giovedì 26 luglio 2018

I Ricordi sono come le ciliegie, uno tira l'altro...

Le Ginestre viste da Pietralacroce


Poi se ti “azzardi” a pubblicarli su FB, ecco che trovi sempre l'anima buona chein un modo o nell'altro ti aiuta in questo tuo migrar nei tempi andati... Uno di questi è MAURO OSSIDI a cui va la mia riconoscenza per la sua disponibilità. 

Mi corre quasi l'obbligo, prima di avventurarmi su questo percorso, di fare una premessa: non sono assolutamente un cacciatore di un "Mi piace" dal buonista di turno, ma una persona sincera a cui fa piacere, questo perché no, di essere letto e magari anche criticato. Se dovessi riuscire a mantenere la vostra attenzione fino in fondo, senza annoiarvi con le mie parole, se durante la lettura non dovreste avere problemi di mal di mare (poi leggendo comprenderete il perché dico ciò, se la crema solare vi avrà evitato scottature, se (ma qui il "se" è superfluo in quanto ho la certezza) le foto di Mauro Ossidi vi faranno respirare, seppur virtualmente, l'aria di mare e se questa, a sua volta, vi risveglierà l'appetito, allora questo è il momento giusto per prendervi una pausa ed andarvi a mettere a scaldare l'acqua per cuocere due spaghetti allo scoglio, anch'essi virtuali purtroppo, non avendo, immagino, al momento gli ingredienti principali. Perché la pausa ?vi chiederete. Semplicemente perché - e giuro sperando che non vi suoni come una minaccia - significherebbe che il mio obiettivo è stato centrato. Ovvero, quello di aver destato il vostro interesse concedendomi l'autorizzazione a  continuare a descrivere questo viaggio che sarà anche virtuale, ma che mi ha richiamato (e voglio sperare vi richiamerà) alla mente veritieri ricordi e bellissime emozioni. Grazie per l'attenzione e buona lettura.

