martedì 26 marzo 2013

Volti e nomi della Senigallia celebre ma modesta n° 21: Maurizio Liverani

Maurizio Liverani
Adottato da Senigallia, celeberrimo, forse al più un po' schivo... 

Ad accompagnarmi in questo incontro, un altro “mio” volto e nome celebre : Ermanno Tarli, che, amico di Liverani, si è adoperato perché potessi conoscerlo ed apprezzarne le sue qualità di giornalista. Me lo aveva decantato più volte con parole che ritenevo dettate, in verità, più dalla sua immensa affettuosa amicizia, tanto che come un San Tommaso ero andato a documentarmi in rete anche per prepararmi un po’ a questo incontro.

La navigazione non è stata delle più facili, ma alla fine trovare il suo sito e leggere il suo Curriculum Vitae, mi ha procurato come una specie di blocco, facendomi per un momento sorgere il dubbio se declinare l’invito.
Ermanno, non aveva infatti esagerato, quando mi diceva: ”… vedrai che personaggio, un uomo di cultura…”. Effettivamente il solo abito di “giornalista”, scorrendo il suo Palmares, ho notato subito quanto gli andava stretto, molto stretto! Oramai però non potevo far macchina indietro, perché sarei apparso, oltre che persona impreparata, quale poi effettivamente sono, a dialogare con un personaggio di tale calibro, anche quella di imperdonabile individuo ineducato.
Ad accoglierci una gentilissima padrona di casa. Ho appreso poi, anch’ella un’eccellenza del mondo della cultura, più precisamente nel campo artistico dell’immagine ed ancor più dettagliatamente nel linguaggio-immagine : la Sig.ra Chiara Diamantini.
Finalmente dopo i soliti preamboli da persone civili, ho avuto il piacere di conoscere Maurizio Liverani. Già alla prima stretta di mano, mi sono sentito più a mio agio. Non certo per merito mio, ma perché appena ho fatto accenno ad un mio timoroso “Dottor Liverani…”, ho ascoltato la sua sincera e sorridente controfferta: ”ma che dottore e dottore, diamoci del tu…”.
Un onore che invece di sciogliermi dal mio imbarazzo, mi ha raggelato ulteriormente, ma lui non se n’è accorto o quanto meno ha finto, perché da questo momento Liverani si è tramutato, per circa due ore, in un “fiume” in piena.
Diciamo che il nostro colloquio nasce non dall’inizio, bensì dalla fine delle sue esperienze lavorative: la pubblicazione dei suoi libri che è iniziata pochi anni fa, quando ha conosciuto la sua “musa” letteraria nella curatrice delle sue opere, colei che ha scritto le prefazioni : Barbara Soffici. E’ così che parlando di queste sue opere mi fa dono di due volumi che sono sul tavolo di lavoro del salotto: ”Disamore” e “Le fuggevoli nuvole del divismo si dissolvono con Audrey”.
Senza attendere una mia domanda, comincia a raccontare: ”Senza l’incontro con questa Barbara Soffici che sa usare internet in maniera straordinaria, non ci sarebbe stata questa pubblicazione di “Disamore” che era stato pubblicato, ma non distribuito per il fallimento dell’editore. Quindi sono rimasto con casse di questi libri… poi si sa gli editori come sono, tu gli mandi i tuoi scritti e loro neppure ti rispondono. Fino a che un giorno non incontro questa Barbara che mi dice io ho letto una tua cosa bellissima… e così poi lei ha trovato il modo di ristamparlo attraverso internet”.
E continua con il raccontandomi come essendosi occupato per tantissimi anni di cinema, sia come critico che come inviato per “Tempo Illustrato”, “Settimana Incom”, aveva tutta una serie di ritratti di attori che oggi solo lui può conoscere per via dell’età e così dicendo fa l’elenco di quelli che ha conosciuto: Richard Burton, Liz Taylor, Tatì, Fellini… e qui quasi che parlasse dell’inquilino della porta accanto aggiunge: ”la mia amicizia con Fellini, sa, sono stato il primo ad intervistarlo…” Si ferma un attimo e su suggerimento di Ermanno comincia a raccontarmi i retroscena de “I Vitelloni”.
