giovedì 26 luglio 2018

I Ricordi sono come le ciliegie, uno tira l'altro...

Le Ginestre viste da Pietralacroce


Poi se ti “azzardi” a pubblicarli su FB, ecco che trovi sempre l'anima buona chein un modo o nell'altro ti aiuta in questo tuo migrar nei tempi andati... Uno di questi è MAURO OSSIDI a cui va la mia riconoscenza per la sua disponibilità. 

Mi corre quasi l'obbligo, prima di avventurarmi su questo percorso, di fare una premessa: non sono assolutamente un cacciatore di un "Mi piace" dal buonista di turno, ma una persona sincera a cui fa piacere, questo perché no, di essere letto e magari anche criticato. Se dovessi riuscire a mantenere la vostra attenzione fino in fondo, senza annoiarvi con le mie parole, se durante la lettura non dovreste avere problemi di mal di mare (poi leggendo comprenderete il perché dico ciò, se la crema solare vi avrà evitato scottature, se (ma qui il "se" è superfluo in quanto ho la certezza) le foto di Mauro Ossidi vi faranno respirare, seppur virtualmente, l'aria di mare e se questa, a sua volta, vi risveglierà l'appetito, allora questo è il momento giusto per prendervi una pausa ed andarvi a mettere a scaldare l'acqua per cuocere due spaghetti allo scoglio, anch'essi virtuali purtroppo, non avendo, immagino, al momento gli ingredienti principali. Perché la pausa ?vi chiederete. Semplicemente perché - e giuro sperando che non vi suoni come una minaccia - significherebbe che il mio obiettivo è stato centrato. Ovvero, quello di aver destato il vostro interesse concedendomi l'autorizzazione a  continuare a descrivere questo viaggio che sarà anche virtuale, ma che mi ha richiamato (e voglio sperare vi richiamerà) alla mente veritieri ricordi e bellissime emozioni. Grazie per l'attenzione e buona lettura.

