mercoledì 22 agosto 2018

SE... dico SE... "La legge è (o fosse) Uguale per tutti"...

... e dove starebbe il problema ??

Non sono un "Politico", per cui non ho una risposta politica da dare. Come pure non sono un "Tecnico", per cui mi astengo di dare anche una risposta di carattere tecnologico. Non sono neppure un "Economista", per la qual cosa evito di esprimere una mia personale considerazione in questo campo.
Ma come uomo della strada, dove ha sempre vissuto e dove ho frequentato l' Accademia della vita di tutti i giorni, mi si permetta, almeno, di fare alcune constatazioni e considerazioni.

Rossi, Verdi, Neri, Bianchi, potrebbero essere dei semplici colori come potrebbero essere invece dei semplici cognomi. Come pure lo sono Giannini, Baldini, Brambilla, Russo, Gallo, Marini o Benetton.
Semplici cognomi, ognuno con una storia personale, famigliare, imprenditoriale, economica o magari tutto questo riunito in un sol nome.
Comunque sia, cognomi di persone nate, cresciute in Italia, più o meno brave o più o meno fortunate e celebri, ma dovutamente rispettose (come dovremmo esserlo tutti) delle Leggi Italiane.
Così come la LEGGE dovrebbe esserlo nei confronti di tutti i cittadini.

Dopo la caduta del Ponte Morandi di Genova, dopo i funerali delle 43 vittime, ecco che ci si è tolti la maschera di perbenismo e si è alzato il braccio destro, puntando l'indice accusatore verso il colpevole (o i colpevoli) in verità ancora non identificato/i, promettendo una giustizia equa (dovrebbe esserlo normalmente e sembra la si metta di già in dubbio), veloce e su su tutti i fronti: Penale, Amministrativo e Civile.
Non entro nel merito di che cosa sia meglio fare e di come comportarsi: Non so se siano pochi i soldi pronti ad essere erogati alle famiglie delle vittime e nel contempo vittime anch'esse. Non so se sia giusto, legittimo ed economicamente vantaggioso Nazionalizzare le autostrade. Non so se sia giusto passare un semplice colpo di spugna bagnata con quel denaro insanguinato, sul comportamento negligente di una gestione di chi preposto a vigilare sull'agibilità e sicurezza, riportando così tutto alla normalità, promettendo un ponte in ferro che sarà consegnato tra 8 mesi (che dovrebbero corredare di una GARANZIA che poi resterà in piedi per 100 anni!) e l'abolizione dei pedaggi in quelle autostrade che abbracciano Genova.

Quello che contesto, io uomo della strada quindi "paria" di questa società, essere che resterà inascoltato, oltre che non essere neppure udito, da chi ha le redini del potere, da chi vuole Nazionalizzare e da chi dice che per fare ciò Non ci sono Soldi. Indipendentemente dalla scelta che si farà, vorrei sottolineare che proprio in virtù di quella Legge che dovrebbe essere uguale per tutti, ma che spesso dimentica di esserlo, per una volta si rispetti il reato illegale che lo stesso STATO compie e che c'insegna, ma che solo LUI è autorizzato ad usufruire della non legge quando non si hanno soldi.

L' UE ci obbliga, (obbligherebbe, suggerirebbe) di rimborsare l'IVA o i crediti verso i suoi fornitori entro 60 gg, che sarebbero quei cognomi generici come Bianchi, Rossi, Verdi. 
Cosa che lo STATO si dimentica di fare e che in diversi casi, mandando in fallimento aziende con nomi anonimi o con quei cognomi già accennati. Non solo, ma chiedendo loro anche in anticipo le tasse su quello mai incassato.
Allora chiedo ai Politici ed ai Tecnici (questi consulenti-badanti dei politici), che differenza c'è tra i cognomi di Rossi, Verdi, Bianchi e  quello di un Benetton qualsiasi ? Nessuno, mi dovrebbe essere detto, se non forse il rigonfiamento della tasca interna della giacca... almeno dovrebbe esserci solo quello che nei confronti della LEGGE non dovrebbe neppure notarsi (il condizionale è d'obbligo!).

Ed allora se così è, anche questa volta non rispettiamo né le leggi Europee e neppure quelle nostrane e facciamo come per l' IVA.  Se ci saranno da pagare delle penali (sempre che sia conveniente la nazionalizzazione, pensandoci bene ed onde evitare di fare come quel signore che per fare dispetto alla moglie...) ai sigg. Benetton li si pagherà a Babbo Morto. Ovvero un po' alla volta, ed in là nel tempo... al più, ma non ci credo, subiranno le stesse conseguenze di tanti che attendono ancora i rimborsi o che non ci sono più avendo preferito miglior vita.
Del resto se si ritiene che 800 milioni siano una cifra interessante per far tacere le proprie coscienze, altrettanto importante dovrebbe risultare, qualora essa dovesse costituire ciascuna rata (a partire tra una decina e più anni, non  prima) della penale da rimborsare.







di Franco Giannini

martedì 21 agosto 2018

C'era una volta il "Bel Paese"...

... se un dì si fosse pensato che questo potesse servire, ora, per come siamo messi, credo che assolutamente non serva più !!

Nel solo mese di Agosto, abbiamo avuto 16 morti nelle terre pugliesi per incidenti stradali causati( s'indaga, sembra, si dice, si pensa...) da mezzi inadeguati acquistati dal "caporalato". Se n'è parlato per due tre giorni e poi il silenzio. Perché? Semplicemente perché a prendere il posto sulle prime pagine dei giornali, Il Crollo del Ponte Morandi a Genova con 43 vittime. Una settimana neppure ed ecco che siamo oggi a parlare della disgrazia accaduta in Calabria, nel Pollino dove si deve piangere altri 10 morti e tre dispersi per un'improvvisa "Bomba d'Acqua". Ahhh !!! queste Bombe (sempre loro la colpa!) che stanno creando più morti e più danni materiali di quelle della Seconda guerra mondiale. Intanto la terra ha ripreso a tremare sia in Molise che in Emilia, fortunatamente senza causare vittime. Ci manca, a questo punto, prima che questo infausto mese si concluda, con l'invasione delle cavallette, un' epidemia di peste o quella di febbre gialla. 
Che dire? O siamo una nazione sfigata all'inverosimile, che neppure l'ospitare la Santa Sede, (evidentemente anch'essa non in perfetta regola con tutti i precetti della Santa Chiesa), ci fornisce un parafulmine contro la cattiva sorte, tenendo quelle che "dovrebbero essere" buone relazioni con il Padreterno, oppure siamo degli ottusi ed incapaci. 
Ho usato il siamo, non certo quale plurale maiestatis, ma proprio perché se sono degli incapaci coloro che ci hanno amministrato fino ad oggi (ma anche ieri!), siamo altrettanto ottusi noi che da tanto tempo (o forse da sempre) li abbiamo votati e poi rivotati ed ancora rivotati senza riuscire a trarre un ragno dal buco. L'unica cosa di cui siamo maestri è quella di parteggiare più che ragionare, scaricare le colpe sempre sugli altri, mugugnare e come tanti masochisti ed egoisti, compiacersi che la sventura non ha colpito né noi né i nostri cari, rimanendo speranzosi che anche la prossima, se proprio deve colpire, colpisca... ma lontano da noi.
E lo vogliamo chiamare ancora "Bel Paese" ?? e noi "Brava Gente" ??







di Franco Giannini

domenica 19 agosto 2018

100.000 VISITE !!!!!!! 100.000 GRAZIE !!!!!!

Oramai non ci credevo più di tagliare questo traguardo, ma, a quel che sembra, mai dire mai...