Navigando, e qui mai termine fu più appropriato, sulle pagine di Facebook, mi sono imbattuto in una foto, scattata e postata da chissà chi, raffigurante la “Grotta Azzurra” locata ai piedi della falesia su cui poggia il quartiere anconetano de La Panoramica. Un rione diciamo delocalizzato di quel Quartiere Adriatico (Viale della Vittoria) denominato (parlo dei miei tempi!) come “el riò de la fetina”.
La Grotta Azzurra
A portarvi giù, un sentiero molto scosceso, largo appena una cinquantina di centimetri, perennemente franabile e quindi per la somma di queste difficoltà, da considerarsi pericoloso. Almeno quando io lo percorrevo era così e proprio perché presentava questa serie di difficoltà, l'incoscienza giovanile mi portava a non tenerne conto, pensando solo a quello che avrei trovato alla sua base : mare cristallino, profumo di scoglio, assenza di quella sabbia che se da un lato protegge i piedi dai tagli delle pietre, da un altro, fatto il bagno, ti si appiccica addosso finché non ti fai una doccia, e poi non devi fare centinaia di metri prima di poter dire con piacere " Ohh!!!...qui nun se toca!!".
Raccontavo, che in loco "possedevo" una grotta in muratura scavata sul fianco della falesia,
Ecco com'è o come dovrebbe essere
l'interno di una grotta
(quella che compare nella foto non è la mia!) dotata di quei comfort (parlo degli anni '56-'60 circa) che allora passava el “cunventu”, ma di cui, senza alcun sforzo ci si accontentava.
Però intanto il tam-tam sulle pagine di FB era risuonato, partito ed ecco che subito un mio omonimo, Massimo Giannini, non parente e che non ho mai conosciuto personalmente - mi è solo "amico" sulle pagine di FB -, mi pubblicava e condivideva con me la foto
Il Dinghy di cui si parla
di una barca (non lo so se sua, ma immagino che lo fosse o lo sia), un classe “Dinghy” completamente in legno e con tanto di vela issata, scattata sotto le grotte del Passetto.
A sua volta, non chiedetemi come, dove e perché, non saprei soddisfare la vostra curiosità, sono state commentate da diversi altri naviganti di Rete tra cui un certo Mauro Ossidi, che, ho scoperto poi “ficcanasando” sulla sua pagina - lo sport principale di chi naviga in Rete , - questo il link della sua pagina -, https://www.facebook.com/Mauro.Ossidi/ dove ho potuto ammirare le sue innumerevoli foto ivi  postate dell'intera Riviera del Conero. (Le foto pubblicate qui si possono ingrandire con un semplice click, ma consiglio di andarle a vedere direttamente sulla sua pagina )
Premetto che non si tratta di un'incensazione organizzata, in quanto anche questo Mauro Ossidi non lo conosco di persona, tanto più che abitiamo io a Senigallia (seppur con i natali ad Ancona, dove ho abitato fintanto che “Terry” non mi ha scacciato) da ben oltre quarant'anni, e lui credo ad Ancona. Quindi ciò che mi ha indotto a parlare di lui, dopo aver visionato la pagina e le sue foto, è stata solo la scoperta della passione che entrambi nutriamo per questo nostro mare e per l'intera costa del Conero. 
Una "Riviera" su cui sono incastonate perle di bellezze, mi arrischierei a dire un po' da spaccone, come sanno esserlo qualche volta gli anconetani, quasi uniche.
Premetto e sottolineo subito, onde evitare malintesi, che le foto qui postate (salvo un paio) e del resto tutte giustamente firmate, sono frutto del lavoro artistico di Mauro Ossidi e che io mi sono solo permesso di “rubare” - dopo una sua autorizzazione - abbinandovi queste due righe di ricordi o corredandole di semplici didascalie.
Ora sono qui a parlare d'immagini, scorci, scatti fissati da un attento obiettivo, che mi hanno svelato i veri valori di questi gioielli. Preziosità della natura che avevo visto innumerevoli volte frequentando queste località e che per questo credevo di conoscere, ma che, in effetti, solo oggi ho potuto appurare in quale modo superficiale le avessi osservate. L'occhio dell'artista infatti è quello che non vede, ma osserva, studia, particolareggia. Ed il frutto del suo lavoro ha fatto si che mi soffermassi a riflettere con più calma e serenità come queste foto richiedono se non addirittura, impongono. Da giovani, qual' ero allora, si sa che certe qualità paesaggistiche ed artistiche non si riescono né a vedere, percepire ed apprezzare, in quanto si è magari colpiti da altre visioni paradisiache, ma meno paesaggistiche.
Mauro Ossidi con la sua pagina, almeno con me, è riuscito in un' impresa che sembrerà facile, ma credo non lo sia: quella di ammorbidire e scacciare la superficialità di chi guarda, ma non osserva. Per tanti anni sono stato colpito anch'io da questa “malattia”: la superficialità, che ha alloggiato in me, ma che, in questo caso specifico, è stata curata scorrendo queste foto che non meritano di essere sfogliate, bensì centellinate come un buon vino D.o.c. Ed allora suggerisco, dopo la “sorsata” di un'immagine, di far seguire a chi si vuol prestare a questo gioco, di socchiudere gli occhi, lasciandosi andare a ricordi ch' essa farà risalire alla memoria sempre più numerosi e precisi.
Nella presentazione della sua pagina 
Già la presentazione, invoglia a sfogliare
Mauro Ossidi le definisce e si definisce :”modeste foto amatoriali,... non cercate foto belle, non sono un gran fotografo ne ho grandi mezzi...ma queste mie foto raccontano il mio mare e la mia terra! “.
La seconda parte dell'auto presentazione sarà anche vera, quanto è certamente "bugiarda" la prima. Il termine bugiarda lo uso logicamente in tono scherzoso, perché immagino dettato da quella ritrosità, da quella modestia, solitamente patrimonio degli Artisti inconsapevoli delle loro qualità. Essi, i fotografi nel nostro caso, senza saperlo, nel loro DNA posseggono l'Arte di vedere per primi, quello che gli altri (i secondi) non vedono. Saranno poi gli stessi secondi, alcuni di loro con un' apertura mentale più predisposta che riconosceranno ed apprezzeranno il valore dell'immagine fermata da chi di loro più sensibile, altri, invece, orbi e supponenti, magari battezzeranno l'opera con un secco “ecchecevole”. Costoro, poi puntato poi il soggetto dell' ecchecevole, faranno seguire il click senza rendersi minimamente conto che oltre che copiare un'immagine ne stanno “rubando” il valore maggiore... l'idea
