di Dario Petrolati
Di preciso quanto tempo sia passato non ricordo.
Qualche anno, ma di preciso non saprei, mi sembra fossi ancora in attività.
Quando una sera lo andai a salutare, prima di andare a casa, in Fabbrica naturalmente, Bepi, era sempre in fabbrica, dentro i capannoni, nella saletta del Consiglio, in Direzione per qualche trattativa o rogna che andava ad appianare, in giro per l' area ove provavano i vagoni, all' Assindustria, un salto e ritorno, ricordo che di sfuggita mi apparve meno sicuro del solito, mi sorrise come faceva con istrionica esperienza di vita e gli sfuggi che era sempre in attesa dei risultati delle analisi.
Ascoltavo, eravano soli in cammino pei lunghi corridoi e Bepi per un attimo brevissimo mi sembrò dubbioso preoccupato, ma senza lagna ed io, che non avevo altro e sempre ascoltato da lui come si deve ottenere quello cui si ha diritto, sia nel lavoro che nel sociale, intuii che mi parlava di se come padre, marito, uomo che non sta bene.
Analisi pensai, non della mente, che era sempre adorabilmente ed onestamente sveglio, analisi di urine-sangue quelle robe che zac! e ti condizionano tutto il futuro e devi subito prendere decisioni che non ci sono mediazioni, chè la verità il responso non guarda in faccia alcuno: ricco, povero, giovane, bello.
Superficialmente mi sembrava non saper altro dire, buttai la cosa in vacca e cercai di fare altro discorso, magari gli chiesi che pensava del Partito, ora che c' era sta proposta di Occhetto, così cercai di far deviare Bepi e lui deve aver capito che non avevo capito nulla, che era vano tentare un dignitoso sfogo con un impreparato come me.
Parlammo ancora un poco a vanvera, solo per arrivare ai cancelli ove mi compagnò: "ci si vede Petrolati, ci si vede uno di questi giorni" e mi diede la mano come si fa tra gente che non porta la tuta.
Le manifestazioni per rivendicare il giusto salario, cortei a biscia, acqua impietosa ed anche freddo, tamburi di latta, fischietti che laceravano l' aria mentre la gente guardava con poca simpatia chè s'intralciava il traffico, si ripetevano ormai come di prassi senza errori, mancava solo lui in cima al corteo civile chè per ragioni di salute ora era in ospedale, o a casa per le cure.
La cosa mi sembrava impossibile chè per il Partito ed il Sindacato lui era stato sempre presente, prima degli altri capiva e guidava.
I contratti i direttivi il giornale che sempre aveva in tasca, allora chiesi e mi indicarono dove stava di casa.
In bici lo andavo a trovare e mi faceva salire le scale sino in cucina, c' era il tavolo pieno di scatole confezioni di medicine e l' Unità aperta come se fosse la tovaglia.
La moglie mi faceva il caffè ed io stavo un pò a sentire quell' uomo-mito, che aveva la pelle sciupata giallastra di chi sta male, ma lui non si lamentava; era impietoso reale e non sognava, mi sorrideva come si fa con un compagno che si rifiuta o non sa capire.
"Vedi - mi diceva - ti impegni lotti, fuori piove e all'improvviso ti senti vecchio finito".
Ipocritamente ho sempre cercato di deviare discorso, oppure chiedere i particolari che poi capivo a fatica, che Bepi usava una terminologia medica da primario ed io certe parole non sapevo bene a cosa si riferissero,vedevo uno straccio che non mollava, ma con la testa sveglia manco dio riusciva ad ingannarlo .
Cure pesanti come richiede il male e fatica a parlare, fiacca, bisogno di riposo per Bepi seduto e curato, come se fosse un bambino.
Passò l'inverno, venne la primavera, ed un giorno davanti la farmacia sotto casa vidi il mio amico, che era anche un vanto essere suo amico, con la moglie sottobraccio come due sposini che cercavano, così mi parve, recuperare il tempo perduto in mezzo agli altri, sorridevano e scesi dalla bici; parlammo delle rondini, del futuro, del tempo, di cosa non ricordo poi, solo che mi parve sereno, sorridente.