A la maggior parte dei blogger, farà sorridere, immagino, le statistiche di questo che io invece considero un successo personale. Infatti ci sono blog che questi dati li toccano giornalmente (quelli internazionali) o mensilmente (quelli nazionali).
Io ci sono riuscito in 10 anni di "attività". Data di nascita 1° Maggio 2008
Nel mio piccolo, ho toccato a quest'oggi i 929 post per 100.000 visite (media visite a post 107) e 190.176 pagine visualizzate.
Il che, potrebbe, anche giustamente, far sorridere, ma se poi uno pensa che nel frattempo Facebook e Twitter hanno preso il loro giusto spazio, facendola da padroni, già la cosa si potrebbe vederla ridimensionata.
Anche perché posso orgogliosamente dire che sulla "piazza" di Senigallia, dove nei primi anni del 2000 erano tantissimi i blogger ed i blog, anche io fui folgorato da questa moda (allora fu una moda) andai ad aumentare il numero di quelli che conducevano un loro blog, oggi sono rimasto quasi solo.
Non avendo dimestichezza con il PC e non sapendo come costruirmi un blog, ricordo che scrivevo il mio post e poi trovavo sempre un amico che me lo pubblicava sul suo.
Non mi sento di certo una merce rare, di certo più un cimelio di un tempo passato, che la modernità dell'informazione ha messo da parte. Insomma una specie di reliquia da museo.
Dicevo sopra che sono felice di aver tagliato questo traguardo, anche perché nei primi 4/5 anni pubblicavo un post ogni due giorni, per poi ridurre le pubblicazioni fino a giungere negli ultimi 4/5 anni a neppure una cinquantina in un anno, per diverse cause.
Non mi resta a questo punto che ringraziare, in primis, quei pochissimi Amici (la maiuscola è voluta) che posso contare sulla punta delle dita, ma che ogni giorno, mi visitano regolarmente, seppur sanno che spesso non troveranno nulla di nuovo e che quando il mio "silenzio" si prolunga, si impensieriscono e temendo sia passato a miglior vita (seppur non lo dicano :-) ) con una scusa mi contattano personalmente. In seconda battuta, con un Grazie altrettanto sincero tutti quelli sconosciuti che le "Statistiche" del mio blog mi indicano come lettori italiani, ma anche di paesi stranieri.







di Franco Giannini

mercoledì 15 agosto 2018

Il dramma del Crollo del Ponte Morandi di Genova

Uomini senza paura, ed altri che dovrebbero averla...

A che cosa sto pensando ? Sto pensando che si parla di ridurre le maxi pensioni, togliere i vitalizi e che gli interessati sono super imbufaliti... Gente definita "Manager" che spesso conducono famiglie in disgrazia con il fallimento delle imprese e che conducono o con la loro incapacità (o interessi speculativi) a situazioni simili, quando qui, come in altre occasioni di catastrofi, c'è gente che senza pensarci su due volte, per neppure 2000 € al mese, infilano la testa sotto le macerie con la prima speranza di trovare qualcuno vivo e la seconda che tutto non gli crolli addosso I primi si chiamano sporchi EGOISTI, i secondi semplicemente EROI !! Eppoi come si dimostra schifosa la Politica in questi frangenti (altro che bella), che per salvare la faccia - e NON SI SALVA nessuna colorazione politica - dice con un falso animo mesto che in questi momenti non si deve fare polemica, perché ora bisogna solo pensare alle vittime ed al dolore dei famigliari, seguito dalla routine del bla... bla...bla istituzionale. O altri sempre con lo stessimo animo mesto, utilizzano questi momenti per una sporca speculazione a caccia di futuri consensi elettorali. Viviamo in una società, mi sia concesso il francesismo, di merda Allora se ne parla nelle dovute sedi e tutto cade nel silenzio fino al giorno del dramma. Nel dramma non se ne deve parlare perché si deve pensare a chi lo ha subito, dopo se ne ritornerà a parlare, ma per chiudere il cerchio, un nuovo silenzio la farà da padrone in attesa della prossima catastrofe annunciata. I colpevoli pagheranno (sempre se pagheranno !!) con la conosciuta celerità della nostra Giustizia, tra una decina di anni. Perché i meno protetti, in Italia - seppur tutto il mondo è paese - sono sempre dimenticati (Terremoti, alluvioni, frane, crolli, eternit, Thissen e l'elenco potrebbe continuare) attendono rimborsi e giustizia !!








di Franco Giannini

venerdì 10 agosto 2018

I Ricordi sono come le ciliegie, uno tira l'altro... Terza ed ultima boa...

Vedo vedo, vedo una barca in mezzo al mare
e che non viene dal Perù, come dice la canzone
... E' rimasta da percorrere la rotta più lunga; ma sarà anche la più veloce, visto che questa volta non verrà interrotta da aneddoti e ricordi vari... a farla da padrone saranno solo le immagini ed al più, qualche parola di commento, seppur non sia necessario visto ch'esse parlano da sole!!

Credevo che con la puntata scorsa, qualche amico lettore, mi avrebbe abbandonato, visto che con il senno del poi, ho avuto la sensazione di essermi lasciato andare, facendomi prendere la “penna” ed argomentando troppo egoisticamente i miei ricordi personali, sacrificando magari qualche parola circa il lavoro di Mauro Ossidi. Evidentemente mi sbagliavo se penso (e lo dimostro con una immagine) che mentre sto scrivendo il numero delle visualizzazioni (se poi si è letto questo non so) ha toccato la cifra di 290. Ciò mi fa piacere e mi rende orgoglioso constatando come alla fin fine, almeno lo voglio pensare, gli aneddoti incontrino il favore del pubblico. Quindi un infinito Grazie a tutti voi.

SEGUE Da...

