sempre a termine le sue battaglie fatte di sani e puliti ideali. Questo libro “ Vestivamo alla marinara”, edito da Mondadori nel gennaio del 1975, altro non è che il diario silenzioso di una Signora nata in una ricchissima famiglia che da contro altare avrebbe potuto avere solo la Monarchia sabauda. Suni non subì mai il confronto, visse la sua esistenza sempre con discrezione e i suoi amministrati dell'Argentario ascoltavano sempre i suggerimenti della loro prima cittadina. Sfogliando queste pagine faccio il conto degli anni che sono passati - acquistai il libro a Verona appena stampato ed il prezzo imposto ammontava a lire 3.000 -. Una stupenda copertina - capanni bianchi ed azzurri - in una solitaria spiaggia - altro non è che una " marina di Carrà " protegge ancora quanto descritto - contato da Susanna Agnelli durante i suoi anni di esposizione civile-politica e quelli della sua origine. Un diario discreto educato di una Signora che ha portato anche onore al Paese che poco l'ha ricorda ora - è bastata una caduta in casa - una frattura non più guarita e Suni in silenzio è andata come un comune piccolo borghese verso la fine. Le sue ceneri - espresse il desiderio ultimo e civile - sono state sparse a Porto Venere, o all'Argentario ?, questo ora mi sfugge. Debbo riprendere e sfogliare ripassare con silenzio questo libro molto educato che non posso scordare anche per la semplicità espressa nello scrivere. Grazie Susanna Agnelli.

sabato 30 maggio 2009

LIBRI SUL SOFA' DELLE MUSE - 11 -

di Dario Petrolati

LA PAROLA EBREO

Questo libriccino edito dall'Einaudi nel 97 me lo trovo sempre accanto. Fa parte della Collana Gli Stuzzi e porta il numero 487. Al pubblico costava lire 16.000. Io l'ho rubato letteralmente ad una Festa dell'Unità. Quando lavoro negli stands che organizzo tutti gli anni ho un sistema mio particolare nel disporre i libri. I compagni mi prestano enormi spazi ove io possa dividere e suddividere i sempre amati libri oltre a manifesti e quadri fuori commercio che durante l'anno mi perito andare in cerca. Foto in bianco e nero e quanto altro possa rendere il salone bello e di più anche come se per 15 giorni fosse casa mia. Un salotto che mi fa stare teso e digiuno sempre con gli occhi rivolti a chi posa le mani magari sudate sulle copertine. Così ogni estate da un paese all'altro per 2 mesi tutti gli anni mi dono ripagato da enorme soddisfazione mentale. E questa prefazione serve anche per giustificare l'appropriazione indebita che ho commesso senza sentirmi peccatore o ladro. "La Parola Ebreo" è stato pensato e scritto da quella raffinata mente che ha nome : Rosetta Loy. Eretta e bella anche per gli anni che sa indossare con educata classe Rosetta seppure romana di nascita e cultura insiste nei ricordi in lunghi percorsi di memoria con leggerezza come se invece di tragedie toccasse petali di fiori. Insiste come solo può fare chi professa una fede ancorata alla educazione che per principi lega la nostra bella Costituzione sempre difesa e portata ad esempio contro ogni violenza percorrendo viottoli e strade sempre a difesa della memoria. Chi non ricorda resta poi senza futuro qualunque possa essere. Chi non ricorda perde il sapore dell'infanzia dei tempi passati sui prati ad osservare anche la natura che sempre ci circonda e bisogna saper difendere oltre che amare. Nata ed educata in una famiglia profondamente borghese e cattolica Rosetta confessa senza remore che verso il mezzo della vita sentì il fascino della cultura laica e con intelligenza pudica volle immergersi nel nuovo credo. Guidata sempre da una cultura alta passa dai grandi pensatori europei agli uomini che poi dettero la vita chè carpiti dal dubbio non poterono o seppero dare risposte. Si vede sempre e sente anche la sua infanzia senza volgarità o urla. La educatrice assunta dalla famiglia che pure insegna lingue estere ha influito positivamente negli anni e per lo sviluppo mentale della bambina che poi divenne signorina e donna da ascoltare. Dietro al mondo che vede e sente si respira la cultura proveniente dalla religione ebraica se ne subisce il fascino ma il vero principe del libro senza nominarlo mai altro non è che ogni incontro con i libri. Si sente la fame di conoscere del cercare trovare per sapere. Se non si ama la lettura se non si ha dimestichezza con le pagine stampate allora non possono avvenire incontri che solo in certi particolari momenti avvengono. Come il treno che passa solo una volta senza libri sete di conoscere ogni incontro sarà solo impossibile. Ho chiuso l'ultima paginetta di questo profondo stupendo libriccino con un sospiro lungo pieno di un rimpianto vago come se non sapessi più dove andare poi. Personalmente vado spesso alla caccia lieve di quanto scrive Rosetta Loy chè ogni volta mi fa pensare a lungo sui valori esistenziali. Pensieri profondi con allusioni distribuite sulla tavola dello studio.
Lo consiglio a chi non ha tempo da perdere. E' un investimento culturale di alto valore.