Questa è solo arte e professionalità... ma quale dilettante ?
Ossisi, si definisce uno che “non ha grandi mezzi”, come se fosse unicamente il modello o ancor più il prezzo della macchina fotografica a fare di questo un Artista.
E' il “Manico”, cari signori, invece la cosa più importante. Quella cosa che non la si compra, perché o la si possiede naturalmente o risulterà irreperibile in qualsiasi emporio la si vada a cercare per l'acquisto. Questo valore pone una barriera invalicabile tra chi Artista è nato e chi non lo sarà mai. L'Artista, anche con una scatola di sardine, è in grado di immortalare con un click, qualsiasi cosa, mutandola da semplice immagine ad opera d'arte.
Colui che invece non lo è e non lo diverrà mai, seppur in possesso ed ostentando in mano gioielli quali una Nikon, una Canon, un' Hasselblad o altro, potrà eseguire al massimo una buona foto, ma nulla di più.
A parte il fatto, e credo che Ossidi concordi con me, che la cassa della macchina ha un valore relativo, mai importante quanto la bontà dell'obiettivo che essa monta, o meglio ancora della lente incorporata. Infatti nel mercato dell'usato si può incontrare il furbo che ti venda l'obiettivo di marca (a cui ha smontato la lente di valore) sostituendola con una di minori qualità. Perché chi mastica un po' di commercio della fotografia riesce a distinguere, non dico un'artista, ma l' appassionato fotografo dal dilettante allo sbaraglio, già da come impugna la macchina, da come la fa ruotare in mano, da come anteponga la marca del corpo macchina marca da quello della lente che l'obiettivo monta !!
Se fossi un critico fotografico, mi sarebbe interessato conoscere la marca della macchina usata da Ossidi, le lenti usate, asa, din, fuoco, tempi di esposizione e quanto di altro serve per poter giudicare,... se fossi, ma purtroppo non lo sono e tra questi dati tecnici mi sarei smarrito irrimediabilmente svelando quello che invece realmente sono !
Ed allora, io, uomo della strada, non giudice quindi di un concorso di fotografia, confesso di essere stato folgorato non certo dai mezzi tecnici, ma esclusivamente dalla bellezza di certe immagini che mi hanno procurato l'incaponimento della pelle. 
Ovvero... quando un dilettante supera
il professionista
Le foto di Ossidi mi hanno quasi obbligato a soffermarmi su particolari che io, seppur come già detto fossi un abituè di quei luoghi, non ne avevo notato i pregi.
Sfogliando questo suo album di foto scattate in tempi diversi, in località diverse, mi ha fatto ricostruire mentalmente un percorso fatto alla riscoperta di quella Riviera del Conero, conosciuta seppur sconosciuta. Ricordi che ora vorrei condividere con coloro che navigheranno su queste pagine, invitandoli tutti a bordo di una barca da diporto virtuale, assolutamente esenti, quindi, da mal di mare, scuffiate, marosi.
Ed allora tutti a bordo, tanto è tutto a gratis.
Facciamo finta di aprire e stendere sul tavolo a fianco del timone, la mappa della Riviera del Conero con tracciato il nostro itinerario.
Si parte, dunque, per il viaggio alla riscoperta del mare, della terra, dell' aria (oggi ad aiutarci avremo anche i droni), in compagnia del vento che accarezza le vele e della musica dello sciabordio dell'acqua sulla chiglia: un misto tra poco reale, ma tanta fantasia.
Le stazioni che toccheremo, sono l' Uscita dall'abbraccio dei due moli del porto di Ancona, i Cantieri Navali, le Rupi del Cardeto, la Grotta Azzurra, Il Passetto, La Piscina, Pietralacroce, la Vedova, il Trave, Portonovo, Sirolo, Numana...
Le stazioni non avranno una rotta prestabilita dalla linea tracciata sulle carte, perché bordeggeremo a seconda di dove ci porta il vento, ovvero di come sono state postate le foto che mi sono permesso di selezionare seguendo solo un mio gusto personale, condivisibile o meno. Ma la pagina di Ossidi su FB è molto più completa.
Porto  di Ancona : Molo Nord
La Lanterna Rossa
La foto della “Lanterna Rossa” posta a segnalare ai naviganti, la presenza del Molo Nord è l'emblema dell'Uscita dal porto di Ancona, di un molo dove è nata la zona industriale, dove c'è la "Fiera della Pesca" (almeno così era chiamata una volta), dove svettavano i Silo adibiti alla conservazione dei cereali scaricati dalle navi. 
I Silo del Molo Nord
La barca continua ad andare avanti, ma i miei ricordi si fermano per un istante in quel Molo dove una volta si sbeccavano e si lasciavano spurgare le “crucete” (in italiano garagolo) della loro bava, in cesti di vimini, perché, in quegli anni, l'acqua lì, era pulitissima. Le crucete così chiamate in vernacolo anconetano erano definite “brute, ma bone”. Brute per la loro spigolosità del guscio e bone, per la gustosità del "ciciolo", sia se mangiate crude (almeno una volta lo si faceva, ma oggi, visto il globale inquinamento delle acque, credo meno consigliabile) ed in porchetta. E si narra anche che esse rappresentino un po' il carattere dell'anconetano. E c'è una poesia di Eugenio Gioacchini in arte “Ceriago” a descrivere questo abbinamento. Tra il suo molo ed il mare erano posizionate i capanni da pesca (per noi più semplicemente le “Pesche”) piantate come palafitte, tutte in legno, con le reti a bilancia che venivano calate attraverso un verricello verticale azionato a mano ed il cui pescato veniva a sua volta recuperato con una “voliga” dal lungo manico flessibile. Le stesse “volighe”, che con il manico più corto, si usavano per pescare i “folpi” (in italiano, polpi). Una pesca che si faceva, mi sembra, nel periodo Agosto-settembre-ottobre, sia lungo i moli del porto, che tra le innumerevoli scogliere. Una pesca che veniva fatta prevalentemente di notte, perché i cefalopodi (per dirla da guzzo!) erano richiamati dalla luce fornita dalla fiamma che fuoriusciva dal beccuccio delle lampade a carburo, di cui era dotato ogni pescatore e che producevano gas di acetilene ottenuto dal misto di carburo ed acqua... Poi so che alcuni di questi capanni da pesca sono stati trasformati in ristoranti di pregio, ed oggi, solo immaginandolo, preferisco non sapere che fine ne abbiano fatto.
Continua...