Ci eravamo lasciati nella casa del contadino-pescatore in quel di Pietralacroce, nel mentre l'acqua bolliva ed intanto il "vergaro", si inerpicava lungo la Scalaccia appesantito dal sacco con i moscioli raschiati e lavati, pronti per essere consegnati alla "vergara" perché ci facesse due spaghetti alla rabita e distribuisse i restanti ai famigliari o ai vicini.
Seppur il tempo sia trascorso ed abbia mutato gli usi ed i costumi, rendendoli, come si dice oggi, “a la page”, io preferisco ricordarmeli così come li ho descritti: personaggi sinceri, ruspanti, genuini, come lo era il loro coltivato e pescato. Che poi alla fin fine, sono gli stessi uomini che hanno fatto da trait d' union tra l' ieri e l'oggi.
Visto che andremo con il vento in poppa, voglio subito anticipare quello che sarà questo ultimo tratto di bellezze da scoprire. Si andrà dalla spiaggia del Baffo per terminare nella spiaggia di Marcelli. Signori, binocoli alla mano, ordunque... 
Le Grotte della Scalaccia
Dire Pietralacroce, è solo un modo per indicare una località, perché quello di bello che c'è da vedere non sono solo le grotte o il sentiero de la Scalaccia.
Ci sono innumerevoli spiaggette composte tutte, come pretendono le zone di cui si parla, di sassi, rena ed acqua cristallina. Ed allora come si fa a non ricordare la spiaggia del Baffo, con i suoi Scogli del Cavallo 
Spiaggia del Baffo con lo
scoglio del Cavallo e quello dei Draghetti
e la Scogliera dei Draghetti. Detto questo, possiamo dimenticarci di visitare la spiaggia della Vedova? Il percorso per arrivarci non è né tra i più brevi né tanto meno tra i più facili. Ma ivi arrivati ti puoi sentire soddisfatto e ripagato della fatica fatta. Per chi ama la tranquillità, al di fuori di qualsiasi rumore, se non quello della risacca del mare, questa è una vera osasi di pace. Infatti, sempre poche le presenze, anche per la difficoltà che ricordavo, ma mare cristallino, veduta riposante, aria... come tutta quella che vortica nell'area del Conero. Un consiglio però: evitare assolutamente, per non rovinarsi la festa del bagno e la permanenza in loco, di pensare al percorso che si dovrà rifare a ritroso e quindi in salita...

Cambia la direzione del vento e per andare di bolina, ci spostiamo zigzagando più verso il  mare aperto, cosa che ci permette di ampliare visivamente la fetta di costa, seppur rimpicciolendone i particolari. Ma che ci importa? Allora a che servono i binocoli? Ed ecco infatti che in lontananza si può continuare ad ammirare la spiaggia del "Baffo". Ma non solo a quanto pare.
Infatti noto che qualche amico di viaggio, sta orientando il binocolo più verso sud, chiedendomi che cosa sia quella cosa,... a pelo d'acqua, che si stacca dalla costa e si spinge verso il mare aperto.
Mi viene da sorridere e rispondo un po' da filibustiere, che laggiù quella linea sull'acqua annuncia il "confine" ! Mi guarda, ripunta il binocolo e mi chiede "ma quale confine?". :"Un po' di pazienza amico,... ancora un po' d' acqua da far scorrere sotto la chiglia e poi lo scoprirà !".
Ci stiamo infatti avvicinando al "Trave", una delle ultime zone ancora completamente allo stato brado dove la natura è rimasta selvaggia.
Trave, Spiaggia di Mezzavalle e Portonovo, visti dal Monte Corvi

Il nome sta ad indicare quel molo naturale a filo d'acqua, che si stacca dalla costa e si proietta verso il mare aperto e dove, come fa un gatto con la coda che alzandola ti fa capire che la carezza finisce lì, anche sul molo per indicare, invece, che la sua pericolosità termina lì, con quell'ultimo scoglio a pelo d'acqua in mare aperto, è stata posta non una Madonnina, ma La Madonnina del Trave. Un aiuto per quei naviganti che osassero inconsapevolmente avventurarsi troppo vicino alla costa.
La Madonnina del Trave

Come dicevo, il Trave è anche l'annuncio che l'ultimo baluardo del mosciolo verace sta per arrivare. Infatti passato Portonovo, ritroverai la cozza buona, per carità, ma non certo il mosciolo certificato.
Un tratto di mare, quindi questo, in cui bisogna fare un sacco d'attenzione e guardare lo specchio d'acqua con quattro occhi, visto che infinite sono le boe di segnalazione dei sub che stanno lavorando nelle profondità della baia pescando i moscioli.
I Moscioli, me raccomando,
poghi, ma belli

Essi non raschiavano di certo gli scogli, come facevano i contadini-pescatori di Pietralacroce con le vanghe, ma rispettavano la natura e, così facendo, il loro stesso lavoro e guadagno. Li raccoglievano uno ad uno, in base alle dimensioni, come lo si farebbe con i fiori, le mele o altro frutto della terra. Poi è venuta la "modernizzazione" con barche "specializzate" e gli scogli stanno iniziando a pagarne le conseguenze, come pretende il prezzo del progresso e del Dio denaro con la sua esaltazione della quantità e non della qualità (malgrado sia sempre decantata), e così facendo le rocce stanno assumendo le sembianze del mio cranio pelato.
Mentre vado avanti, spostandomi leggermente più verso terra, osservo una barca di circa sei metri con un piccolo motore fuori bordo, su cui un ragazzo a poppa sta dividendo i moscioli secondo le varie dimensioni, gettandoli in tre bidoni posti davanti a se. Nel mentre guardo ciò attraverso il binocolo, vedo riemergere una testa con una muta di colore blu, che passa un retino pieno di moscioli, legato con una corda attorno alla vita, al compare sulla barca. Allora pian piano mi avvicino alla barca ed attendo che il sub riemerga nuovamente, prima di avvicinarmi definitivamente fino quasi ad abbordarla. Giunto vicino, grido ai due giovani, il sub nel frattempo è risalito in barca a prendere fiato : "Salve maestro, non è che per caso me vendi qualche chilata de moscioli. Belli ehh, Li volevo far assaporare ai miei amici, prima di salutarli una volta terminata la gita, per far scoprire le vere delizie del Trave" e la differenza tra Moscioli e Cozze". 
Perché Moscioli e no cozze, basta
 guardare il colore del mare


Come tutte le persone di mare, non mi fanno cadere la cosa dall'alto, ridono e il sub mi fa un cenno di assenso e una volta presi dal bidone di quelli più grossi, mi consegna la mercanzia, (e non vorrebbe neppure essere pagato!!!) e sempre sorridendo, mi consiglia di mettere tutto in un bidone (che loro stessi poi mi forniscono) riempiendolo d'acqua, e ponendolo all'ombra. Acqua da sostituire ogni paio d'ore per tenerli sempre freschi.
"Da che ora è che siete in mare ?" chiedo. Risponde sempre il sub che dovrebbe essere anche il "boss" :" Siamo partiti da Ancona questa mattina alle quattro, ora sono le dieci ! Ma dobbiamo ritornare in porto e consegnare i moscioli divisi e insacchettati alla cooperativa". E così rispondendomi se la  ride... Sarà che la somma dell' età d' entrambi non supera i 50 anni... e a quell'età prendi tutto alla leggera come se fosse un' avventura. Ma è un bene che sia così, almeno per loro!!

Ecco, questa risata, mi riporta alla memoria un aneddoto che vorrei raccontare e che cadrebbe, come si dice, a ciccia con la risata del sub. Ma cadrei in una contraddizione, non mantenendo la promessa fatta all'inizio. Vabbè, io ve la racconto ugualmente, perché è curiosa, ma voi magari, non la leggete,... saltatela !