“Lui voleva fare questo film però siccome era un’epoca in cui da una parte si voleva i film realistici che guardassero la società, dall’altra parte c’era il moralismo dei cattolici, quindi c’era una specie di congiura contro questo film che praticamente da alcuni veniva considerato che usciva dai canoni di un realismo socialista e dall’altro dai canoni di un moralismo cattolico, Ed invece è attualissimo anche oggi. Poi un film non è che deve aderire a certe ideologie, devi sostenere qualsiasi cosa purché sia bello. Se è bello puoi anche non condividere. Insomma posso andarlo a vedere, ma non ne voglio sentir parlare. Chaplin, quando io l’ho incontrato (e così dicendo ci mostra la foto di lui tra Chaplin e la moglie Oona O’Neill) l’intervista con lui è stata una cosa inusuale perché mi diceva – se io avessi Cinecittà chissà quanti film potrei fare – e poi parlava sempre di soldi e di donne. Non voleva sapere nient’altro.”
E così parlando di Chaplin collega il discorso ad un fatto recente: “… quando ho sentito quel candidato della Cancelleria Tedesca che ha detto che noi abbiamo due clown (Grillo e Berlusconi), noi non dimentichiamo che l’umanità è stata guidata spesso da dei clown. Hitler, Mussolini, Stalin stesso era un clown, più clown di Napoleone che prende la corona e se la mette in testa da solo, che prende la Gioconda e se la mette nella stanza da letto… Ma perché Grillo ha successo, uno che si presenta e dice “Arrendetevi” ad una classe politica che ha rovinato il Paese, però lo fa da clown, tu gli credi, perché il paradosso diviene credibile. Il nostro è un paese che quando mai è stato mai unito… un Paese che è la patria dei clown, dai preti ai grandi intellettuali. Io ti posso dire dire che tutti quelli che ho conosciuto, facevano ridere in Parlamento, infatti Flaiano mi diceva – a De Gasperi gli puoi dar credito perché è un cattolico, ma non democristiano, perché se uno dice che è democristiano vuol dire che è un imbroglione, invece dice che è cattolico ed allora va bene. Ma a suo modo anche lui era un bugiardo perché faceva parte del Parlamento che approvò la fucilazione di Cesare Battisti…-”
E continua a raccontare senza fermarsi mai passando da fatti di carattere nazionale, per andare magari a ricordi locali sulle famiglie più altolocate di Senigallia dei tempi passati. Rievocando episodi di vita cittadina gli torna alla memoria un altro aneddoto quando: ”Zazzarini e Mussolini erano seduti qui davanti al Centrale. Mussolini era venuto a Senigallia per radunare un po’ di adepti da portare alla Marcia su Roma, se non ché mio zio passa di lì e Zazzarini gli fa – vieni qui che ti voglio presentare Mussolini –, ma no sai voglio andare al mare, non mi interessa – era l’agosto del 22 e nel settembre facevano la Marcia su Roma. Ma poi mio zio fece carriera (ministro delle comunicazioni della Repubblica di Salò e venne fucilato – NdR) e ricordo quando mi portò a Salò per farmi conoscere Mussolini, erano allora gli ultimi giorni, ed andammo. Ricordo che c’era una lunga tavolata e lui stava da una parte con già scolpito in faccia questo presentimento della fine. Ad un certo momento, ricordo, che mio zio mi disse – vieni che ti presento Mussolini – e rivolto a lui tutto un pezzo – Duce ti presento mio nipote Maurizio – ed allora Mussolini gli rispose – bel nome di anarchico! – Perché quella volta i fascisti erano anarchici. Poi quando presi la cittadinanza qui a Senigallia, venne fuori Maurizio Benito Liverani, – e ridendo ci dice – pensa se prevaleva il Benito”.
Mentre stiamo piacevolmente conversando ecco che arriva, ad hoc, la giovane Signora Barbara Soffici che Liverani, non tralascia cortesemente di presentarmi: “Questa signora è quella che ha praticamente scoperto la mia possibilità di esprimermi, una musa e non solo, ma è una specie di editrice, una scopritrice di talenti… oggi siamo arrivati a questo terzo libro che è da prima di Natale che ci stiamo lavorando.”
E sempre parlando si riprende il discorso su Fellini e racconta come dei primi tempi ed i rapporti amichevoli che aveva con Aldo Fabrizi che lo prendeva sempre in giro, a volte trattandolo anche un po’ male. Il primo sempre compassato e pensieroso e l’altro allegro, pacioccone, che borbottando e riprendendolo per il suo aspetto serioso lo costringeva coinvolgendolo in amichevoli quanto abbondanti spaghettate.