venerdì 15 maggio 2009

LIBRI SUL SOFA' DELLE MUSE - n.10 -








di Dario Petrolati


Alberto Arbasino: Dall'Ellade a Bisanzio
Adelphi Editore - euro 12,oo
Piccola Biblioteca 536
Edito anno 2006

Dopo aver letto le 164 paginette, compaiono al centro del libro 16 foto in bianco e nero, come riflessione-pausa per rivedere il mezzo secolo trascorso dagli accadimenti di cui si parla. Allora ci si alza un poco malinconici chè la giovane intellighenzia, gli artisti ( Callas -Paxinou ) erano belli e testimoni, fuggiti, quasi rapiti dal tempo che sempre impietoso misura ambizioni, sogni, programmi. Era l'agosto del 1960 ed Arbasino coi suoi amici di buone e colte letture " salta le Olimpiadi di Roma" avendo come meta Olimpia, ovviamente deserta, chè il mondo tutto corse a vedere gli atleti e lo spettacolo dintorno. Partono pel viaggio ed appuntano, fotografano con sete del vedere-sapere congiungere le fatte letture anche coi libri di casa. A ciascuno il suo tempo, quello di Arbasino si confà a chi ama la libertà mentale, i piaceri della vita, uno sguardo acuminato della vita, spiritoso nelle cose e su gli uomini. Gli andirivieni tra quanto si vede ed il già visto. lnsomma a chi predilige la buona letteratura di viaggio, poichè qui si dimostra, una volta di più,come questa forma di scrittura tenda uno sguardo totale nella vita. Proprio grazie alla sua prima caratteristica : La divagazione. Leggendo " Dall'Ellade a Bisanzio " si trova una passata generazione, quasi buffa nel vestire, addobbarsi, sempre tanti maschi e le femmine da conquistare anche contare. Piatti di cibi omerici, talmente grassi ed unti-fritti-tanto pepe ed odori, vero trionfo del lusso che una volta costavano patrimoni. Ci sono naturalmente attente descrizioni dei vari siti, musei dell'antichità classica, ragione prima del viaggetto di formazione :" questo sensazionale Poseidone nudo e bronzeo a gambe e braccia divaricate, da indimenticabile notturno, sul peschereccio, fra branzini e spigole sotto le stelle". Arbasino, si sa, è uomo coltissimo con memoria prodigiosa. Il gioco dei rimandi è inininterrotto, di qualsiasi cosa si parli il lettore resta stordito. Prevale sempre il desiderio di conoscenza dello scrittore-viaggiatore pari al disincanto. Come quando si trova a Delfi sotto un ardito sole, solamente per toccare-vedere " inclite pietre metafisiche". E va giù duro Arbasino anche quando definisce l'antica Delfi niente di più che un'impresa affaristica su basi religiose, ci sono gang di guru per impiantare la giusta speculazione commerciale. Se poi a cantare la Norma a Epidauro c'è la Callas divina, l'entusiasmo è esplicito. Appare immancabile la "soirè tragica" ove prevale la noia e senso del ridicolo. Poi arriva finalmente il treno che porta ad Olimpia. Ma il viaggio è sporco nella vetturetta antica per cui guardare il paesaggio che fuori corre, pare ricordare quasi luoghi italiani. La meta sarà il più bel luogo della Grecia, così verde, dopo tantissimi sassi desolati. L'obbiettivo raggiunto è quello di evitare il prossimo turismo di massa e l'arrivo ad Olimpia, la cui entrata è "quasi bella come l'arrivo a Castelfusano per la Cristoforo Colombo, in pineta". Non soffermarsi troppo sulle belle foto centrali : tanti giovani-bellezze-troppi ricordi. Libro intelligente , raffinato dunque , sempre da tenere in tasca.