Navigando, e qui mai termine fu più appropriato, sulle pagine di Facebook, mi sono imbattuto in una foto, scattata e postata da chissà chi, raffigurante la “Grotta Azzurra” locata ai piedi della falesia su cui poggia il quartiere anconetano de La Panoramica. Un rione diciamo delocalizzato di quel Quartiere Adriatico (Viale della Vittoria) denominato (parlo dei miei tempi!) come “el riò de la fetina”.
La Grotta Azzurra
A portarvi giù, un sentiero molto scosceso, largo appena una cinquantina di centimetri, perennemente franabile e quindi per la somma di queste difficoltà, da considerarsi pericoloso. Almeno quando io lo percorrevo era così e proprio perché presentava questa serie di difficoltà, l'incoscienza giovanile mi portava a non tenerne conto, pensando solo a quello che avrei trovato alla sua base : mare cristallino, profumo di scoglio, assenza di quella sabbia che se da un lato protegge i piedi dai tagli delle pietre, da un altro, fatto il bagno, ti si appiccica addosso finché non ti fai una doccia, e poi non devi fare centinaia di metri prima di poter dire con piacere " Ohh!!!...qui nun se toca!!".
Raccontavo, che in loco "possedevo" una grotta in muratura scavata sul fianco della falesia,
Ecco com'è o come dovrebbe essere
l'interno di una grotta
(quella che compare nella foto non è la mia!) dotata di quei comfort (parlo degli anni '56-'60 circa) che allora passava el “cunventu”, ma di cui, senza alcun sforzo ci si accontentava.
Però intanto il tam-tam sulle pagine di FB era risuonato, partito ed ecco che subito un mio omonimo, Massimo Giannini, non parente e che non ho mai conosciuto personalmente - mi è solo "amico" sulle pagine di FB -, mi pubblicava e condivideva con me la foto
Il Dinghy di cui si parla
di una barca (non lo so se sua, ma immagino che lo fosse o lo sia), un classe “Dinghy” completamente in legno e con tanto di vela issata, scattata sotto le grotte del Passetto.
A sua volta, non chiedetemi come, dove e perché, non saprei soddisfare la vostra curiosità, sono state commentate da diversi altri naviganti di Rete tra cui un certo Mauro Ossidi, che, ho scoperto poi “ficcanasando” sulla sua pagina - lo sport principale di chi naviga in Rete , - questo il link della sua pagina -, https://www.facebook.com/Mauro.Ossidi/ dove ho potuto ammirare le sue innumerevoli foto ivi  postate dell'intera Riviera del Conero. (Le foto pubblicate qui si possono ingrandire con un semplice click, ma consiglio di andarle a vedere direttamente sulla sua pagina )
Premetto che non si tratta di un'incensazione organizzata, in quanto anche questo Mauro Ossidi non lo conosco di persona, tanto più che abitiamo io a Senigallia (seppur con i natali ad Ancona, dove ho abitato fintanto che “Terry” non mi ha scacciato) da ben oltre quarant'anni, e lui credo ad Ancona. Quindi ciò che mi ha indotto a parlare di lui, dopo aver visionato la pagina e le sue foto, è stata solo la scoperta della passione che entrambi nutriamo per questo nostro mare e per l'intera costa del Conero. 
Una "Riviera" su cui sono incastonate perle di bellezze, mi arrischierei a dire un po' da spaccone, come sanno esserlo qualche volta gli anconetani, quasi uniche.
Premetto e sottolineo subito, onde evitare malintesi, che le foto qui postate (salvo un paio) e del resto tutte giustamente firmate, sono frutto del lavoro artistico di Mauro Ossidi e che io mi sono solo permesso di “rubare” - dopo una sua autorizzazione - abbinandovi queste due righe di ricordi o corredandole di semplici didascalie.
Ora sono qui a parlare d'immagini, scorci, scatti fissati da un attento obiettivo, che mi hanno svelato i veri valori di questi gioielli. Preziosità della natura che avevo visto innumerevoli volte frequentando queste località e che per questo credevo di conoscere, ma che, in effetti, solo oggi ho potuto appurare in quale modo superficiale le avessi osservate. L'occhio dell'artista infatti è quello che non vede, ma osserva, studia, particolareggia. Ed il frutto del suo lavoro ha fatto si che mi soffermassi a riflettere con più calma e serenità come queste foto richiedono se non addirittura, impongono. Da giovani, qual' ero allora, si sa che certe qualità paesaggistiche ed artistiche non si riescono né a vedere, percepire ed apprezzare, in quanto si è magari colpiti da altre visioni paradisiache, ma meno paesaggistiche.
Mauro Ossidi con la sua pagina, almeno con me, è riuscito in un' impresa che sembrerà facile, ma credo non lo sia: quella di ammorbidire e scacciare la superficialità di chi guarda, ma non osserva. Per tanti anni sono stato colpito anch'io da questa “malattia”: la superficialità, che ha alloggiato in me, ma che, in questo caso specifico, è stata curata scorrendo queste foto che non meritano di essere sfogliate, bensì centellinate come un buon vino D.o.c. Ed allora suggerisco, dopo la “sorsata” di un'immagine, di far seguire a chi si vuol prestare a questo gioco, di socchiudere gli occhi, lasciandosi andare a ricordi ch' essa farà risalire alla memoria sempre più numerosi e precisi.
Nella presentazione della sua pagina 
Già la presentazione, invoglia a sfogliare
Mauro Ossidi le definisce e si definisce :”modeste foto amatoriali,... non cercate foto belle, non sono un gran fotografo ne ho grandi mezzi...ma queste mie foto raccontano il mio mare e la mia terra! “.
La seconda parte dell'auto presentazione sarà anche vera, quanto è certamente "bugiarda" la prima. Il termine bugiarda lo uso logicamente in tono scherzoso, perché immagino dettato da quella ritrosità, da quella modestia, solitamente patrimonio degli Artisti inconsapevoli delle loro qualità. Essi, i fotografi nel nostro caso, senza saperlo, nel loro DNA posseggono l'Arte di vedere per primi, quello che gli altri (i secondi) non vedono. Saranno poi gli stessi secondi, alcuni di loro con un' apertura mentale più predisposta che riconosceranno ed apprezzeranno il valore dell'immagine fermata da chi di loro più sensibile, altri, invece, orbi e supponenti, magari battezzeranno l'opera con un secco “ecchecevole”. Costoro, poi puntato poi il soggetto dell' ecchecevole, faranno seguire il click senza rendersi minimamente conto che oltre che copiare un'immagine ne stanno “rubando” il valore maggiore... l'idea