Ermanno trovandoci a parlare di Fellini, gli chiede se rispondessero a verità, le dicerie di un Federico un po’ bugiardo e che “prendesse” qualche idea dagli altri. “Beh lui deve tutto a Flaiano – risponde Liverani – anche perchè i famosi Vitelloni, non erano i perdigiorno di Rimini, ma erano i perdigiorno di Pescara, perchè è a Pescara che li chiamano Vitelloni, come pure i paparazzi che sono dei granchietti che al mattino andavano invadendo e disturbavano le passeggiate sul lungomare di Rimini. Io del resto questa storia l’ho spiegata diverse volte, ma la gente continua a pensare che i Vitelloni erano di Rimini… E devo aggiungere anche che contrariamente a quanto si crede, a Rimini non è che vedessero di buon occhio Fellini e questo fino alla sua morte! Non era in sintonia con la mentalità politica del posto e poi per il fatto che collaborava anche con Flaiano che non tralasciava battute ironiche nei confronti dei comunisti.”
E così parlando racconta anche della morte di Flaiano, del suo arrivo all’ospedale immediatamente dopo che era morto e della sua celebre frase in punto di morte che disse alla moglie: “Come sono contento”, frase di cui Maurizio Costanzo invece si appropriò con il dire, pur non essendo vero, di averla raccolta lui, in punto di morte e non la moglie. Un individuo, che da quel che posso intuire, anche per questi comportamenti, Liverani, non è che nutra gran simpatia.
Maurizio Liverani e Chiara Diamantini
Maurizio con la Sig.ra Chiara Diamantini
La discussione cade anche, e così non poteva che essere, sul degrado della nostra politica attuale, sul M5S, su Berlusconi e viste le sue innumerevoli argomentazioni sul personaggio, mi porta ad esclamare: “Ma conosce, ha conosciuto anche lui?”
“Sì lo conosco. E’ una persona generosissima. Pensi che se va a Murano, in una delle vetrerie, gli raccontano questa che non è una storia è verità. Era una annata che non avevano ordinazioni e lui, venutolo a sapere, dal momento che era Presidente del Consiglio, ha pensato che dal momento che doveva fare dei regali ai capi di stato, allora ha ordinato alla ditta in questione, vasi, lampadari ecc. fornendo lavoro a questi operai per un anno. Neppure dirlo se lei va lì c’è un 100% di berlusconiani perchè convinti che lui gli ha salvato la vita. Poi ha indubbiamente ha altri fattori meno positivi e comunque si è circondato da gente che lo ha rovinato. Una delle sue pecche è che non conosce ad esempio il materialismo dei comunisti. Il loro fine giustifica i mezzi.”
Ed è così che continuando a parlare, mi racconta che la sua mamma di era una personalità artistica di Senigallia in quanto affermata cantante lirica, un soprano di nome e di successo che ebbe modo di recitare anche nel nostro allora bellissimo teatro “La Fenice” del tempo. E sottolinea come non abbia mai avuto il coraggio di dirle quale mostruosità fosse stata poi ricostruita sulle rovine del tempo.
Ritornando alla sua vita di giornalista, mi permetto di rammentare la sua medaglia d’oro del giornalismo, sentendomi rispondere con modestia e non certo con la falsa: “Sono quelle cose che si conquistano, più che per merito, con l’età!”. Azzardo allora a chiedergli, come sia riuscito ad entrare nelle redazioni di tantissimi giornali, partendo dai sinistroidi di Paese Sera, per arrivare al Borghese, che era di corrente nettamente contraria. Anche qui mi dice che è solo il frutto di un lavoro maturato in quarant’anni di servizio, quando nei giornali invece basterebbe starcene 15 e l’unica cosa di cui si può vantare è che non si è mai asservito alle redazioni per cui nessuno è stato mai disposto a raccomandarlo e quindi è stato sempre e solo richiesto.
Ed è Ermanno, che lo conosce bene, che con il suo vocione da fuori campo, gli rammenta l’epoca della gavetta di quando dormiva dentro una vasca da bagno e si scambiava tale giaciglio con i colleghi turnisti montanti o smontanti.
Sollecitato nei ricordi mi rivela anche come ai fatti dell’Ungheria, allora era a Paese Sera ed era titolare della terza pagina, ingenuamente manifestò il suo rincrescimento per la cosa, che non piacque a Pajetta che immediatamente gli telefonò per dirgli di occuparsi di cinema e lui libero come si è sempre sentito, prese e se ne andò. Si definisce, in questa occasione, come un povero ingenuo, perchè tutti poi quelli che invece rimasero, i Gad Lerner, i Santoro ed altri hanno fatto la strada che hanno fatto.