Anche stavolta, seppure a fatica, Bepi era riuscito a non perdere; dissi come è mio solito qualche stupidaggine, chè si preparasse per le Feste almeno che al Partito uno come lui era tanto-tantissimo.
Vago sorrise, ed entrò a prendere medicine.
Continuai ad andare a trovarlo a casa, ogni tanto in bici, per cortesia-dovere-amicizia.
Venne la stagione del sole nel cielo e al solito i metalmeccanici di Padova accerchiavano il Palazzo della Confindustria, tra tante bandiere, tantissime le rosse, sempre rette con la certezza del diritto; uno mi chiese come stava Bepi Ferro ed io capii che c' era stata una ricaduta, qualcosa che mi era sfuggito. Pedalai sino all' Ospedale e salite le scale del reparto oncologico mi trovai davanti un lettino a ruote, guidato da un infermiere grosso come i contadini abituati a faticare.
Cercavo Bepi e stavo per chiedere, quando la mano del malato trasportato, da sotto il lenzuolo, accennò un "ciao" che voleva dire "addio".
Che schifo, nemmeno un vivente o morto si vedeva, pareva solo stoffa del bianco lenzuolo, se non fosse stata quella mano abbozzata, nemmeno lo avrei visto.
"Ma dai " -mi pare aver provato a dire- "che sarà breve" .
Non ricordo più nulla di Bepi vivente.
Morì subito, l' avevo visto così, per caso.
In cgil, nel cortile ove di solito parcheggiavano le macchine, ci fu una cerimonia tra gente che piangeva-piangevano tutti e l' oratore di turno che diceva due parole piangeva pure .
La città fu tappezzata di manifesti a lutto, tutta la città.
E' passato tempo, qualche anno, la "Fabbrica di Bepi" è stata chiusa, era la più grande ed orgoglio di Padova.
Ora ci sono i cinesi con un uno dei tanti centri commerciali, lavorano come matti, vendono, fabbricano, trafficano, tutta la zona industriale, la famosa ZIP con l' interporto del futuro, mucchi di container, strade e super strade veloci su cui corrono macchine e camion .
Asfalto ovunque e velocità, quando piove lamento generale, franano le strade, logicamente una pitturata di asfalto non regge.
Come le bugie di Pinocchio la verità viene a galla sempre, ma i soldi sono i soldi e questa casta è affamata sempre più.
I nuovi manager non sanno e se lo sanno se ne fregano dei sacrifici delle passate genti.
Bepi Ferro , e chi era costui !?
Noi del Centro Studi Luccini lo ricordiamo, come non possiamo scordare le memorie i sacrifici del mondo del lavoro.
Noi non possiamo : è il nostro mestiere.!
Qualche anno, ma di preciso non saprei, mi sembra fossi ancora in attività.
Quando una sera lo andai a salutare, prima di andare a casa, in Fabbrica naturalmente, Bepi, era sempre in fabbrica, dentro i capannoni, nella saletta del Consiglio, in Direzione per qualche trattativa o rogna che andava ad appianare, in giro per l' area ove provavano i vagoni, all' Assindustria, un salto e ritorno, ricordo che di sfuggita mi apparve meno sicuro del solito, mi sorrise come faceva con istrionica esperienza di vita e gli sfuggi che era sempre in attesa dei risultati delle analisi.
Ascoltavo, eravano soli in cammino pei lunghi corridoi e Bepi per un attimo brevissimo mi sembrò dubbioso preoccupato, ma senza lagna ed io, che non avevo altro e sempre ascoltato da lui come si deve ottenere quello cui si ha diritto, sia nel lavoro che nel sociale, intuii che mi parlava di se come padre, marito, uomo che non sta bene.
