domenica 8 settembre 2013
Galleria Fotografica dell'8° Premio di Poesia Cesare Vedovelli : Finalisti, premi, palco ed organizzatori.
venerdì 9 settembre 2011
Svolta a Senigallia la premiazione del VI concorso di poesia "C. Vedovelli"

Tre le sezioni, sette i premiati, venti gli attestati, tantissimi i poeti partecipanti
Prima di tutto le cose belle, poi in fondo le "critiche", che poi critiche non sono, perché non si possono o meglio non si devono fare osservazioni polemiche a chi mette tutta la propria passione ed il suo tempo libero su quello in cui crede, ama ed infine realizza. Quindi solo rispetto ed ammirazione, verso tutti coloro che con la loro opera, qualunque essa sia stata, da quella manuale a quella più intellettuale, hanno partecipato alla realizzazione di questa Sesta edizione del Concorso di poesia Cesare Vedovelli.
Mi ero ripromesso di non fare nomi, invece quasi senza volerlo mi ci vedo costretto. Chiedo però scusa fin d’ora a quanti involontariamente per dimenticanza o proprio per il mio ignorare, tralascerò di nominare.
Impossibile non iniziare quindi con Oliviano Sartini, il Presidente dell’ACLI di San Silvestro, che ha tenuto a sottolineare come ogni qual volta si ricorda Cesare Vedovelli, si commuove, perché era uno della famiglia della piccola comunità di San Silvestro.
Operativa manualmente, organizzativamente, intellettualmente, ma sempre distante dalla scena principale che lascia ad altri, Anna Maria Bernardini, artefice indispensabile per la realizzazione di ogni edizione. Rubo solo una frase del saluto del Sindaco Mangialardi che calca a pennello questa figura: "... non è difficile costruire un evento, il difficile è poi proseguire...", e se siamo arrivati alla VI° edizione, qualche merito, Anna, lo avrà di certo.
Non posso dimenticare l’eloquio forbito, la malleabilità nelle varie dizioni dialettali regionali, del Presidente di giuria Antonio Maddamma, il tutto con l’ "aggravante" della sua giovane età.
A questi pilastri "Vedovelliani" non va dimenticato di aggiungere il nome di un altro celebre poeta concittadino in veste, qui, di co-presentatore di questa edizione: Mauro Marcellini.
Malgrado cerchi di passare inosservata altro personaggio di spicco di questa festa della poesia, anche lei membro della giuria, Valeria Bellagamba, curatrice letteraria nonché poetessa.
A declamare le venti opere finaliste in modo impeccabile e professionale, si sono alternate: Laura Mosconi, Elena Principetti, Maria Vittoria Chessa, Anastasia Ramazzotti.
L’accompagnamento del sottofondo musicale è stato affidato al musicista che si è autodefinito "cantante della doccia che appena svolto il lavoro lì ritornerà": da tutti conosciuto in arte semplicemente come "Baldo", ma all’anagrafe registrato, sembra, con quello di Gabriele Baldini.
Dicevo che venti sono state le poesie segnalate di cui dieci nella sezione dialetto e dieci in quella della lingua italiana.
Questi i lavori premiati, i loro autori e la motivazione:
DIALETTO
1° "RazeJelle" di Michele Micunco di Altamura (BA)
"Struggente poemetto sull’abbandono, quello più doloroso. La vita racchiusa in un giorno, non diverso dai tanti altri trascorsi "senza na stòrie" insieme, eppure il giorno che chiude una vita, il cui ricordo condensa, come su un vetro, l’alone dei sogni ancora aperti".
2° "Ucchiuzzi birbanti" di Giuseppe Bellanca di San Cataldo (CL)
"Canzonetta di infinita grazia e compostezza, densa di preziosismi fonici e stilistici, capace di soffondere in tono elegiaco i sentimenti già lievi, ora gravi, di una innocenza strappata".
3° "Fiùm ch’avònta" di Daniela Gregorini di Fano (PU)
"Poesia dal ritmo di una canzone popolare, come popolare è la saggezza che vi è racchiusa e la sferza della denuncia, fatta della stessa corda del fiume umanamente offeso".
LINGUA ITALIANA
1° "La porta socchiusa" di Rodolfo Vettorello di Milano
"Poeta di ispirazione classica, tradizionale nella metrica, antinovecentista nella prassi, su quella linea che da Leopardi e Saba conduce a Sbarbaro, Rodolfo Vettorello, con la "porta socchiusa", ci ha offerto un miracolo raro di bellezza".
2° "Visioni a Istambul" di Giacomo Giannone di Torino
"Elegante poesia di fascinazione orientale, pienamente simbolista, nella quale astrazione e metafora sconfinano arditamente nell’allegoria".