Ne è stato interprete mio cugino Daniele, che non appena terminava le scuole, avrà avuto 17/18 anni non di più, andava a lavorare (parlo degli anni '80 o giù di lì) con un suo amico sub che appunto pescava i moscioli al Trave o comunque in quell'area. Alla Mattina alle tre suonava la sveglia per entrambi e a bordo di una barca a motore (entrobordo) aiutava l'amico a dividere il pescato e poi di corsa nuovamente in porto per consegnarlo ai vari pescivendoli o vendendolo anche direttamente con l'aiuto di un' Ape per il trasporto. Guadagnava anche bene, tenendo presente che non era in regola.
Fatto è che una mattina dopo una pescata di un paio d'ore, stavano ritornando verso Ancona, quando all'altezza del Passetto, intravedono in distanza una motovedetta della Guardia di Finanza. L'amico, sapendo che poche erano le cose in regola nella barca ed ancor più la situazione di Daniele, gli grida :"La Finanza !!" e contemporaneamente gli da uno spintone che lo butta a mare. Mio cugino dall'acqua gli fa : "Ed io ?? che faccio ora", mentre già la barca con l'amico sia allontanava :" Nota piano, fa sporge pogo la testa pe pià fiato, nun te fa vedè, va a terra e nun la fa tanto longa, che sei davanti el Passetto e dumani speramo de rivedece."
Infatti il problema non era quello di raggiungere il Passetto, visto che era un buon nuotatore. Il problema vero infatti è nato, quando una volta toccati gli scogli è uscito dall'acqua. S'è ritrovato coperto solo da un paio di mutandoni grigi di maglina, che bagnati  erano tutto uno spettacolo della natura. Ma era un ragazzo che non si perdeva in un bicchiere d'acqua e la "vergogna" è una parola, ancor oggi, che a lui non l'ha mai scalfito. Ci raccontava come allora, la spiaggia vista l'ora (7,30 circa) era fortunatamente poco affollata. Ed allora è andato tra due scogli, si è tolto le mutande, le ha strizzate ben ben, gli ha dato una stirata con le mani e poi se l'è rimesse (e già era diventato, con le mutande un po' più asciugate, meno imputabile di atti osceni in luogo pubblico) ed ha cominciato a risalire la Scalinata verso il Monumento. 
Ed è qui che inizia la seconda parte dell'avventura. Lui abitava nel quartiere di Piano San Lazzaro e più precisamente in piazzale Loreto. Come arrivarci, quindi, da in cima al Viale? Non c'erano ancora i telefonini per chiamare casa o un amico. Lui con la faccia di bronzo che ritrova, va al capolinea del Viale,  - credo ci sia ancora, - dei filobus e come se fosse la cosa più semplice e soprattutto credibile di questo mondo, sale dalla parte dell'uscita e rivolto al conducente che lo guarda in modo strano gli fa :" Nun me guardà cuscì, so che faccio schifo, ma ero in mare, avevu pescatu i moscioli, se non chè è arrivata la Finanza, nun so in regula cu le marchette e per nun fa truva male l'amicu mio, me so butato in acqua. Nun ciò quindi un boco. L'unica roba che ciò è le mutande  che cume vedi nun ene de gran valore. Ohh, me devi fa arivà alla staziò, che poi pe andà a casa a piazale Lureto, vedo de passà en te le vie dietro. Ma nun me devi di de no. Dime quando sei de servizio, che te ne porto un sacchetto, sempre che nun metene drento l'amico mio e te faccio fa 'na magnata de moscioli che te la ricordi per un pezo"
Racconta sempre che il conducente, l'ha guardato per un momento come a fargli i raggi X e poi vista la sua tranquillità, si è messo a ridere di cuore e sarà che l'ha mosso a compassione, fatto è che l'ha fatto sedere sul sedile posto proprio al suo fianco con preghiera, però, di muoversi il meno possibile e fino alla stazione. E lui, racconta che per rendere la cosa più normale, per tutto il percorso, con la massima disinvoltura, non ha fatto altro che parlargli della pesca, di quello che faceva sulla barca, in maniera che se a qualcuno sorgeva il dubbio che c'era qualche cosa che non quadrava, il dialogo con il guidatore serviva a tacitarne i sospetti. Arrivato in stazione, ha attraversato il piazzale e di corsa, "era entrato oramai in acque territoriali" e per le vie più interne è rientrato a casa.

Salutati i nostri amici mosciolari, proseguiamo verso sud e gli occhi si posano sulla lunga spiaggia (rispetto alle altre precedentemente visitate) di Mezzavalle. Come dicevo il Trave segna il confine tra il selvaggio e il rientro nella civiltà.
La spiaggia di Mezzavalle

Infatti in questa spiaggia si ritorna a trovare sia qualche bar che qualche ristorante ed in cima cominci a trovare i parcheggi e il servizio pubblico di navetta.
Vediamo il molo di Portonovo, la Chiesetta, il Fortino Napoleonico, la Torre, la Vela, il laghetto e poi i soliti capanni, ombrelloni, bagnini, bar, e poi gente, tanta gente. Siamo ritornati nella normalità, seppur con un po' di bellezza naturale in più a rendere maggiormente accettabile la pillola della quotidianità.
Portonovo con il suo Fortino Napoleonico (ora ristorante)

La Torre Papalina di Avvistamento 

La natura però è stata benigna e prima di ritornare alle bellezze panoramiche dei centri più a sud, abbiamo da ammirare altri scorci di paesaggi e spiagge selvagge neppure troppo praticabili o perfino interdette, per la pericolosità dovuta alle frane della falesia. 
Incontriamo ordunque i Sassi Bianchi, la Spiaggia dei Forni, raggiungili entrambe solo via mare. Poi c' la Spiaggia dei Gabbiani o meglio sarebbe dire ci sarebbe, visto che non vi si può accedere per timore di frane e che quindi è godibile solo visivamente dal mare. Come pure le Due Sorelle  raggiungibili solo via mare. 
La Vela di Portonovo
Ma per gustarvi, come andrebbero realmente visitate le soavità dei paesaggi, ci sono solo tre modi : quello della descrizione orale o scritta ( che poi fatta da me, è assolutamente la meno indicata), oppure andare sulla pagina di Ossidi su FB che ripropongo https://www.facebook.com/Mauro.Ossidi/  -dove potete trovare un'infinità quantità (e qualità) di foto che alla serenità che questi paesaggi offrono,  si  aggiunge il tocco personale della sua qualità artistica - , o recarsi direttamente sui luoghi partendo dal Porto di Ancona rifacendosi tutto il percorso ma via terra più via mare, che io in maniera virtuale mi sono sognato di ripercorrere, terminandolo a Marcelli. Oltre questo paese, termina la Riviera del Conero e si entra in un'altra marca.
L'abbraccio della Baia di Portonovo

Superato lo sperone delle Due Sorelle, pericolante ed in continuo movimento franoso per cui ne è vietato l'accesso troviamo sempre interdetta ai visitatori quella della Cala Davanzali. Più avanti troviamo le spiagge dei Sassi Neri, la spiaggia di San Michele per giungere fino a quella più importante (a livello di comodità) dove "il selvaggio" lascia il posto alla normalità : La Spiaggia Urbani a Sirolo. 
Resta la bellezza del Panorama, ma in alto troviamo nuovamente i parcheggi, il servizio urbano di trasporto ed in basso gli stabilimenti balneari, bar e ristoranti, con tutto quello che offrono.
Le Ginestre

Ma prima di fare ancora un paio di tappe marine, mi sembra giusto alzare lo sguardo e ricordare le bellezze del Monte Conero che sovrastandoci ci offre: logicamente nei tempi debiti, il colore giallo delle Ginestre con il suo profumo da dividersi con quello dei fiori di  Lavanda. E poi ci sono i paesi con le loro caratteristiche viuzze : una per tutte Sirolo con i suoi giardini, per non dire Numana con le sue caratteristiche viuzze, per terminare con Marcelli e la sua ultima spiaggia di renella e sassolini.