Questa è solo arte e professionalità... ma quale dilettante ?
Ossisi, si definisce uno che “non ha grandi mezzi”, come se fosse unicamente il modello o ancor più il prezzo della macchina fotografica a fare di questo un Artista.
E' il “Manico”, cari signori, invece la cosa più importante. Quella cosa che non la si compra, perché o la si possiede naturalmente o risulterà irreperibile in qualsiasi emporio la si vada a cercare per l'acquisto. Questo valore pone una barriera invalicabile tra chi Artista è nato e chi non lo sarà mai. L'Artista, anche con una scatola di sardine, è in grado di immortalare con un click, qualsiasi cosa, mutandola da semplice immagine ad opera d'arte.
Colui che invece non lo è e non lo diverrà mai, seppur in possesso ed ostentando in mano gioielli quali una Nikon, una Canon, un' Hasselblad o altro, potrà eseguire al massimo una buona foto, ma nulla di più.
A parte il fatto, e credo che Ossidi concordi con me, che la cassa della macchina ha un valore relativo, mai importante quanto la bontà dell'obiettivo che essa monta, o meglio ancora della lente incorporata. Infatti nel mercato dell'usato si può incontrare il furbo che ti venda l'obiettivo di marca (a cui ha smontato la lente di valore) sostituendola con una di minori qualità. Perché chi mastica un po' di commercio della fotografia riesce a distinguere, non dico un'artista, ma l' appassionato fotografo dal dilettante allo sbaraglio, già da come impugna la macchina, da come la fa ruotare in mano, da come anteponga la marca del corpo macchina marca da quello della lente che l'obiettivo monta !!
Se fossi un critico fotografico, mi sarebbe interessato conoscere la marca della macchina usata da Ossidi, le lenti usate, asa, din, fuoco, tempi di esposizione e quanto di altro serve per poter giudicare,... se fossi, ma purtroppo non lo sono e tra questi dati tecnici mi sarei smarrito irrimediabilmente svelando quello che invece realmente sono !
Ed allora, io, uomo della strada, non giudice quindi di un concorso di fotografia, confesso di essere stato folgorato non certo dai mezzi tecnici, ma esclusivamente dalla bellezza di certe immagini che mi hanno procurato l'incaponimento della pelle. 
Ovvero... quando un dilettante supera
il professionista
Le foto di Ossidi mi hanno quasi obbligato a soffermarmi su particolari che io, seppur come già detto fossi un abituè di quei luoghi, non ne avevo notato i pregi.
Sfogliando questo suo album di foto scattate in tempi diversi, in località diverse, mi ha fatto ricostruire mentalmente un percorso fatto alla riscoperta di quella Riviera del Conero, conosciuta seppur sconosciuta. Ricordi che ora vorrei condividere con coloro che navigheranno su queste pagine, invitandoli tutti a bordo di una barca da diporto virtuale, assolutamente esenti, quindi, da mal di mare, scuffiate, marosi.
Ed allora tutti a bordo, tanto è tutto a gratis.
Facciamo finta di aprire e stendere sul tavolo a fianco del timone, la mappa della Riviera del Conero con tracciato il nostro itinerario.
Si parte, dunque, per il viaggio alla riscoperta del mare, della terra, dell' aria (oggi ad aiutarci avremo anche i droni), in compagnia del vento che accarezza le vele e della musica dello sciabordio dell'acqua sulla chiglia: un misto tra poco reale, ma tanta fantasia.
Le stazioni che toccheremo, sono l' Uscita dall'abbraccio dei due moli del porto di Ancona, i Cantieri Navali, le Rupi del Cardeto, la Grotta Azzurra, Il Passetto, La Piscina, Pietralacroce, la Vedova, il Trave, Portonovo, Sirolo, Numana...
Le stazioni non avranno una rotta prestabilita dalla linea tracciata sulle carte, perché bordeggeremo a seconda di dove ci porta il vento, ovvero di come sono state postate le foto che mi sono permesso di selezionare seguendo solo un mio gusto personale, condivisibile o meno. Ma la pagina di Ossidi su FB è molto più completa.
Porto  di Ancona : Molo Nord
La Lanterna Rossa
La foto della “Lanterna Rossa” posta a segnalare ai naviganti, la presenza del Molo Nord è l'emblema dell'Uscita dal porto di Ancona, di un molo dove è nata la zona industriale, dove c'è la "Fiera della Pesca" (almeno così era chiamata una volta), dove svettavano i Silo adibiti alla conservazione dei cereali scaricati dalle navi. 
I Silo del Molo Nord
La barca continua ad andare avanti, ma i miei ricordi si fermano per un istante in quel Molo dove una volta si sbeccavano e si lasciavano spurgare le “crucete” (in italiano garagolo) della loro bava, in cesti di vimini, perché, in quegli anni, l'acqua lì, era pulitissima. Le crucete così chiamate in vernacolo anconetano erano definite “brute, ma bone”. Brute per la loro spigolosità del guscio e bone, per la gustosità del "ciciolo", sia se mangiate crude (almeno una volta lo si faceva, ma oggi, visto il globale inquinamento delle acque, credo meno consigliabile) ed in porchetta. E si narra anche che esse rappresentino un po' il carattere dell'anconetano. E c'è una poesia di Eugenio Gioacchini in arte “Ceriago” a descrivere questo abbinamento. Tra il suo molo ed il mare erano posizionate i capanni da pesca (per noi più semplicemente le “Pesche”) piantate come palafitte, tutte in legno, con le reti a bilancia che venivano calate attraverso un verricello verticale azionato a mano ed il cui pescato veniva a sua volta recuperato con una “voliga” dal lungo manico flessibile. Le stesse “volighe”, che con il manico più corto, si usavano per pescare i “folpi” (in italiano, polpi). Una pesca che si faceva, mi sembra, nel periodo Agosto-settembre-ottobre, sia lungo i moli del porto, che tra le innumerevoli scogliere. Una pesca che veniva fatta prevalentemente di notte, perché i cefalopodi (per dirla da guzzo!) erano richiamati dalla luce fornita dalla fiamma che fuoriusciva dal beccuccio delle lampade a carburo, di cui era dotato ogni pescatore e che producevano gas di acetilene ottenuto dal misto di carburo ed acqua... Poi so che alcuni di questi capanni da pesca sono stati trasformati in ristoranti di pregio, ed oggi, solo immaginandolo, preferisco non sapere che fine ne abbiano fatto.
Continua...







Testo di : Franco Giannini
Foto  di : Mauro Ossidi

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