3° "Su un unico binario" di Letizia Greganti di Marina di Montemarciano (AN)
"Se la vita ha compagni di strada, compagni non ha, di strada, il pensiero: "...è un treno che va / entro e oltre il mondo / avanti, indietro solitario / su un unico binario / senza scambio / e un solo passeggero". Parola d’autore".
Qualcuno si chiederà: "e la sezione RAGAZZI?" Il premio quest’anno è andato ai ragazzi della scuola elementare (o primaria si dice oggi??) G. Pascoli di Senigallia. Un premio speciale a questa classe coordinata dal prof. Luciano Montesi, "per il lavoro collettivo di teoresi e prassi della poesia, felice incontro, da sempre, di genio ed arte".
Un prof. che, grazie anche all’amicizia, io continuerò a chiamare "sor maestro", che non definisco coordinatore, bensì insegnante concreto, genuino, anticonformista e anticipatore dei tempi. La sua genialità è stata quella di importare poeti adulti a scuola esportando le poesie fresche ed attuali dei suoi alunni. Il merito di questo successo va alla sua perspicacia, ma anche alla disponibilità dei poeti concittadini ormai affermati come Simone Tranquilli (in arte Quilly), Leonardo Barucca e Enrico Dignani, resisi disponibili nel tenere lezioni di poesia nella lingua "bambinesca", destando il piacere e la curiosità verso quest’arte.
Cosa facile, fino a poco tempo fa, solo per Luciano!
Ultimo nome che volevo e dovevo fare, ed ultimo non certamente per importanza, è quello di un altro amico di Vedovelli. Quello di Lorenzo Marconi, colui che fornisce i premi di alto artigianato senigagliese quale la bottega dell’Orientexpress.
E siamo giunti così alla fine...Dicevo non critiche, assolutamente, ma solo alcuni benevoli suggerimenti, formulati da chi forse, anche per via dell’età, rimane attaccato romanticamente alle cose passate... Ricordo con piacere, anche se scomode, le panche della ex scuola elementare, le edizioni scorse lì all’aperto sotto il cielo stellato, nelle calde serate, ma programmate alle 21, sempre più fresche di quelle organizzate al chiuso, alle 17, in una stanzetta che non riesce più a contenere il folto pubblico. Fa male vedere persone che vorrebbero entrare e non possono!
L’assessore Stefano Schiavoni, nel suo saluto, ha detto giustamente tra l’altro che "la cultura è quella che esprime il territorio, ed è su questa base che poi nasce la Cultura...". Quindi cultura del territorio, quasi come qualche cosa da custodire gelosamente per poi lievitare ed essere divulgata.
Però poi Maddamma parlando del numero delle presenze che hanno partecipato a queste edizione e che sono venute dall’Italia, ma anche dall’estero, dal nord come dal sud, è stato lapidario con il suo "casa nostra è una sola: è la poesia!".
Fa sì che ad uno venga allora da chiedersi che cosa vorrà fare da grande, se fermarsi qui o guardare avanti. Immagino che la risposta sia progredire. Ed allora ritengo che sarà opportuno rivedere alcune cose: logistica, acustica, orari, validità del premio sezione dialettale.
Ora è aperto a tutte le regioni, ma la traduzione in italiano di un dialetto, diciamocelo francamente, perde "aroma" e diviene come bere un caffè freddo e fatto con un surrogato. Quegli applausi fiacchi, carichi solo di gentilezza, sono il frutto dell’incomprensibilità dei loro contenuti. Allora non sarebbe meglio rendere obbligatoria la partecipazione e la lettura da parte degli stessi autori (almeno di quelli premiati)? o in seconda ipotesi rendere aperta la partecipazione solo a quelli regionali o delle regioni confinanti (più comprensibili)?
Comunque sia, sono queste, solo osservazioni formulate dal solito "brontolone", mentre a voi tutti, invece, vanno nuovamente i miei apprezzamenti per quanto ogni anno riuscite a fare, regalando alla città quella cultura necessaria per crescere e vivere, migliore sicuramente di quell’aria che oggi respiriamo.