Fiori di Lavanda

Signori, così facendo ed ammirando, siamo giunti al capolinea, timone tutto a babordo e si ritorna indietro puntando la prua nuovamente verso Ancona. 
Giunti all'altezza di Portonovo, una visione che difficilmente dimenticheremo : Il sole del tramonto, gettandosi nel mare ha appiccato fuoco all' acqua, impossibile direte voi, ma questa immagine qui sotto è la prova inconfutabile di due fenomeni, la possibilità che l'acqua arda e la certezza che le immagini di Mauro Ossidi, non siano solo foto, ma, almeno alcune, delle vere opere d'arte. 
... mare incendiato o tramonto sulla savana di Portonovo ?

Signore e signori, il sommo Dante scriveva nel suo Purgatorio che "era già l'ora che volge il disio  ai navicanti e n'ntenerisce il core...", in verità a me sta anche facendo venir fame, ed allora, scendo nella cucinetta di bordo, metto l'acqua sul fornello a bollire e comincio a pulire i moscioli... ahhh... qualcuno pensava che me ne fossi dimenticato ? ma io invece gli ho sempre cambiato l'acqua e li ho tenuti al fresco all'ombra della vela. Amici lo dichiaro ufficialmente, appena arriviamo in porto, attracchiamo e ci diamo da fare per una degustazione dei moscioli del trave seguiti da due spaghetti sempre con i moscioli, fatti alla "Modo mio..." accompagnati da un buon bicchiere di Verdicchio con il quale brinderò alle vostre fortune. Il tutto quale ringraziamento per avermi tenuto compagnia, accompagnandomi fin qui, alla fine di questo virtuale viaggio fatto di parole, ricordi ed immagini.

PS : Giunto alla fine, mi sento in dovere, soprattutto morale di porgere i miei più sentiti ringraziamenti a Mauro Ossidi, perché senza la sua autorizzazione ad utilizzare le proprie foto, il mio viaggio non si sarebbe mai concluso, proprio perché non avrebbe mai avuto neppure inizio. Le mie scuse, a Mauro, che essendo troppo gentile non me lo direbbe mai, qualora ritenesse che le sue immagini, abbiano perduto di valore artistico, avendole io  abbinate a didascalie, diciamo un po' troppo naif. Grazie Mauro, di vero cuore !







Testo di  Franco Giannini
Foto  di   Mauro Ossidi

mercoledì 1 agosto 2018

I Ricordi sono come le ciliegie, uno tira l'altro... Si va alla seconda boa !

Affacciati sul Balcone degli anconetani
per tentare di vedere la Dalmazia
E così grazie, per avermi fatto toccare l'obiettivo in cui speravo. Artefice di questo, il vostro interesse che mi avete dimostrato leggendomi. Ciò mi autorizza quindi, a  proseguire questo viaggio con la piacevole vostra compagnia. E se l'ho toccato io figuriamoci se non l'ha raggiunto Ossidi  ! Uno che di obiettivi se ne intende,  è , che ne dite :-) ? 

Visto il numero di consensi (253 visualizzazioni al 28 c.m.), seppur frazionati tra i vari visitatori di FB, eccomi allora qua nuovamente. E come la volta precedente, vi prometto che ci metterò tutta la mia attenzione, affinché non vi annoiate e possiate arrivare a leggere la fine di questa seconda tappa. 
Intanto un doveroso grazie anticipato.


SEGUE Da ... 

Attenzione gente, si esce a mare aperto e sentirete per un momento che si "ballerà" per via delle onde che ne increspano la superficie, visto che le correnti dei due moli, s'incontrano e si scontrano. Ma, ohi... nessuna paura ! Barra a dritta, quindi e... via così.

Si esce beccheggiando leggermente dal porto, aggirando il Molo Nord. Un momento, perché 
L'Uscita dal porto come è oggi. Una volta
la diga non esisteva.
 ritengo giusto, onde fare un po' di chiarezza, (anche per me!),  precisare come i nomi dati ai moli non è che siano poi così chiari: il molo che guarda verso nord viene definito dagli anconetani come Molo Sud e viceversa per quello che è orientato a sud e che per il fatto che è posto sopra quello più interno al porto, lo si definisce Molo Nord. Non prendetelo per oro colato quello che dico, è solo una mia opinione. Ma credo che sia questa la motivazione. Se c'è chi conosce il vero arcano, sarebbe gradito che lo condividesse con noi tutti.

Mi si permetta ora, qualche remember personale che ho ricollegato proprio a questo Molo. Infatti è proprio qui contro i frangi flutti posti al suo esterno, a mare aperto quindi, che la notte dell' 8 Giugno 1964, a causa di un tremendo fortunale, una nave battente bandiera panamense , la Surprise, venne sbattuta contro la scogliera e finì con lo schiantarsi ed affondare. La poca profondità delle acque in quel punto, però le permise di poggiarsi su di un fianco. L'equipaggio si salvò, grazie agli immediati soccorsi malgrado le non facili condizioni atmosferiche e le difficoltà incontrate nel corso del loro recupero. Io ricordo bene quella notte, perché ero intimorito e frastornato da quei timori che provocano i fortunali tra scrosci d'acqua, vento, fulmini e saette - quello che oggi, dopo 54 anni, battezzeremmo come "Bomba d'Acqua" - A questo si aggiunsero il suono continuo delle sirene dei mezzi di soccorso come le ambulanze ed i Vigili del Fuoco. Io abitavo allora in Via Santo Stefano, per cui mi trovavo vicino sia alla sede della Croce Gialla che a quella della caserma, d' allora, dei VF  che per far comprendere la posizione, dava le sue finestre sulla Fontana delle Tredici Cannelle in Corso Mazzini. Per cui quella notte dormìi assai poco. Ci si immaginava che Ancona fosse stata colpita da qualche grave evento, ma vista l'ora della notte ed il diluvio era difficile comprendere di che natura fosse e la sua dimensione. Non si aveva nessun tipo di informazione certa; non eravamo ancora nell'era di internet e di FB con i suoi video e selfie. Solo il mattino dopo si seppe dell'accaduto.  So che il relitto poi restò lì per diversi anni, a solenne ricordo delle lungaggini all'italiana. A proposito di selfie, volevo fornirvi qualche immagine del fatto e solo dopo una non facile ricerca, l'unica immagine che sono riuscito a trovare (Ossidi allora era - beato lui -, ancora 'n fjolo e non faceva le foto, ma le elementari) è quella di questo vecchio filmato scovato su internet e da considerarsi quasi un vero cimelio, poiché ci permette d' intravedere all'inizio del video, seppur brevemente, sia l'immagine della nave "spiaggiata" che la famosa zona della "Rotonda". 
La bellezza suggestiva di un tramonto
fa dimenticare le cose meno belle come
come la polvere inquinante del carbone
scaricato.
 