Analisi pensai, non della mente, che era sempre adorabilmente ed onestamente sveglio, analisi di urine-sangue quelle robe che zac! e ti condizionano tutto il futuro e devi subito prendere decisioni che non ci sono mediazioni, chè la verità il responso non guarda in faccia alcuno: ricco, povero, giovane, bello.
Superficialmente mi sembrava non saper altro dire, buttai la cosa in vacca e cercai di fare altro discorso, magari gli chiesi che pensava del Partito, ora che c' era sta proposta di Occhetto, così cercai di far deviare Bepi e lui deve aver capito che non avevo capito nulla, che era vano tentare un dignitoso sfogo con un impreparato come me.
Parlammo ancora un poco a vanvera, solo per arrivare ai cancelli ove mi compagnò: "ci si vede Petrolati, ci si vede uno di questi giorni" e mi diede la mano come si fa tra gente che non porta la tuta.
Le manifestazioni per rivendicare il giusto salario, cortei a biscia, acqua impietosa ed anche freddo, tamburi di latta, fischietti che laceravano l' aria mentre la gente guardava con poca simpatia chè s'intralciava il traffico, si ripetevano ormai come di prassi senza errori, mancava solo lui in cima al corteo civile chè per ragioni di salute ora era in ospedale, o a casa per le cure.
La cosa mi sembrava impossibile chè per il Partito ed il Sindacato lui era stato sempre presente, prima degli altri capiva e guidava.
I contratti i direttivi il giornale che sempre aveva in tasca, allora chiesi e mi indicarono dove stava di casa.
In bici lo andavo a trovare e mi faceva salire le scale sino in cucina, c' era il tavolo pieno di scatole confezioni di medicine e l' Unità aperta come se fosse la tovaglia.
La moglie mi faceva il caffè ed io stavo un pò a sentire quell' uomo-mito, che aveva la pelle sciupata giallastra di chi sta male, ma lui non si lamentava; era impietoso reale e non sognava, mi sorrideva come si fa con un compagno che si rifiuta o non sa capire.
"Vedi - mi diceva - ti impegni lotti, fuori piove e all'improvviso ti senti vecchio finito".
Ipocritamente ho sempre cercato di deviare discorso, oppure chiedere i particolari che poi capivo a fatica, che Bepi usava una terminologia medica da primario ed io certe parole non sapevo bene a cosa si riferissero,vedevo uno straccio che non mollava, ma con la testa sveglia manco dio riusciva ad ingannarlo .
Cure pesanti come richiede il male e fatica a parlare, fiacca, bisogno di riposo per Bepi seduto e curato, come se fosse un bambino.
Passò l'inverno, venne la primavera, ed un giorno davanti la farmacia sotto casa vidi il mio amico, che era anche un vanto essere suo amico, con la moglie sottobraccio come due sposini che cercavano, così mi parve, recuperare il tempo perduto in mezzo agli altri, sorridevano e scesi dalla bici; parlammo delle rondini, del futuro, del tempo, di cosa non ricordo poi, solo che mi parve sereno, sorridente.
Anche stavolta, seppure a fatica, Bepi era riuscito a non perdere; dissi come è mio solito qualche stupidaggine, chè si preparasse per le Feste almeno che al Partito uno come lui era tanto-tantissimo.
Vago sorrise, ed entrò a prendere medicine.
Continuai ad andare a trovarlo a casa, ogni tanto in bici, per cortesia-dovere-amicizia.
Venne la stagione del sole nel cielo e al solito i metalmeccanici di Padova accerchiavano il Palazzo della Confindustria, tra tante bandiere, tantissime le rosse, sempre rette con la certezza del diritto; uno mi chiese come stava Bepi Ferro ed io capii che c' era stata una ricaduta, qualcosa che mi era sfuggito. Pedalai sino all' Ospedale e salite le scale del reparto oncologico mi trovai davanti un lettino a ruote, guidato da un infermiere grosso come i contadini abituati a faticare.
Cercavo Bepi e stavo per chiedere, quando la mano del malato trasportato, da sotto il lenzuolo, accennò un "ciao" che voleva dire "addio".