Testo di : Franco Giannini
Foto  di : Mauro Ossidi

mercoledì 25 luglio 2018

Sergio Marchionne

Grande Manager, ma alla fine un uomo come lo siamo tutti !


Quanta ipocrisia riescono a contenere i commenti di FB.
Mi chiedo quanto sarà vero il dolore che essi provano.
Io non mi sento di fare il pecorone ed accodarmi e di conseguenza esprimo quello che, io, penso
La morte di un uomo, chiunque esso sia e qualsiasi cosa abbia fatto nel bene e nel male, dunque, va a priori sempre rispettata. Nel caso di Marchionne poi, tanto più, vista la sua grande intelligenza e se si pensa, quando avrà preso coscienza delle sue condizioni, che dall'alto di quel suo piedistallo di manager di successo mondiale, stava ritornando nella normalità di qualsiasi individuo, nel momento del trapasso.
Quindi, mi ripeto, come uomo, il massimo rispetto come chiunque lasci questa terra ha diritto di avere. 
Come manager, saranno i mercati a giudicare il suo operato in quello che ha lasciato in eredità a chi seguirà.
Immagino che come uomo, si sarebbe offeso per come è stato scaricato ancor prima della sua dipartita nel timore che anche le Borse piangessero. Perché il Business non ha cuore, o se lo ha è sdraiato in una culla di pelo. Invece come Manager sicuramente lo avrebbe apprezzato, perché i manager sanno che per mandare avanti le aziende bisogna essere duri con i deboli, per il bene di una sopravvivenza economica aziendale.
Un "Amico", come qualcuno della sua "grande famiglia", ha avuto il coraggio (o la falsità? visto che era ancora caldo e già lo avevano sostituito) di chiamarlo. Lo stesso che ha però avuto la sincerità di affermare che alla persona di Sergio, dovrà sempre un eterno riconoscimento. Vorrei vedere!!
Gli operai forse un po' meno. Almeno quelli che o sono sul punto di essere licenziati, o sono in Cassa Integrazione nella speranza di quella promessa (mai mantenuta) di una riassunzione.
L'augurio che ti posso fare, Sergio, è solo quello che come uomo tu possa riposare in pace, come manager che rivedendoti il film della tua vita (parlo sempre come manager) non ti veda costretto, oggi, da qualunque posto tu sia, a morderti i gomiti, per gli eventuali errori e le mancanze sia di carattere imprenditoriale che "umano", che forse, se fossi ancora qui, non rifaresti.