Sempre su questo lato interno del porto, con il maggior pescaggio, era destinato all'attracco delle navi mercantili più grosse e pesanti. Qui era possibile veder scaricare carbone, tronchi di legno dal diametro impensabile provenienti dalle foreste africane e brasiliane, minerali indecifrabili scaricati sfusi in piccole montagne, ed il tutto in terra tra una gru ed un'altra. Al più, sotto questi materiali, venivano posti dei spessi e resistenti teli. In terra, una volta portato via ciò che era stato scaricato,  ne restavano dei piccoli rimasugli che la povera gente (era ed è brutta la miseria), andava a "spigolare" come si fa in campagna con il grano, per portarselo poi a casa. Carbone, grano, schegge di corteccia, erano i materiali più ambiti. Affacciati alle murate delle navi ricordo i marinai che osservavano le operazioni di scarico e nel contempo facevano le pulizia sulla tolda, gettando secchiate d'acqua. Quelle che colpivano di più erano le navi cinesi, per le scritte del nome del piroscafo con i loro ideogrammi per noi indecifrabili, ma anche perché i marittimi erano tutti vestiti allo stesso modo nelle loro divise maoiste del tempo e che sembravano non parlassero, ma squittissero come tanti topolini.
Per completare la descrizione di questa cartolina, non avendo purtroppo alcuna immagine da regalarvi se non quella della mia memoria, aggiungo le file interminabili di vagoni che appena caricati dalle possenti braccia delle gru, venivano poi convogliati allo scalo ferroviario per comporre lunghissimi treni merci con destinazioni nazionali ed internazionali. 
Sul lato mare aperto, il braccio del molo era cintato con una muraglia di cubi in cemento e ferro posti là a salvaguardia della forza dei marosi, mentre la parte più verso i Cantieri era invece tutelata da scogli naturali. Ed era questa parte più genuina, che costituiva la zona così denominata: la "Rotonda". Ovvero la spiaggia e il loggione per assistere agli imponenti vari della produzione del CNR. Ritenuta, erroneamente, solo per un'idea radicata nel pensiero popolare, era il Lido esclusivo di noi "pureti" che abitavamo le case dei rioni del centro storico. Del resto come lo era ritenuto, sempre dal popolo, quello del "Passetto" in quanto esclusiva dei “Signori” che abitavano  el riò de la Fetina. 
In effetti era solo per una questione, in entrambi i casi, di vicinanza e comodità: casa-servizio.
 
Vista panoramica del Quartiere Adriatico
e della sottostante zona Passetto
 
Oggi gli spazi di questo molo sono riservati, uno, come del resto è stato sempre, ai Cantieri per le fasi di allestimento finale, post varo e gli altri alle navi da crociera o ai traghetti che collegano la nostra costa con quella albanese o greca. 
Navi da crociera e traghetti

Volevo riprendere a descrivere il bel vedere che si ammira dalla barca nel nostro  rilassante bordeggiare, se solo non mi si fosse accesa la luce di un altro ricordo sempre legato a questo molo. Scusatemi, ma non posso far finta di nulla e lasciarlo morire con me.

Sul braccio del molo in prossimità della punta, all'interno del porto, prima di entrare nell'area destinata alla Marina Militare il cui ingresso era "vietato ai non autorizzati" (ricordo come ci si faceva in quattro per avere questa autorizzazione, quando c'era il passaggio dei sciuri e degli sgombri, per poterli andare a pescare sulla punta, con la canna, in quanto si era in mare aperto), c'era il passo carraio posto prima dell'edificio della Sanità. E proprio quasi confinante con il passo, c'era un altro breve e piccolo molo che si proiettava sulla sua sinistra, verso la parte centrale del porto (quella dei Silo per intenderci) sui cui scogli erano state costruite abusivamente delle baracche di pescatori dilettanti. Sulla sua punta era posizionata una lanterna verde. Da cui poi prendeva il nome. Sotto i pali in ferro che sorreggevano queste baracche, non più alti di 120/150 cm. io  (ma non solo) andavo a pescare i pauri (paguri), gli astici (oggi non ci sono più neppure i granci magna merda) e i gamberetti. Lo stesso tipo di pesca era esercitata sugli scogli della Rotonda, vicini alla nave reclinata su di un fianco, più pescosa certamente, ma dove incontravi difficoltà di avvicinamento per via della spigolosità degli scogli artificiali e poi sotto un sole implacabile e senza una benché minima possibilità di riparo.
Al contrario, sotto  le baracche c'era un' autentica goduria sia per la brezza che si creava tra i pali di sostegni, al riparo dal sole, che per gli scogli naturali, arrotondati e "accessibili" nonché ricoperti di lunghe alghe che ne facevano anche un habitat ideale per la pesca di questi crostacei. 

A questo punto, non posso non ricordare, anche per lasciare qualche cosa ai posteri (evviva la modestia!) come avveniva la pesca dei pauri a quei tempi. 
la zona è questa : Arco Clementino,
Arco di Traiano, entrata dei Cantieri
e dall'alto, la Cattedrale (el Domo) che
controlla. 
 
Allora, si prendeva una canna non troppo grossa fissando alla sua estremità un cappio scorrevole fatto con una corda di chitarra, non mi si chieda il perché, ma mi sembra dovesse essere della tonalità del Re, forse per la resistenza che offriva, visto che le altre note o il cavo era troppo sottile o erano troppo grosse e troppo visibili. Su di una estremità di altri pezzi di canna (4-5), si avvolgevano e legavano, con una rete a maglie piccole e ben stretta, le esche composte da code di stoccafisso, baccalà o scarti di pesce (teste). Che più puzzavano e meglio era. Servivano appunto da richiamo. Si incastravano poi queste canne nelle fessure create da due scogli vicini, non molto in profondità, perché si doveva vedere quando le prede andavano a mangiare e si attendeva che i pauri uscissero fuori ed iniziassero a "banchettare". Solo in quel momento nasceva la lotta tra pescatore e pauro. Con il cappio aperto e rigido, visto che era di filo di metallo, si doveva, senza spaventarlo, cercare di far entrare questo nella chela, una volta che preso un pezzo di esca, se lo portava alla bocca. Allora senza strafare e senza tirare troppo si faceva chiudere il cavetto attorno alla zampa e lo si tirava pian piano (tanto non poteva più scappare), dentro al retino. Non troppo forte, dicevo, perché qualche pauro, preferiva lasciarti meglio la chela ed andarsene libero. Sembra che poi la chela gli ricrescesse!?. Appena alleggerito dal peso del pauro posto nel cestino, il cappio metallico si riapriva da solo. Identica la pesca degli astici, solo che questi camminando all'indietro come fanno del resto i suoi parenti poveri, i gamberi, il cappio andava posto dietro la coda, cosicché si doveva tirare solo quando la maggior parte del corpo era entrata facendo marcia indietro, spaventato dal muovere della canna. La pesca dei gamberi era solo a contorno della più ricercata e seppur più facile e snobbata, era quella più abbondante, visto che i gamberetti venivano richiamati dal "profumo" delle varie esche tutte accentrate in poco spazio, oltre a quelle inserite all'interno dei retini predisposti per la loro cattura e che rappresentavano la loro tonnara. Ogni quarto d'ora issavi i retini  e mettevi il pescato in un barattolo pieno d'acqua di mare, per mantenerli in vita il più possibile. 