Che schifo, nemmeno un vivente o morto si vedeva, pareva solo stoffa del bianco lenzuolo, se non fosse stata quella mano abbozzata, nemmeno lo avrei visto.
"Ma dai " -mi pare aver provato a dire- "che sarà breve" .
Non ricordo più nulla di Bepi vivente.
Morì subito, l' avevo visto così, per caso.
In cgil, nel cortile ove di solito parcheggiavano le macchine, ci fu una cerimonia tra gente che piangeva-piangevano tutti e l' oratore di turno che diceva due parole piangeva pure .
La città fu tappezzata di manifesti a lutto, tutta la città.
E' passato tempo, qualche anno, la "Fabbrica di Bepi" è stata chiusa, era la più grande ed orgoglio di Padova.
Ora ci sono i cinesi con un uno dei tanti centri commerciali, lavorano come matti, vendono, fabbricano, trafficano, tutta la zona industriale, la famosa ZIP con l' interporto del futuro, mucchi di container, strade e super strade veloci su cui corrono macchine e camion .
Asfalto ovunque e velocità, quando piove lamento generale, franano le strade, logicamente una pitturata di asfalto non regge.
Come le bugie di Pinocchio la verità viene a galla sempre, ma i soldi sono i soldi e questa casta è affamata sempre più.
I nuovi manager non sanno e se lo sanno se ne fregano dei sacrifici delle passate genti.
Bepi Ferro , e chi era costui !?
Noi del Centro Studi Luccini lo ricordiamo, come non possiamo scordare le memorie i sacrifici del mondo del lavoro.
Noi non possiamo : è il nostro mestiere.!
2 commenti:
Non ho conosciuto il Bepi, ma ho cercato, come è mia mania, ed ho scovato questo sul link che riporto
http://www.lapadania.com/PadaniaOnLine/Articolo.aspx?pDesc=73617,1,1
con il passo in esso contenuto che riguarda appunto la memoria di Ferro "...Una mattina del 1977 un corteo sindacale di operai di grandi fabbriche in Piazza della Frutta fu aggredito da militanti di Autonomia Operaia con spranghe, bastoni e catene. I sindacati avevano un servizio d’ordine agguerrito: non servì quasi a nulla. Un leader operaio, Bepi Ferro, capo delle Officine Meccaniche Stanga, finì gravemente ferito alla testa.
A sprangarlo fino a ridurlo in fin di vita fu Claudio Latino, uno dei brigatisti arrestati....".
Dopo questo, che altro potrei dire, solo pormi una domanda...ne abbiamo ancora di questa gente nel sindacato...??
Comunque Dario, uno onesto, sincero, delicato, bel ricordo, non certo istituzionale, ma si legge tra le righe, sicuramente sentito.
Sei veramente bravo Franco,
hai stampato la figura di Bepi Ferro come meglio non si poteva.
Mi è venuto a mente lo scritto in quanto il Centro vorrebbe stampare un libro sul mitico Operaio-Comunista.
Pensa e mi sono scordato di dirlo, lo faccio ora , che un anno sotto le elezioni politiche la Federazione di Padova voleva assolutamente candidarlo per la Camera.
La sua elezione sarebbe stata certa, ma preferì restare coi suoi compagni di sindacato in mezzo alle tute blu.
In casa sua c'è uno dei quadri che facevo io quando ero in attività,allora mi sfogavo coi colori inferno acrilici e tanti immaginati colori come facevo poesie ed altro.
Poi mi sono fermato ma ho una voglia tremenda di riprendere :
non ho tempo assolutamente.Poi oltre al lavoro quì del Centro,mi chiedono la collaborazione fattiva per il libro e pare stiano preparando la seconda edizione di Luoghi,non puoi immaginarti le richieste, anche per strada e la emozione è grande.
Prepariamoci per l'incontro a Senigallia , tu quello che fai già lo senti,mi basta vedervi,che ho paura di commuovermi,
ciao a tutti caramente, dario.
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