di Franco Giannini

sabato 21 luglio 2018

Ma allora aveva ragione Rita : Viva la Pappa con il pomodoro...

... sempre che non sia di origine cinese !!

Tanto tuonò che piovve !!! Rettifica, Smentita, insomma la solita colpa non dei giornalisti, eventualmente dei Giornali o dei loro editori ;-) Comunque si parla con toni scettici di prodotti che rientrano in quella dieta mediterranea che ci invidiano e poi copiano in modo grossolano supportati dalla chimica, spacciando la loro spazzatura con nomi italianizzanti ma imbastarditi. Ed ora vogliono regolamentarla perché contiene troppo sale ? Ma allora perché citare prosciutto e non salumi ? L'Olio italiano e non quello extracomunitario con cui è prodotto il vergine che è sverginato in terra straniera e solamente imbottigliato da industrie italiane e che per le sue qualità di ciofeca viene venduto a 4 € e che d'italiano ha quindi solo l'etichetta ed il vetro? Ho l'impressione che si stia guardando la pagliuzza evitando di vedere la trave che ha nell'occhio l'ONU l'OMS. Non dimentichino lor signori, che siamo, dopo il Giappone il popolo con l'indice più alto in fatto di longevità. Gli americani invece con i loro cibi spazzatura dei loro Junk-Food, Fast-Food fatti d'immondizia come hamburger - wurstel - hot-dog - patate fritte - bibite zuccherate (della CocaCola non si parla per non pestare i piedi a nessuno) - dolci - Pizza fatta a modo loro e con i loro oli, se continueranno su questa strada si vedranno costretti ad allargare le porte delle abitazioni, dei vagoni delle metropolitane, delle auto, ecc, perché con la loro obesità non riusciranno più ad entrare. E l' ONU e OMS con tanti c@@@@ che c' è nel mondo più importanti vengono a "SUGGERIRCI" che cosa sia meglio mangiare? Sarebbe meglio che allora cominciassero con il pulire le loro cucine? Ma andate a farvi fottere. L'industria alimentare internazionale immagino che sia esente da ogni colpa, che non soffi nel fuoco? Mi ricorda quel gay che al suo compagno cercava di convincerlo che fare l'amore con le donne faceva venire il cancro. Al che l'altro rispondeva che non era vero. Ed il primo nuovamente "Lo so che non è vero, però tu intanto comincia a spargere la notizia!" Ecco qualcuno ho la sensazione che ci stia marciando. Magari in Italia tutti potessero mangiare il Prosciutto di San Daniele, il fatto è che da noi purtroppo, per profonda miseria (non di tutti, ma di tanti!) si mangia pane e Mortadella. Ma questo all' ONU ed all' OMS gliene può fregar di meno. Anche perché in molti paesi più disgraziati dell'Italia, Africa-Asia-Sud America, si mangia ancor più male e poco... e magari avessero quei prodotti che vogliono far crederci facciano così male.







di Franco Giannini

giovedì 12 luglio 2018

RICORDI di estati spensierate...

... eravamo nel '56/57. E non credo che fossero spensierate solo perché ero giovane, ma forse perché allora ci si accontentava di poco.