Permettetemi di dilungarmi, con il menzionare un'altra parte della vecchia Ancona che non c'è più e che non dovrebbe essere assolutamente dimenticata, perché fa parte della sua Storia popolare
Dopo aver pescato o fatto il bagno alla Rotonda, ci si incamminava per ritornare a casa e giunti all'altezza dell'ingresso dei Cantieri Navali,  c'era il "Vino e Cucina" da Irma
Una tappa che avevi l'obbligo di non saltare. Ti dovevi assolutamente fermare. Anche perché era indimenticabile il profumo delle sue "Spuntature" che si propagava dalla punta del Molo alla stazione ferroviaria della Marittima. Per cui tagliavi già quel traguardo obbligato dall'acquolina in bocca. Non ci crederete, ma io, a distanza di oltre 50 anni, sto scrivendo e mi sembra ancora di percepirne quel binomio del profumo-gusto.
Il Panorama con le gru,
 ammorbidito con il semplice utilizzo
della luce... ecchecevò 
Non potevi non fermarti e non mettere due pezzi di spuntatura dentro una rosetta di pane, ordinare una birra o un bicchiere di vino e seduto all'ombra sotto il bersò (stavo per scrivere pergolato, poi mi ha preso da ridere e non l'ho più scritto sentendo una voce al mio interno che mi diceva, ma parla - e scrivi - come magni! Stamo a parlà de Irma... se no quella se rigira...in du se trova) allungavi le gambe, te gustavi quello che oggi è diventato un cibo da nobili con la puzza sotto al naso, te ripusavi, un rutto (sorry - ho usato l'italiano!) prima di riprendere il cammino. Durante la giornata, Irma, era la tappa degli operai che uscivano o entravano a seconda dei turni di lavoro per un bicchiere o un piatto di pasta e la domenica era meta di intere famigliole, che con la scusa del gelato per i bambini, i genitori se facevano il panino. Altre voci del menù oltre le spuntature e le salcicie, erane i fagioli con le cotighe, la saraghina scotadeti, el stucafisso cu le patate e la trippa.

E solo a pensare oggi che i nostri nipoti, se fane l' apericena, pigliano le tartine con la maionese o il Ketchup (non lo so neppure scrivere)  con due dita e con il tovagliolino di carta come tanti damerini, mi fa comprendere o quanto sono invecchiato io, o quanto si sono persi loro. Si mi chiedo se sono loro ad essersi persi qualche cosa il che me ne dispiacerebbe, o sono io che non riesco ad uniformarmi ai loro costumi e principalmente gusti. E non è che non gli piacciano i fagioli con le cotiche, ma ne mangiano giusto un assaggio, ma guai a farci cena... sono pesanti.

Scusate se sono andato fuori tema ed il mio A M'Arcord, per come l'ho anche steso, farà sicuramente rivoltare nella tomba il grande Federico Fellini, che però mi assolverà per questo intermezzo culinario visto che apprezzava anch'egli i piaceri della tavola e, buon per lui, non solo.

Riprendendo quindi il Bordeggio, si passa davanti all' Edificio della Sanità Marittima (allora) oggi credo Caserme dei V.F. e della Guardia Costiera. Si procede osservando lo scalo 
Il Molo Sud con il vecchio edificio della
Sanità Marittima
dei Cantieri Navali in grado di varare, se solo ci fossero commesse, navi lunghe quasi 300 metri. Visibile la sua immensa gru bianca e rossa. Punto di riferimento come lo era il Faro per la navigazione a vista di un tempo, ed oramai superata dal radar. Cantieri che una volta erano fonte di pane e companatico per quasi il 50% (se non di più) delle famiglie anconetane e che faceva dire agli “arsenalotti”, con infinito orgoglio, “lavoriamo ai Cantieri Navali”.
Ora però, consiglio di scendere sottocoperta o di turarsi il naso speranzosi che il vento continui a spirare per un terzo, verso terra. Dopo il Cantiere infatti, sapete che cosa ci attende? Non di certo una bellezza naturale, ma il punto esatto dove scarica la fogna centrale dell'intera città... il famoso, si fa per dire, “Cagò”, come lo chiamiamo noi anconetani.
Superiamo di slancio questo maleodorante punto di riferimento e sempre mantenendo il timone al centro, posizioniamo lo sguardo in alto, sul bordo della falesia, dove come incastonato nel cielo, possiamo veder svettare (o meglio svettava) quel che resta del “Faro” imponente e slanciato (n'a volta), che già malandato com'era, dopo la scossa di terremoto non è riuscito a restare in piedi. Terremoto che ha reso me emigrante e a lui ha dato il colpo di grazia finale a quello che restava ancora dei suoi acciacchi strutturali
Panoramica con in fondo il Cantiere, la diga
 con fogna e sopra quel che resta del Faro
.
Sotto, la spiaggia renosa delle Rupi del Cardeto.
Si va sempre diritti, cullati dal mare e più si avanza verso sud e più s' intravedono la prima serie delle caratteristiche grotte. Costruite da pescatori dilettanti che più che amatori erano degli amanti e che sembra abbiano trasmesso in eredità il testimone ai più giovani di questo concubinaggio tra mare estivo e mare d'inverno. Un mare che alcuni di loro infatti non riescono a tradire neppure nei mesi invernali, prendendo a loro scusante di controllare i retini, la barca da riparare o qualche altra bugia credibile o no... chi se ne frega se la moglie poi non ci crede.
Esse sono tutte dotate di cancelli multicolori e posizionate in seno a quella falesia, su cui appoggia le fondamenta il quartiere della Panoramica.
Abbarbicato, invece, lungo la sua dorsale, vediamo lo stradello di cui parlavo inizialmente nella precedente puntata, appena tracciato, con le persone che salgono o scendono e che viste dal mare sembrano piccole formiche intente a spostarsi in un loro itinerario ben definito.
Avanti, piano, leggermente a babordo, quel giusto per allontanarci dalla costa, evitando così lo sperone su cui si apre la Grotta Azzurra 
La zona della Grotta Azzurra
vista dall'alto
. Non sarà certo quella di Capri, non ci si entrerà con la barca, ma sarà forse per quella sua poca profondità in seno allo sperone o per quella dell'acqua, per un gioco di alghe, o per la luce del sole che batte sugli scogli, sta di fatto che in certi momenti fa si che si possa veramente fregiare di cosi pomposo titolo.
Ed ora per quello che andremo ad ammirare, ammainiamo una vela per rallentare la velocità. La musica dello sciabordio dell'acqua scende di qualche tono, la carezza del vento sulle vele si fa ancor più delicato ed a guadagnarci da questo rallentamento è l'attenzione che si sposta tutta sullo spettacolo naturale che scopriamo a dritta.
La prima cosa che salta agli occhi, guardando dal mare verso terra, è la maestosa “Segiula del Papa” 
per noi anconetani
questa è la segiula del Papa
come gli anconetani veraci, da generazioni, l'hanno battezzata. Uno scoglio, che i marosi nel corso dei secoli ha arrotondato degli spigoli più acuminati, dandogli appunto la forma della sedia gestatoria. Ad ammirarla dalla spiaggia, invece, la seconda serie di grotte che i Grottaroli, ci tengono alla specifica, “del Passetto”, hanno costruito.
Se queste bellezze sono valorizzate dalla luce del sole ed ammirate dal mare, non si possono dimenticare di osservarne alcune di quelle che Ossidi ha voluto immortalare quando erano immerse nella suggestività della notte estiva anconetana ed ammirate da terra,  
L'Ascensore visto di notte
come L'Ascensore