giovedì 30 aprile 2009

LIBRI SUL SOFA' DELLE MUSE - n. 9 -






di Dario Petrolati





Il libro che mi fece conoscere Tina Modotti è edito dalla Feltrinelli nella universale economica.
Stampato nel giugno 2006 mi è stato regalato la sera del 20 dicembre dell'anno 2006.
Porta una tonda dedica di ragazza che con la mano sinistra quella sera scrisse "A Dario, per poter approfondire la sua passione sulla bellissima Tina " e sotto, dopo il bollo SIAE, senza virgola, MARIA
Nessun altro aggettivo o fronzoli come d' uso faccio io.
L'ultima di copertina è colorata rosa, colma zeppa di righe ove succintamente il curatore parla della consulta vita - torrida della generosa friulana, che di nome si chiamava Assunta come le terrone o le figlie dei poveri.
Davanti appare un volto bello di donna mesta, in fotografia color seppia e senza tanti fronzoli, di tre quarti, sembra indifferente, pensosa ed anche abituata esser guardata e non solo.
La vita di Tina che ho in mano è stata relazionata da Pino Cacucci e quando Maria parlava rapidissima, mi faceva la dedica, raccontava tutta la verità, solo si bloccò, quando le dissi di non sapere chi fosse e l'autore di cui parlava con tanta familiarità.
Stemmo attaccati come insegnante ed alunno, io e Maria che non si fermava mai quasi un regalo che valeva doppio.
Non mi distrassi un attimo ma tante erano le parole e l'entusiasmo e la giovanissima età che quasi mi vergognai per la mia ignoranza.
Chiamai in soccorso due vecchissimi compagni dalla stanza accanto, chè loro sapevano per forza, dovevano sapere dell'Internazionale, della Guerra di Spagna, rivoluzione perenne in Messico e la caccia senza sosta da sempre ai socialisti ed ai comunisti di tutto il mondo che sempre i capitalisti USA hanno per vizio.
Nulla da fare, loro erano stati compagni sempre, ma solo in Italia e della vita turbolenta intelligente della Modotti sapevano per sentito dire e si staccarono dalla lezione di Maria.
Mi ricordai allora, mentre bevevo dalla sua bocca sincera, delle tante mostre fotografiche tenute a Padova dalle giunte di sinistra.
Avevo a mente il libro strenna distribuito ad una Festa dell'Unità
Tutte foto giganti in bianco e nero con la vita della Modotti e le foto storiche che fece in giro pel mondo ove predicò la lotta proletaria e fissò immagini rimaste simbolo che gridano all'uguaglianza.
Quella ragazza di nome Assunta-chiamata, ricercata come Tina, evangelizzò la ricca mecca del cinema americano allora agli albori, amò-amata guerriglieri-patrioti artisti e tra la morte che sempre le passò vicino suscitò passioni di potenti e dubitabili politici di livello internazionale.
Imparò, imparò quanta ingiustizia sia sparsa per il mondo e le deboli infarinature del padre socialista soccombettero sino a diventare rappresentate del movimento comunista internazionale.
L'uomo fisso che le visse sempre accanto e fu anche il duro che non si commosse per la tragica fine della ragazza sempre fedele ad ideali proletari Vittorio Vidali di Trieste, credette plagiarla.
Ma oltre ad essere altruista-generosa combattente ad un dato punto Tina ebbe dei dubbi e forse li esternò.
Morì ancor giovane ed il suo corpo fu rinvenuto in un taxi a Città del Messico nel 1942.
Morta d'infarto dissero senza tante storie e dubbio alcuno.
Poeti come Rafael Alberti dedicarono poesie ed anche sulla pietra tombale risultano i versi della generosa italiana morta per ideali di giustizia.
Maria, che ora vive tra i Baschi, quella sera mi contò che l'autopsia cui sottoposero i resti della gloriosa Tina, a distanza di tanti anni dettero un altro responso.
Bisogna sapere che la nostra eroina stava aderendo al movimento anarchico internazionale e da Mosca arrivò l'ordine che non si poteva disubbidire al padre Stalin.
Stricnina, niente altro che stricnina, fermò il cuore della donna che aveva dato troppo apertamente oltre se stessa.
Il dubbio e la disubbidienza causarono la sua fine.
Morta tradita dai potenti per i cui ideali credeva avere sempre combattuto.
Poeti e scrittori e artisti seppero la verità ed onorarono almeno la sua memoria.