Le migliori estati della mia vita, le ho trascorse qua, in una delle grotte con i cancelli variopinti, solo che la "mia" (o meglio di uno zio - Albino - che, una volta costruitala, non ci andava mai) era più spostata (guardando la foto, più a destra) verso il Faro, il "Cagò, il Cantiere Navale. Lo stradello che portava alla "Grotta Azzurra" (che si vede nella foto che dall'alto a sinistra scende fino ad unirsi alle grotte) ora tutto rimodernato ed in sicurezza, allora non c'era, o meglio c'era ma non più largo di 50/60 cm, aperto, senza protezione e fatto più per capre che per i grottaroli ed i loro familiari e bagnanti. Dai 15 ai 19 anni, appena le scuole chiudevano ed andavo in vacanza, giù in grotta (almeno il sabato e la domenica). Da prima infatti accompagnato e poi quando diventato un po' più grande, da solo e quando decidevo di andarci...ovvero giornalmente Un senso di libertà non più provato. Ricordo la batana, i barattoli legati con la cordicella uno all'altro a guisa di catena, con il fondo bugato per la fuoriuscita dell'acqua quando li salpavi, adibiti alla pesca dei guati. Le anguille tenute nella vasca piena di acqua di mare affinché si spurgassero. La bombola del gas con il fornello che pensandoci oggi, dopo tanti anni, mi sembra che non siano stati mai usati. Un tavolino scorticato, con i quattro zampi con sotto una zeppa per farlo spianare seppur senza riuscirci quasi mai, quattro sedie sgangherate e scompagnate nei colori, dimensioni e piano, una brandina munita di sola rete. Il mare a fungere da frigorifero. Portavo la bottiglia dell'acqua ben turata, scavavo una buca nella rena tra gli scogli, la immergevo lasciandone fuori solo il collo, controllavo che fosse all'ombra ed ogni tanto sorvegliavo che il sole girando, non ci battesse su. E l'azione logicamente veniva di tanto in tanto ripetuta. Oddio, l'acqua non che rimanesse gelata, ma fresca sicuramente. I panini che mamma mi preparava li riponevo su di un cestello a sua volta legato con una cordicella e pendente dalla chiave della volta, per evitare che quando non ero in grotta, le pentegane me li portassero via. Lo so che non era di certo Ibiza, che io allora neppure sapevo che esistesse, ma anche oggi credo, leggendo dei suoi sfarzi, posso dire senza ombra di dubbio, che non ce l'avrei scambiata. Quando si avvicinavano le sette di sera, il sole era scomparso, guardavo l'orologio e mi si gelava il sangue. Facevo la glupa con i rimasugli e le bottiglie vuote, prendevo il bidoncino con i guati, o i moscioli o qualche sgombro (ancora c'erano!!) o i pesci da sasso (sbaratole, bavose, capochioni...) che avevo pescato con la lenza e mi inerpicavo di nuovo per un svogliato ritorno a casa, seppur felice ed orgoglioso che poi sarei stato costretto a bussare con i piedi, visto che avevo le mani impegnate a portare il frutto del lavoro di pescatore di quella giornata. Aggiungo anche, per sincerità del racconto, che l'unico a gradire era mio padre, altrettanto appassionato di pesca e di mare, invece mia madre non è che ne fosse sempre felice, tanto che per farsi più un regalo a se stessa che per farne ad altri il più delle volte regalava il pescato ai vicinati. L'indomani, anche se piovoso, purché non ci fosse un temporale o il diluvio, ripartivo felice. E non è che fossero le dieci del mattino, ma le 5 o al massimo le 6... ma sinceramente la cosa non è che mi pesasse più di tanto, anzi mi piaceva proprio respirare l'aria ancora frizzantina. Non era questione di aria, credo che forse il piacere consistesse nel fatto che nessuno mi obbligava a farlo. Ed infatti credo che questo senso di infinito piacere della libertà (perché alla fine si trattava solo di questo), nel corso delle mie tante primavere, non sia più riuscito ad assaporarne il particolare gusto.

domenica 1 luglio 2018

La premiata ditta GAIA & LUCA SpA presenta i lavori artistici eseguiti nel corso dell'anno "accademico" '17-'18 ...

... in due VIDEO riassuntivi, però, eseguiti separatamente... ovvero, per non creare problemi societari... "si dia a Cesare quello che è di Cesare".