Questi i commenti dei lettori di 60019.it
Scritto da Laura il 06/09/2011 ore 14:32
sono una sola, mi inginocchio sui ceci e mi batto il petto (più del dovuto) dopo questo solenne mea culpa, hai i soldini per venirmi a trovare?? :-) sono sicura che il caribù ti piacerà! :-)))
premio Vedovelli
Scritto da enrico dignani il 07/09/2011 ore 16:44
é un interessante sguardo sul vario territorio del Comune di Senigallia, sulle colline marchigiane e le comunità che le abitano, l’adattamento degli usi e costumi appare lento e in cerca di modalità dello spirito discrete e funzionali. Doverosa e benemerita credo la presenza Sindaco e l’assessore alla Cultura li dove lo spirito cerca di farsi laboratorio, occuparsi di poesia non è facile e la frazione di S. Silvestro lo fa e crea attenzione,cosa può voler di più il buon senso non saprei.Bella serata con tanti amici e belle coscienze. Grazie
giovedì 10 febbraio 2011
Presentato il volume "I poeti dialettali di Senigallia"

… forse una speranzosa promessa: al primo volume, si vorrebbe farne seguire un secondo!
Sul tavolo posizionati sul palco, i "padri" di quest’opera snella ed essenziale, che serve e servirà a non disperdere nel dimenticatoio, opere ed artisti di una Senigallia che però va inesorabilmente scomparendo. La speranza e l’augurio che ciò non avvenga appartiene a desideri partoriti solo da menti volutamente retoriche, e lo dico con rammarico, felice se dovessi sbagliarmi.
Il presidente dell’Associazione Culturale La Fenice, nonché valente declamatore di alcune delle poesie contenute nel volumetto, Angelo Cicconi Massi, ha sottolineato come il pubblicare di questi tempi sia inteso come quasi una pazzia. Però è proprio per questo che aver trovato degli sponsor che appoggiassero questo progetto, è ancor più un motivo di orgoglio.
Si auspica di poter presentare un secondo volume, anche per poter inserire nomi ed ulteriori poesie, di chi è stato lasciato fuori involontariamente, per semplici ragioni di scelte, trattandosi questa di un’antologia che solitamente lascia strascichi polemici.
Domenico Pergolesi, il curatore del libro nonché altro lettore di alcune delle poesie in esso contenute, ha spiegato la nascita di questo volume che parte da Nicola Leoni con i 38 sonetti che compongono il poemetto "La bella Cast’lana". A Leoni sono poi stati aggiunti altri 16 colleghi artisti di grande valore.
A presentare ogni poesia prima della sua lettura è stato il Prof Giuliano Bonvini, che come ha tenuto precisare, lo ha fatto con la semplice impressione di un lettore qualsiasi. Da non intendersi quindi la sua, come una critica, o ancor meno, come un giudizio. Per lui il dialetto non va inteso come lingua minore, ma è la lingua della nascita tanto più che le Marche, regione al plurale, ha al plurale anche i suoi dialetti. La provincia di Pesaro con l’influenza romagnolo-emiliana, quelle di Ascoli e Macerata con quella abruzzese e Senigallia che posta al centro, con il proprio, a fare da dialetto di Frontiera. Simpatica la sua definizione di Leoni e del suo poemetto che lo paragona ad un Pascarella Senigalliese e la sua "La bella Cast’lana" alla "La Scoperta de l’America".
I valenti dicitori meritano una più che giusta citazione, ed allora come già ricordato, Angelo Cicconi Massi e Domenico Pergolesi. A cui si sono aggiunte le voci dell’unica dicitrice al femminile Patrizia Graziosi, il cui cognome è stato anche sinonimo di garanzia ai fini interpretativi. Ultimo, ma solo nell’ elenco, perchè i suoi valori di artista dialettale non sono solo conosciuti, ma apprezzati in modo entusiasta da tutti i senigalliesi ad ogni sua rappresentazione: Renzo Colombaroni, cosa che ci ha confermato anche in questa occasione.
A chiudere la serata Leonardo Badioli che ha illustrato l’acquaforte di Franco Fileri tirata in sole 50 copie. Un abbinamento pittura e dialetto, perchè entrambe nascono dal cuore. E come giusto che sia, almeno una semplice menzione agli sponsor che si sono resi disponibili finchè quest’opera "vedesse la luce": Comune di Senigallia, Banca Marche, Eurogas, Fiorini Industrial Packaging, Kiwanis Club, Lions Club, Rotary Club.
Questi i commenti dei lettori di 60019.it:
Scritto dall' I.P. 87.15.90.158 il 09/02/2011 ore 13:53
manca Quilly
sabato 16 ottobre 2010
REALTA' POPOLANE ATTRAVERSO VERNACOLO E MUSICA







di Franco Giannini
Le Foto, invece, sono state "rubate" al poeta, ma non solo, Simone Tranquilli in arte Quilly da FB e con il quale mi scuso per la mia sfacciataggine, ma che doverosamente e sentitamente ringrazio, anche per avermi immortalato con alcuni primi piani.
dall'alto verso il basso e da Sx a Dx: Il "tavolo di lavoro", il ripasso, un giornalista d'assalto, la redazione di 60019.it, una veduta del pubblico, il complesso 4 cani, un loroprimo piano.