martedì 14 aprile 2009

LIBRI SUL SOFA' DELLE MUSE - n. 8 -

di Dario Petrolati

IL SEMPIONE STRIZZA L'OCCHIO AL FREJUS - Elio Vittorini

Ho sempre amato Vittorini come uomo, per il suo impegno politico, la stazza fisica ed i capelli corti, naso sottile quasi aquilino ed il silenzio che sempre quasi sorridente lo ha circondato senza dolersi quasi irridente nei riguardi della esistenza che pure non fu facile manco per lui.
Faceva, scriveva, pensava da puro greco, come figura immaginata nei versi di Quasimodo.
Visse alla corte del principe degli editori e di lui, oltre la dura stima, condizionò anche il pensiero alto, nella mente ove nel dopo guerra sbocciarono le più belle intelligenze che sotto la dittatura erano state umiliate.
Vittorini aveva uno stile di scrittura che quasi pareva leggere in versi la sua prosa ove posponeva verbi a soggetti e donava un piacere esotico assaporare i suoi racconti che brevi o lunghi pareva avessero ombre antiche, quasi coperte da mitica favola per grandi alla ricerca di quiete e verità.
Queste 156 paginette non so dove comprai, sono racchiuse teneramente da una copertina leggera e povera quasi celeste scolorito, erano nell'intenzione dell'editore (allora il nobile Valentino Bompiani ) opere brevi di varia letteratura.
"Il Sempione strizza l'occhio al Frejus" fu il primo volume di tale collana, finito di stampare il sette settembre del 1948 presso la Cromotipia Sormani in Milano.
Si era da poco messo in proprio il Bompiani, aveva fatto gavetta da Mondadori, volle e ci riuscì, scegliere secondo la propria cultura, sorretta da innato istinto, creare un sito ove si potesse sentire -odorare il sapore di terre mitiche e tra loro quasi inventate. Le collane che nacquero sotto il suo indirizzo sono state ricche e nobili d'aspetto quasi come oggi appaiono i Sellerio ed anche gli Adelphi, contenuti finissimi raccolti in copertine dai colori pastello che quasi si teme toccare temendo ungere o piegare tanto appaiono nella loro delicatezza.
Il libriccino su cui si dovrebbe disquisire, nel suo evolversi pare narri la storia di poveri che vivevano in periferia della Milano che stava rialzandosi dopo la sconfitta ed i bombardamenti dell'ultima guerra.
E' la storia semplice, senza luci, di gente che mangia una volta al giorno ed a volte finge di mangiare, tanta è la miseria, il nulla umile scordato .
Parlano tutti in cucina, mentre la madre conta i soldi che porta a casa il sabato, l'unico che lavora.
Tace ma il suo silenzio pesa come la mole fisica, solo il nonno, sempre chiamato e raffrontato ad un elefante che ha lavorato ovunque, fatto mestieri mitici e pesanti si da divenire simile ai pachidermi che annunciano l'arrivo del circo in città.
Gallerie e montagne, ferro piegato a mano senza attrezzi di quelli che usano i carpentieri, tutto pare esagerato, ma silenzioso, col sapore dell'erba di Lambrate non ancora divorata dal progresso, che in verità avrà altro nome quando i ricchi saranno sempre più ricchi ed i poveri troppo esigenti.
Non c'è azione avventura nel racconto, in silenzio come predestinato, il nonno enorme si alzerà per inoltrarsi nel bosco povero che circonda la casa di periferia.
Nella Foto : Elio Vittorini