Credevo che l'anno scolastico fosse terminato con la festa (recita) all'aperto sul giardino della scuola, e una volta spente le luci della ribalta di "Scuola" se ne ritornasse a parlare il prossimo settembre.
Invece mi sbagliavo, perché non era così !!  GAIA e LUCA, infatti, mi si sono presentati ad inizio di questa settimana, con due borse di carta (quelle che appunto si intravedono nel filmato) contenenti stille di sudore, evidentemente erano buste di carta impermeabilizzata, che si erano materializzate in oggetti creati con le loro mani, non solo, ma anche con disegni, realizzati con tecniche varie quali gli acquerelli, pennarelli, pastelli, spugna, cera... e perché no, ghirigori a mo di firma... da non confondere ed offendere usando il termine di "scarabocchi". Chiamiamolo eventualmente "estro personalizzato". Vero LUCA ?
A parte gli scherzi, che implicano da parte di nonno ben poco sforzo, quando loro entrambi, poverini, hanno messo invece il massimo del proprio impegno. Che cosa mi fa dire ciò con così cotanta sicurezza? Perché ho potuto veder brillare nei loro occhi tutto il loro orgoglio quando mi hanno consegnato, assolutamente nelle mie mani, ciascuno la sua borsa con i lavori. :" Guarda, guarda nonno, guarda che cosa abbiamo fatto, poi ci dici se ti piace e se siamo stati bravi...". A fare da portavoce logicamente GAIA ma con un LUCA attento alle mie reazioni, fremente ed altrettanto pronto nel pormi la sua, timoroso che restasse dimenticata. :" Dai nonno guarda, guarda subito che io ti spiego..." Al momento ho fatto come le galline, mi sono accosciato, io, pronto ad ascoltare le spiegazioni che mi dava Gaia, sul perché avevano fatto quei disegni, che cosa essi volessero illustrare, le tecniche che aveva usate, il perché avessero adoperato un colore invece che un altro, che cosa insegnassero le poesie e filastrocche, le foto (... :"vedi nonno - una foto che più sfocata non si poteva fare - questa sono io ").
Mi mangio i gomiti quando penso che mi sono lasciato sfuggire il momento magico, perché era realmente un momento magico quello che ho vissuto, del non aver pensato a registrare queste sue spiegazioni fornitemi con un lessico appropriato che era sicuramente più grande di lei. Quando poi ho pensato di prendere il registratore, averlo acceso per recuperare quello che mi ero perso, non ho tenuto conto che era "buona la prima", come si usa dire nel gergo cinematografico. Avevo davanti a me una GAIA un po' una novella Paganini e che come tale, non si ripete.
Comprendo bene che la cosa sarebbe andata per le lunghe e lei, una volta svelatomi tutti i retroscena del suo almanacco di disegni e storie di un lungo "Anno Accademico", si era scaricata da tutti gli obblighi che mi doveva ed ora era attirata solo dalla nonna con la quale giocare attirando su di lei tutta la sua attenzione ed il suo affetto, trascinandosi a rimorchio LUCA che intende sempre dividersi tutto con la sorella, figuriamoci le attenzioni della nonna.
Dall'apice dell'attenzione, improvvisamente piantato su due piedi con le buste dei ricordi in mano. Ecco che allora, silenziosamente e furtivamente come un ladro, dopo una pausa di riflessione, mi sono detto di fermare nel tempo, almeno i lavori che loro hanno creato e che quando saranno grandi, e nonno non ci sarà più, probabilmente cercheranno (sempre che si ricordino!!) e magari non li troveranno più se non qui. Allora ho preso la cinepresa e tra i rumori di sottofondo della partita dei mondiali di calcio e di una Gaia che se non la vedi la senti, ho girato come ho potuto. Bene o male questi ricordi saranno conservati... sempre che anche Internet non ci riserbi qualche sorpresa nel tempo !!

Questo, comunque sia, è il primo VIDEO che si riferisce ai lavori di GAIA XENIA GIANNINI :


Questi del secondo VIDEO sono quelli eseguiti da LUCA GIANNINI : 

A GAIA e LUCA i più sentiti ringraziamenti per il dono che hanno voluto condividere con nonno e che nonno "abusivamente" ha voluto fare altrettanto con i suoi amici affezionati, che si affacciano quotidianamente qui su questo spazio. Un GRAZIE anche a loro.
                                                
 
                                       






di Franco Giannini