Parlando di questo si lambiscono anche ricordi sportivi e si finisce con il parlare di sport, di calcio, di Juve, e chi mi tira fuori? Carosio, il Radiocronista, l’uomo che è passato alla storia per quel famoso “Quasi rete”. E dove si poteva trovare Liverani in quell’occasione, in quel preciso momento, se non alle spalle di Carosio. Ricorda allora che la postazione del radiocronista era dietro le righe che delimitavano il campo. Ma il bello è che non ti dice io ero lì o meglio ancora io conoscevo Tizio o Caio, ma semplicemente ti spiega i fatti che si svolsero e magari vi aggiunge allora un “gli ho detto”, o “ci siamo detti” pronunciati quasi sovrappensiero.
La stessa semplicità che usa quando mi narra di Mario Tedeschi direttore de “Il Borghese”, un giornale anarchico di destra, che lo volle con lui, quando uscì il suo film “Sai cosa faceva Stalin alle donne” presentato al XXX Festival di Venezia-Sezione Informativa. E parlandomi di questa assunzione mi racconta della telefonata, appunto di Tedeschi a cui fa seguito la successiva conoscenza con Almirante e l’assunzione al giornale. Fa presente a Tedeschi che non ritenendosi nè uomo di destra nè di sinistra scriverà sotto il pseudonimo di Ivanovic Koba, che per lungo tempo i lettori credettero che fosse un giornalista iugoslavo che scriveva in italiano.
Ma concatenato a quell’aneddoto fa seguito questo di quando scriveva con un altro pseudonimo, Mauro Lirani, su Paese Sera. Questa la sua riassunta spiegazione. Semplicemente per poter scrivere, dietro invito di Pallavicini, il direttore di “Settimana Incom”, anche su questo giornale oltre che su Paese Sera. E sempre legato al discorso Mauro Lirani, ridendo ricorda come nessuno ne sapeva nulla, ma una volta arrivato a Senigallia, questo risultò come il segreto di Pulcinella, lo sapevano tutti.
Potrei e vorrei dilungarmi ancora narrando tutti gli aneddoti, le storie, le verità ascoltate, però per la sola etica del rispetto che conosco, quella del buon senso, non certo quella del giornalista che non conosco non essendelo, non posso per due motivi: uno l’ironia di Maurizio Liverani, che io invece non possiedo, e l’altra, perchè quello che qui non racconto è contenuto tutto dentro il suo ultimo lavoro.
Anticipo solo il fatto, per invogliarvene alla lettura, di quando sedicenne, iscritto al PCI, partì partigiano e la mamma lo volle mandare in montagna non con la maglietta di lana, ma vestito con un Principe di Galles. O ancora il più esilarante incontro, a Venezia, per una specie di armistizio tra un ufficiale tedesco ed uno inglese, in cui lui faceva da terzo incomodo, mentre i due ufficiali, un colpo di fulmine, incontrandosi mettevano le prime basi alle “unioni di fatto”. Non una storiella, ma la pura verità.
Questi i primi tre libri già in vendita, mentre il quarto a cui facevo appunto riferimento sta per uscire, se non già uscito al momento di andare in pubblicazione. Comunque libri da non perdere per le verità narrate con la chiave ironica che è da sempre appartenuta a Maurizio Liverani.

Franco Giannini
Franco Giannini
Pubblicato Domenica 24 marzo, 2013 su Senigallia Notizie.it 
 
 
Questi i commenti dei lettori di Senigallia Notizie.it :
 
e39
2013-03-24 23:27:21
Complimenti Sig. Franco, conosco personalmente il Dott. Maurizio Liverani ed ho sempre ammirato la sua modestia nonostante i tanti riconoscimenti ottenuti a livello nazionale. La nostra amministrazione comunale mai si è curata di riconoscere le sue svariate eccellenze, forse perché non si è mai riconosciuto nell'appartenenza politica che ci ha sempre governato Senigallia. Spero che quanto prima gli vengano dati i dovuti onori.
giuseppe di mauro
2013-03-25 10:44:24
Caro Maurizio,data l'Amicizia che ci lega,sapevo già un pò tutto,ma se se Tu non sapevi come sei, ora lo sai...a Te Chiara e Barbara un caro e affettuoso saluto e i miei sinceri complimenti al signor Franco Giannini...Beppe

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