domenica 29 marzo 2009

LIBRI SUL SOFA' DELLE MUSE - n. 7 -



di Dario Petrolati

"LEI DUNQUE CAPIRA' " di Claudio Magris.
La storia che lo scrittore triestino narra è semplice e complessa contemporaneamente. Risorge sempre il mito di Orfeo ed Euridice. Laicamente quasi un gioco mitologico pare racconto vero inventato spiato. E' descritto un amore totale e fallito-unione struggente e rifiutata. Lei nel buio aspetta, forte, aggiusta, suggerisce, perdona, guida il suo uomo. Amore sperduto che vaga e cerca che senza parlare lei sempre capisce e perdona anche il peccato non ancora commesso, ma che arriverà di certo conoscendo l' indole dell'uomo che sempre giurava amore. Seppure tradita sa perdonare continuamente come solo chi sa concepire vero amore quasi da madre, sorella, femmina, necessaria chè senza Euridice l' Orfeo sarebbe stato solo cantore mitologico e non avrebbe commosso alcuno. Sempre disposta al perdono quasi non servisse ad altro, che invece sa dove ha dimenticato l' oggetto per casa, non lacrima Lui, l' autore, immedesimato nella figura mitologica , ma lei la sua Euridice sempre sa e prevede per non far soffrire l'uomo che le rende visita cercando anche semmai di riportarla alla vita , fuori ove trascorsero giorni di luce. Credo che Magris con questo lungo raccontino abbia fatto un ' autoanalisi della sua personalità, ed anche se a mezzo del suo perduto amore fa risaltare i propri difetti quasi sino a rendersi ridicolo. Tuttavia la nostalgia e la debolezza maschile paiono anche evidenti esigenze, bugie, bisogni che l' uomo nella sua natura non sa nascondere. Tutto appare perduto-finito anche se lei sa già che all' uscita dell' antro egli si consolerà leggendo, scrivendo, contando anche tra le braccia di un nuovo giovane amore. Ma lei perdona chè nella sua natura donare, completare, aiutare l' uomo che senza lei sarebbe perduto. E quando ancora insiste a parole, Orfeo-Magris, nel voler convincere ad un impossibile ritorno alla vita, lei-Euridice, lo consola accompagnandolo fuori con parole di donna innamorata. Ma sa fermarsi e spinge dolcemente a nuova avventura l' amato traditore che sa più debole e bisognoso di cure, scuse, serenità. Ella sa che Orfeo cercherà felicità ancora, forse illuso o ingenuo come bambino. La luce a lei vietata aspetta l' uomo che non si gira, conosce la maledizione appesa al destino, piuttosto che pietra, la ricorderà dolente si ma sempre come donna viva. E' così con un addio non pronunciato ma inteso che Magris forse intende rendere omaggio alla moglie perduta da poco. Questo libro d'amore lo consiglio davvero. Fa pensare e misurare la differenza esistenziale tra uomo e donna.


