venerdì 15 dicembre 2017

DOVEROSE LE SCUSE, non di certo i Grazie.

Mantenere le promesse, anche per me, è un punto fermo.

A volte la rabbia, ancor più quando dettata dall'impotenza del poter fare, ti toglie la luce dagli occhi e ti porta a vedere il buio più assoluto.
E quello che mi ha fatto perdere la luce dagli occhi è stata da prima la paventata soppressione dell'UTIC del nostro nosocomio e per secondo il modo di porsi, un po' da primi della classe, dei cinque personaggi che hanno sempre gestito tutta la situazione. Avevano parlato di congelamento della determina nel corso di una commissione ad Agosto, ma parlato e si sa come in politica il parlare vale ben poco, perché il mai dire mai è sempre dietro l'angolo. A cui ha poi fatto seguito un seminare di date espresse in mesi, alla scadenza dei quali, si sarebbero veduti i risultati. Ed anche a queste io ho creduto poco, anzi con tutta onesta, nulla. Però, evidentemente, mi sbagliavo e proprio perché sono solito metterci la faccia su ogni cosa che faccio e dico, avevo anche io promesso che sarei stato oltremodo felice se Babbo Natale, mi avesse portato per regalo la notizia che il mio pessimismo era sbagliato. A quel punto avrei chiesto pubblicamente ed umilmente scusa, come sarebbe stato giusto che facessi.
E qui, dunque, sono a farlo nei confronti di quei cinque signori, che come non avevo nominato prima, non nomino neppure ora (Ma loro sanno chi sono). Anche perché, proprio direttamente nei miei confronti, uno di questi signori, piuttosto che usare una normale dialettica e magari cercando di spiegarmi dove sbagliavo, ha preferito tagliare i ponti su di un social network, e con spocchiosità neppure mal celata ha espresso con il suo gesto il suo pensiero offensivo di :" Ma stai zitto tu che sei un povero imbecille". Per quanto riguarda gli altri quattro o non mi hanno neppure letto oppure ritenuto giustamente solo uno dei tanti insoddisfatti. 
Vorrei però far notare che sia le scuse che i grazie, possono essere di due tipi: le sentite (e sincere) e le false (o più che false dettate dalla buona educazione).
Le mie scuse appartengono alla prima tipologia, se dovessi esprimere il grazie, cadrei nella seconda. Ma io tra i tanti difetti che ho, non conosco quello della falsità.
Ecco perché non dico grazie! Quando andavo al lavoro e smarcavo il cartellino puntualmente, nessuno giustamente mi ha mai detto grazie, perché svolgevo  solo unicamente e coscienziosamente il lavoro per cui ero pagato. Idem quindi per chi si è impegnato a portare a termine i problemi di cui ho parlato e che ancora, però, non sono stati portati a termine nella loro totalità.
Ieri sera seguivo il Consiglio Comunale, o meglio ne ho seguito solo degli spezzoni, per via di interruzioni audio-video causati da motivi tecnici, ed ho potuto ascoltare che si ritornerà di nuovo in Commissione Sanità, perché ancora si lamentano dei disservizi.
E quello proprio di cui si parlava maggiormente, era la gestione del flusso di utenti al Laboratorio analisi, con lunghe file. Cosa che proprio questa mattina ho potuto toccare personalmente con mano.
Sarà stato un caso fortuito, ma ieri essendo venuto a conoscenza che era passata al Senato la legge sul Biotestamento  che la determina UTIC era stata riscritta e che il mattino dopo (oggi 15 c.m.) dovevo sottopormi ad un intervento (piccolo) per l'asportazione di una ciste dentale, mi son detto rorridendo che male che fosse andata mi sentivo più protetto. Visto il ritorno ufficiale del supporto dell'Unità di Terapia Intensiva e vedendola proprio nera, avrei potuto rifiutare di prolungare questo vivere male, barattandolo con una morte almeno dignitosa.
Fatto è che questa mattina mi sono sottoposto all'asportazione. Perfetto tutto il servizio offerto, partendo dalla puntualità rispettata, dalla professionalità del medico a quella dell'infermiera. Del resto in tutto il reparto altri non c'erano. Comunque tempo effettivo tra preparazione, intervento, pratiche burocratiche e saluti al medico: totale, 27 minuti.
Passaggio alla cassa del Laboratorio Analisi per timbro di esenzione e rilascio della busta contenente il campione prelevato per gli esami di routine, tempo effettivo 43 minuti, poi considerando che non era ora di punta, perché erano le 11,45. E questo, dopo il mini intervento, in piedi, in fila, con il dolore che si faceva strada, terminando l'effetto dell'anestesia.
E questa è solo una delle problematiche, piccola per carità, che ancora sono da risolvere, alle quali si devono aggiungere i problemi della TAC un giorno funzionante e due no, la Risonanza Magnetica con gli imbianchini ancora in casa, l'Ottorino, l'Oculistica, il PS e potrei continuare, basterebbe ascoltare chi è in prima linea ogni giorno.
Potrò essere considerato anche un ficcanaso, seppur mi ritengo più un mediocre osservatore, ma mi mi piace soffermarmi sempre a considerare i piccoli aspetti per poi proiettarli in grande esaminando il risultato. 
Nella sala d'aspetto (4x4) ho contato ben 12, dico dodici cartelli con avvisi vari, rivolti al pubblico, fermati sul muro con pezzi di adesivo (in qualche altro reparto, usano perfino pezzi di cerotto). Ma dico, possibile mai che non sia venuto a mente a nessuno, di far costruire  una specie di bacheca di cartone (ci sono quei ragazzi e ragazze del servizio civile in radiologia che ne hanno di tempo disponibile !) dove porli tutti uniti. Sarebbe una dimostrazione di organizzazione, di ordine e di pulito Non parlo poi dell'ubicazione del bagno (1,5x1) con la porta in sala di attesa...
Uno di questi cartelli, parola più o parola meno, chiede scusa agli utenti motivando che, se suonano alla porta e nessuno risponde, è perché a volte sono solo in due in reparto e non possono abbandonare il paziente sulla sedia, e quindi si prega di attendere e riprovare. Una conferma, qualora fosse necessario, che il numero di personale è ridotto, anzi di più.
Dicevo io per primo, che questi sono piccoli problemi, ma vero è anche che se non si ha la capacità di risolvere questi che sono piccoli, figuriamoci quelli più complessi. Ed infatti è sotto gli occhi di tutti la realtà !!








di Franco Giannini

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