Il Monumento ai Caduti visto di notte
O come il Monumento ai Caduti che nella sua candida pietra d' Istria, si staglia nel nero della notte e che ti potrebbe suggerire: ma che bella immagine in bianco e nero, se solo, invece a svelare l'errore, non ci fosse il giardino in primo piano, ripreso nei suoi colori originari, seppur notturni. 
Ma per rientrare nel nostro virtuale itinerario, riportiamo le icone del nostro viaggio alla luce del sole e nei colori che madre natura ha loro donato e che Ossidi , ha esaltato.

Il Monumento ai Caduti visto di giorno
Replichiamo allora l'immagine dell'Ascensore 
L'Ascensore visto di giorno
nel suo colore verde-celeste pastello, baciato dal sole e del Monumento ai Caduti, il cui bianco immacolato della pietra 
rispecchia i raggi del sole abbacinando chi lo guarda. Ma se osserviamo quello che per antonomasia viene definito “El Monumento”, non ci può assolutamente sfuggire un suo componente: l'ampia scalinata 
La monumentale scalinata che dal Monumento scende fino al mare
che porta alla sottostante spiaggia semicircolare.
Guardando dal mare, a destra l'occhio va verso l'Ascensore ed a sinistra verso la palafitta su cui è posto l'unico stabilimento balneare attrezzato
Lo Stabilimento balneare
con tanto di cabine, ombrelloni e tutto quello che necessita a chi non vuol perdersi tutti i comfort, ma neppure la spiaggia con quel pizzico di rustico-selvaggio che tanto piace.
Non molto distante, troviamo il terzo blocco di grotte, definite "della piscina", in quanto perpendicolarmente costruite proprio sotto dove è posizionata la piscina. Anche qui non poteva non mancare uno stradello che scende dal parco della piscina fin sotto la spiaggia.

Gli Scogli lunghi
 e sullo sfondo l'Ascensore
  
Le grotte sotto la piscina
Uno sciabordio, un gorgogliare d'acqua, uno spumeggiare a pelo d'acqua a babordo (a sinistra guardando la prua) sta ad indicarci che stiamo passando nel canale tra la costa e gli infidi Scogli Lunghi. Con infinita  attenzione ci passiamo. Questi scogli ci annunciano che stiamo per entrare in località Pietralacroce

E se incontriamo una spiaggia, delle grotte, tranquilli che deve pur esserci uno stradello, una scalinata o come in questo caso, un sentiero : in questo caso è quello della "Scalaccia".
Scalaccia e le sue grotte

Oggi il quartiere di Pietralacroce, una volta zona agricola abitata da pochi contadini, neppure un paese, ma un piccolo borgo periferico, è stato promosso a dimora di quell'Ancona bene, che si è trasferita con il tempo, da quell'ormai, quartiere de “la fetina” del Viale, divenuto per lei troppo borghesizzato.
Issiamo di nuovo la vela che avevamo ammainato, perché ora le distanze tra una spiaggia ed un'altra si fanno un po' più lunghe.
Quello che andremo ad incontrare ora è un nuovo blocco di costruzioni di grotte, queste scavate dai pescatori-agricoltori di Pietralacroce, almeno come io li ricordo.
Cosa importante da ricordare che è da Pietralacroce che parte l'area del vero 
So Mo scio li... e guai a chiamali cozze.
Avvisati è !!
Mosciolo D.O.C. Area che arriva fino a Portonovo. 

Tutto il resto dei pescati sono solo e semplice cozze. 
Motivo? Forse l'acqua, credo! Di certo però è il sapore!! 
Il modo migliore di gustarli, almeno quello di una volta, era di aprire il guscio  con un coltellino, staccare ben bene da questo el ciciolo, spruzzarlo con il sugo de 'na fetina de limò, ciuciarli 'n te la boca ehhh... mastigarli molto, ma molto lentamente, immagazzinando nelle papille gustative tutta la loro bontà. Operazione che solo dopo essertene mangiati chili e chili, con l'andar del tempo ti farà comprendere la differenza che passa tra cozze e moscioli. 
Oggi l'acqua sembra pulita, ma effettivamente si sa che ciò non corrisponde alla realtà. Ed allora la ricetta migliore attuale è quella di cuocerli e condirli, ma con il minor numero di ingredienti possibili, perché, regola prima, "se deve sempre sentì el sapore del mosciolo e ' prufumu de mare". Se nun te vanne 'ste carateristighe, te consijo de magnà la cicia!! 
Ohh, poi sei sempre libero di seguire i consigli dei cuochi multi stellati. Ma, per imparà a cucinà ' pesce, bisogna vive per un po' de tempo su un peschereccio. 
Alla fine non ti daranno una laurea, ma ti farai un sacco di amici che ad ogni rimpatriata ti diranno :" Se facciamo pesce, però dopo cucini tu!"

Cundimenti poghi:
oio, erbette, aio per chi cel vole e sugo de
limò.
Questa digressione culinaria, mi porta alla memoria di quando i contadini-grottaroli, attenzione che parlo degli anni '60, scendevano lo stradello armati di forcone o di vanga, strumenti di pesca riveduti e corretti che essi usavano per andare a pescare i moscioli, dal momento che erano diversi coloro che non sapevano nuotare. Quindi neppure a pensarci a fare i “fiati”. 
Poi una volta raschiati gli scogli, seduti tranquillamente a riva, facevano la cernita di quelli più grossi, rigettando i più piccoli nuovamente in acqua. Altra operazione era quella della "raschiatura". Li pulivano così e li lavavano con l'acqua di mare fino a togliere tutte le impurità sul guscio, facendo brillare nel loro lucente nero. Verso mezzodì, risalivano la Scalaccia con i sacchi o i bidoni pieni del pescato, unitamente agli "attrezzi della pesca", certi che ad attenderli c'era la loro vergara, che nel frattempo aveva messo a bollire l'acqua, per farci su due spaghetti con il pescato debitamente pulito e quasi pronto per condimento alla rabita, coto e magnato.

Se vorrete... Continua...





Testo di : Franco Giannini
Foto  di  : Mauro Ossidi