Caratteristische e date del libro:
Titolo : Lei dunque capirà
autore Claudio Magris
Edito da Garzanti nell'anno 2006
finito di stampare in Aprile del 2006 dalla Tipografia Varese(VA)
pagine 55
prezzo al pubblico € 9,50

lunedì 16 marzo 2009

LIBRI SUL SOFA' DELLE MUSE - n. 6 -

di Dario Petrolati



Dopo tante ricerche prove ripensamenti.
Ho ritrovato Il Sipario Ducale che Volponi scrisse ,dedicando a Guido Piovene,nel lontano 75.
Libro trascurato forse dallo stesso autore, eppure dalla prima lettura che feci nella bella edizione Einaudi ricordo di aver subito provato un senso di paura e fastidio mentale, la ragione forse solo pel periodo trattato.
Geograficamente appare ancora quel tempo oscuro violento fatto di cortei bombe servizi segreti tradimenti e morti oscuri innocenti mescolati tutti col sapore di zolfo e odore di carne bruciata o sparita.
Quanti, il numero esatto mai si saprà.
Ci sono paesi e città sfiorate grigie fatte di piccole donne che in case vecchie preparano piatti di minestra calda, semplice, nella paura della eterna fuga dopo la strage le morti negate a uomini con nomi falsi forse complici ed autori della caduta "Vecchia Repubblica" costata ed ora negata.
Volponi, pare quasi non suo questo pensare ed agire, ci porta attraverso nomi di grandi città e passa per Fossombrone, Pesaro e piccoli luoghi che quasi per civetteria ci espone chè lui conosce essendo rimasto nell' anima marchigiano e di Urbino sempre fissa nella mente come se fosse madre nutriente.
Gli studenti che corrono su e giù per antiche vie e risa e grida e pizza ed una bevuta allegra in compagnia.
Riprende il viaggio la macchina grigia fatta anche di giudici e testimoni per andare arrivare in Catanzaro.
Città dolente in quegli anni che ogni volta ci appare un volto e tante sbarre in ferro per racchiudere assassini-filosofi del terrorismo, pentiti per ottenere sconti di pena.
Mai che si fermi la vettura a fare benzina è sempre in corsa come lepre fuggitiva che sente l' ombra del cacciatore toglierle la vita.
Appare anche - sempre in TV con servizi speciali smentite e giuramenti quella Catanzaro che pare fatta solo per l'esilio e dura la lotta subdola da nord a sud complici divise che avrebbero dovuto proteggere garantire.
E se fermo lo sguardo in copertina vedo due porte ed un locale squallido, una sedia vuota uno spicchio di tavolo rotondo, nulla chè il dramma o la commedia sia finita o stia per iniziare questo non si sa, è il sipario ove la storia dell' Italia minima ha svolto giorni dell'ira lasciando vincitori e vinti in pausa di riflessione dopo tanto rumore e sangue.
Non so perchè Volponi abbia pensato a Piovene nella dedica, forse ha voluto mostrare all' autore di Viaggio in Italia le spalle - il retro di quanto lo stesso paese può gettare ma che tiene nascosto per falso pudore o vigliaccheria.
Ecco forse la chiave di lettura potrebbe trovarsi anche quì: le due Italie.
Stessi luoghi morbidi paesaggi per l'autore vicentino che il marchigiano Volponi scopre in altri giorni come terra ove tremende vendette si sono succedute.
Rimane dentro lo stomaco la memoria delle grida dei pianti sconsolati allora spiace che l' anime di coloro che sono spariti nella follia feroce non abbiamo mai più avuto giustizia.
E Catanzaro ha concluso il suo compito lasciando oblio ormai che tutto avvolge.
Qualche lapide sparuta date gente frettolosa.
A Bologna come Milano una volta all'anno ci sono cerimonie bandiere ed un palco ove ancora si grida giustizia.
Fu quello un periodo che sconvolse l' intero globo, a scadenze in tante nazioni ci furono capovolgimenti totali e sanguinosi,
Grecia dei colonnelli, Argentina e Messico ed altri , tanti,furono i luoghi ove parve un impazzimento generale.
Leggere il Sipario Ducale riporta alla memoria avvenimenti che volevamo scordati.