...una serata di poesia vernacolare tra serio e faceto !!
Come giustamente sottolineato da Simone Tranquilli, in arte "Quilly", non si è ancora compreso bene se fosse la musica a fare da supporto alla poesia o viceversa.
Fatto è che le sensazioni che lo spettacolo ha trasmesso, sono state quelle di un continuo passaggio tra la piacevolezza della musica, la riflessione che certe liriche hanno procurato, per passare poi a certe poesie che hanno suscitato invece l' ilarità con battute popolane, ma cariche di quelle verità giornaliere, che poi riportate in pubblico, ci fanno riconoscere e sorridere dei nostri stessi pregi e difetti.
Antonietta Calcina, Simome Tranquilli, Andrea Scaloni, Leonardo Barucca, i poeti e dicitori, a cui si è aggiunta la voce recitante di Anna Maria Bernardini che ha preso in prestito una poesia dell'indimenticabile Antonio De Curtis, in arte Totò, per declamare in napoletano " 'A Livella", ed a cui ha fatto poi seguire, nel suo originario dialetto, il romanesco, quasi a suggellare un gemellaggio con Senigallia, due sonetti di Trilussa. Belle le poesie, come altrettanto lo sono state tutte le interpretazioni.
Quilly, Andrea, Leo,... 3 amici che ho conosciuto attraverso le pagine del Web, ed anche la Sig.ra Antonietta che ho conosciuto, lei neppure lo sa e forse lo verrà a conoscere solo ora, se avrà modo di leggere queste righe, sempre attraverso il Web, quando ho scoperto che era la mamma di un'altra amica della rete e di Cittadinanza Fattiva : Laura Pacchiarotta (Pacchy). A loro tutti va un dovuto grazie, come anche va indirizzato alla madrina di questa iniziativa che è l' Anna M. Bernardini e al circolo ACLI di San Silvestro, attraverso la persona del suo Presidente Oliviano Sartini che con il suo sostegno ha patrocinato questo evento.
“Staccia minena”
di Leonardo Barucca
Staccia minena
co’ è ch’ farin’ da cena,
ch’ babbo è andat’ in guerra
e nun artorna più.
J han dett’ “Va malagiù,
va giù a purtà la pac’ ”
e in pac’ ade’ ce lu.
E tu nina d’ nonna
manch’ ‘l cunusc’rai
e nun c’ pudrai piagn’,
perché è fatiga a piagn’
sa na fotografia
e na m’daja e ‘n brett’.
Staccia minena
co’ è ch’ farin’ da cena,
farin’ i maccaron’
p’r babb’ e p’r nunon’,
p’r tutta la cumpagnia.
La cumpagnia s’è sciolta
squajata da l’ bomb’
e babb’t ‘n l’arporta
manch’ ‘l bambin’ Gesù.
Diceva: “ ‘l fo’ p’r lia,
p’r sta fiulina mia,
si parti vuluntari’
t’aument’n’ ‘l salari’.
In fin ‘nn è un m’stier?
Com’ fussi ‘n carp’ntier,
n’idraulich’, ‘n sartor’,
barbier’ o murador’.
E po’ miga vo’ in guerra,
no’ sem’ un corp’ d’ pac’.”
Ecca! Tu guarda invec’
ch’ fin hai fatt’ fiol mia,
quej li sta pac’ tua
nun l’hann’ vuluta cred’.
E sta fiulina bella
che rid’ sopra i ginocchi
da granda c’avrà i occhi
più bej d’ la cità,
e tu ‘n la pudrai ved.
Farin’ i maccaron’
p’r babb’ e p’r nunon’,
p’r tutta la cumpagnia.
Ma la nina…
butt’la via.
Staccia minena
co’ è ch’ farin’ da cena,
ch’ babbo è murador’
e nun artorna più.
J han dett’ “Va malasù,
e smonta ch’ l’ ternit’ ”
e lu è cascat’ giù,
punto. Nicò f’nit.
E tu ninin’ d’ nonna
manch’ ‘l cunusc’rai
e nun c’ pudrai piagn’,
perché è fatiga a piagn’
l’ cronich’ d’i giurnaj,
na canutiera stroppa,
e ‘n par d’ guanti giaj.
Staccia minena
co’ è ch’ farin’ da cena,
farin’ i maccaron’
p’r babb’ e p’r nunon’,
p’r tutta la cumpagnia.
I cumpagni hann luccat’,
chiamat’ ma l’ambulanza
pr’gat’, biastimat’,
ch’ sempr’ la sp’ranza
è l’ultima a murì.
Diceva: “ ‘l fo’ p’r lu,
p’r st’ fiulinn’ mia.
Vò in alt’ e staggh’ atenti,
ma ‘nn’è ch’ poss’ durmì.
Si ved’n’ ch’ sei svelt’
t’aument’n’ ‘l salari’:
i afari ènn sempr’ afari.
E po’ miga vo’ in guerra,
fò sol’ ‘l murador’.”
Eri un ragazz’ d’or’
ch’ fin hai fatt’ fiol mia.
Dulor’ sopra ‘l dulor’
sapè ch’ qualchidun’
dirà ch’ “si però
capac’ ch’era drugat’,
capac’ ch’aveva but’ ”
che insomma è colpa tua.
E st’ fiulin’ machì
che m’ rid’ ‘n‘tra i bracci
da grand’ sarà ‘l purtier’
d’la sguadra d’ la cità,
ma tu nun ‘l vedrai.
Farin’ i maccaron’
p’r babb’ e p’r nunon’,
p’r tutta la cumpagnia.
Ma ninin…
butt’l’ via.
Commenti di lettori su 60019:
m' vien da piagn'
Scritto da Maurizio Tonini Bossi il 16/10/2010 ore 23:58
Al'iniz' ho ris' ma dop' ?! è robba ch' m' mett' a piagn'... io, c'ho vcissut' al Port' e c' c'ho 3 fioi che, no pr me, vurria campà 200 anni .- Grazie Roberto
lunedì 30 novembre 2009
DOPO QUASI 30 ANNI DI NUOVO A SENIGALLIA SPARTERO CUTANELLI

Ma chi conosce la Sig.ra Tenenti Moroni e le sue opere, dava per scontato la bontà dei suoi insegnamenti, la sottolineatura dei difetti degli uomini. Quindi quello che più c’era da analizzare era solo il cast con uno Spartero riproposto dalla compagnia ‘L GRUPP’ DIAL’TTAL’ S’NIGAJA. Com’è logico che sia, l’interprete principale è quello che riceve sempre più consensi, perché solitamente “sfrutta” maggiormente le battute ad effetto che l’autore ha costruito sul personaggio più in luce. Ma questa potrebbe essere anche un’arma a doppio taglio, perché tende anche a porre gli occhi di un pubblico attento, esaminatore e giudice inflessibile. Ma l’arma puntata sullo SPARTERO CUTANELLI, alias Renzo Colombaroni, è risultata assolutamente innocua. I tempi delle battute, gli spazi di silenzio, i toni di voce, la camminata sul palco, il modo di sedersi, i monologhi, i passaggi dal comico al serio, sono stati elementi che mi hanno gratificato veramente. La sua partecipazione non si circoscrive però solo sull’ottima recitazione, bensì va più in là, essendo riuscito a fornire le battute ai suoi colleghi prima come regista fuori del palcoscenico, ma soprattutto “sul palcoscenico”, fornendo i tempi di entrata anche ai suoi colleghi meno esperti, che hanno dimostrato, proprio quando lui era fuori scena, qualche indecisione. E’ una mia idea personale, ma in qualcuno di questi ho notato troppo il “recitare” e poco la “naturalità” di Colombaroni. Il Peo Giambenedetti finale, nelle vesti comiche della baby sitter, sono stati minuti di verà illarità. Come discrete sono state le innumerevoli variazioni di tema della figlia di Spartero nelle vesti di Angiolina.Altra positiva sensazione mi è stata fornita dalla cura data alla scenografia, sobria ma rifacente ai tempi passati: la macchina da cucire, l’orologio a pendolo, il macinino, il tavolo, le tendine con i merletti sulla vetrata della credenza. Piccole cose che però indicano la cura e la passione di tutti coloro che solitamente lavorano in un anonimato “dietro le quinte”.Se dovessi dare un voto al tutto, proporrei un globale 7, da cui andrebbe escluso Spartero la cui rappresentazione meriterebbe un 8. Però sono convinto che nelle prossime rappresentazioni di venerdì e sabato, con il superamento dell’emozione da parte di tutti i protagonisti, le votazioni tenderanno sicuramente ad una lievitazione verso l’alto.Concludendo, un piacevole, sano, spettacolo di tre ore allegro e che alla fine lascia uno spiraglio anche per sdraiarsi a letto e farsi esami di coscienza… sia per gli anziani che per i giovani, che raccomando a quanti sono ancora indecisi se presenziare o meno.