sabato 14 febbraio 2009

LIBRI SUL SOFA' DELLE MUSE - n. 4 -



di Dario Petrolati

D' estate, molti anni or sono, bighellonavo sotto il sole agostano lungo il Corso due Giugno, a Senigallia.
Come per caso o predestinato, all' altezza della Libreria Sapere il signor Rodolfo Colocci mi chiamò.
Non avendo confidenza restai fermo impalato in mezzo alla strada vuota, dopo poco o molto, ora non posso ricordare, il signor Colocci mi tese un libro in regalo, così come si dice buon giorno o arrivederci, con gioia ed emozione.
Era una edizione mai vista con copertina rosa confetto fatta in economia.
Il famoso libraio, mi spiegò che aveva quell' unica edizione, sempre nascosta, chè durante il regime era l' autore ed il libro in particolare, severamente vietato.
L'editore : Bietti, l'autore Jack London, il titolo, Il Tallone di Ferro.
Era un libro dall' aspetto veramente economico fabbricato con carta povera e privo d' aria, si vedeva ad occhio nudo che era stato sempre nascosto, in ombra.
Il signor Colocci mi spiegò che era la storia ed il pensiero politico sociale dello scrittore americano da lui più amato.
E Jack London che io conoscevo per autore di libri d' avventure divenne allora e da quei lontani giorni d' agosto, un qualcosa di intelligente-sofferto, politicamente inimmaginabile, una coscienza ribelle-inquieta che sempre lottò per la liberazione degli sfruttati , la mai raggiunta uguaglianza tra le classi sociali.
Ebbe London una vita avventurosa sempre imprigionata ad ideali socialisti che all' epoca in cui fu scritto Il Tallone di Ferro suscitò clamori per l' arditezza del soggetto e la parte non nascosta per cui protendeva lo scrittore
Pare che Lenin e gli altri artefici della Rivoluzione di Ottobre fossero molto attirati dallo stile ed il così detto contenuto dell'opera.
Trattasi quasi di autobiografia poco romanzata bensì gridata tra folle di minatori logicamente sfruttati ed istintivamente ribelli al despota padrone.
London scrisse tantissimo, sempre finchè visse, e solo 40 anni durò la sua avventura terrena, teneva una media di circa 2.000-duemila parole quotidiane.
In mare, ove visse giorni inquieti, ma sempre volti al pensiero di lotte dure-ferrose per la parità di classi, e lungo gli sguardi di terre lontane tra venti che ricordano anche Melville, pare abbia subito , forse inconsciamente, la malattia che lo disfece così presto.
Ho fatto rilegare Il Tallone di Ferro presso i frati dell' Abazia di Praglia, gli stessi che hanno salvato i tesori di Firenze e Venezia dopo le grandi alluvioni, ora ha una robusta copertina marrone simil pelle con i caratteri dorati, ma dentro è rimasto tutto il libro originale con la buffa quasi copertina della Bietti, qualche scarabocchio a matita per evidenziare passi che m' interessavano.
Credo sia una storia da conservare non tra la narrativa, ma da posare tra libri di storia vissuta, politica, ove deve trovarsi anche, se non erro, Martin Eden, chè Jack London per sempre combattè e perse fisicamente una lunga fuggevole battaglia contro le ingiustizie che agli angoli del mondo governano i destini dell'umanità.

FOTO (tratta dal web): Jack London