martedì 16 dicembre 2008

QUALE VALORE

Era da tantissimo tempo che facevo la "corte" alla "Prof." per poter avere l' onore ed il piacere di inserire qui nel blog, una delle sue lezione di Economia mista di Sociale, con il suo linguaggio non dottorale ma comprensibile ed aperto a tutti.
Finalmente, forse perchè esausta dai miei continui "lagni", mi ha dato il suo consenso per la pubblicazione di questo post, che ritengo un fermo immagine di momenti che abbiamo vissuto e stiamo vivendo. Grazie "Prof".
Franco Giannini

di Mariangela Paradisi
docente all' Università Politecnica delle Marche
Quanto valgono l’amicizia, la fedeltà a una idea o alla persona amata, la coerenza, l’onestà intellettuale e nei rapporti umani, il coraggio delle proprie azioni, l’umile condivisione delle vicende altrui, il rispetto dell’altro costi quello che costi? Moltissimo. Mille miliardi di euro, direbbero coloro che in questi valori credono.
Quanto valgono l’opportunismo, l’esibizionismo, le liturgie dell’apparire, le scelte strumentali solo al proprio godimento, le decisioni finalizzate a un utile personale? Moltissimo. Milioni di euro e molti privilegi. Direbbero coloro che della convenienza hanno fatto il loro credo. Quanto valgono le nostre vecchie lire rimaste nella tasca del cappotto? Nulla, si dirà. No, un miliardo e 300 mila euro - tre anni di finanziamento della social card - se tutte le banconote tornassero in circolazione (La Repubblica, 3 dicembre 2008). E dieci lire invece quanto valgono? Zero virgola zero uno centesimi? No, un euro, per i molti che le utilizzano per il carrello della spesa. Quanto vale l’ennesimo libro sotto l’albero di Natale del politico di riferimento? Poco o niente, in quanto a valore d’uso. Molto, presumibilmente, come valore di scambio. “Di te mi ricorderò”. Quanto vale il Pil, il prodotto interno lordo, ormai famoso più di George Clooney alle prese con la tazzina di caffè? Mille 475 miliardi di euro. E i consumi delle famiglie? Ottocentottantasei miliardi di euro. Ottocentottantasei miliardi di tazzine di caffè. E i quindici euro nel portafoglio della madre di famiglia l’ultima settimana del mese, quanto valgono? Moltissimo. Servono per un po’ di pane e un po’ di latte. E nel portafoglio di chi vorrebbe comprare l’ultimo must di moda, ma non può? Solo frustrazione. Ecco dunque che il valore è qualcosa che tutto sembra dire, ma nulla dice. O meglio, dice qualcosa solo se la domanda è quella giusta.
Per gli economisti dovrebbe essere più semplice. Loro misurano. E la moneta è una misura che appare perfetta. Cosa c’è di più neutro e democratico? È uguale per tutti. Non ha una marca. Non ha valore in sé - le lire insegnano -, ma solo in quanto ci procura qualcosa. Non fa distinzioni di classe. Dieci euro in mano a una persona non ci dicono chi è. Eppure, un economista preveggente e non a caso filosofo, il vecchio Carlo Marx, aveva capito che la presunta neutralità della moneta non esiste. Perché la moneta può diventare un fine, e non un mezzo, e allora il sistema capitalistico va in tilt. Quando la “valorizzazione del valore”, “l’impulso assoluto all’arricchimento”, “Il possessore di denari, o piuttosto la sua tasca, è il punto di partenza e ritorno del denaro” (Karl Marx, Il Capitale) si arriva al punto di non ritorno. Perché il denaro è sottratto al suo ruolo di mediatore del valore di scambio: merce-denaro-merce, e diventa il fine: denaro-merce-denaro. E allora, la voglia di accumulazione finanziaria apre lo spazio agli impulsi sempre più vigorosi al consumo, il grande veicolo dell’accumulazione selvaggia, col generale consenso di tutti perché - è strumentalmente detto - il consumo è foriero di benessere. È una frenesia innescata da chi specula su tutto quanto può essere oggetto di speculazione. E tutto può esserlo. Ma perché il gioco riesca la domanda di prodotti deve essere artificialmente gonfiata. Con ricorrenza storica la frenesia provoca crisi da sovrapproduzione che impoveriscono chi il valore lo produce, la forza lavoro. Il grande bluff si scopre. I palloncini si sgonfiano. Il sistema tracolla, ma – ormai la lezione quelli che contano l’hanno imparata – prima o poi riprende la sua corsa. I palcoscenici della speculazione sono tutelati. Lo spettacolo deve continuare. Si stringono nuove alleanze e nuove reti di interessi e convenienze. I regali sotto l’albero si fanno più ricchi e numerosi: ha valore chi il denaro lo possiede o può aiutare a possederlo. Le disuguaglianze aumentano e molti più bambini africani muoiono. La terrà soffoca un po’ di più. Ma pazienza. “È il capitalismo finanziario, baby”. Perché chi accumula denaro tutto può avere. Il potere, innanzi tutto. E al potere non si rinuncia. Tutto può avere. Salvo, naturalmente, i mille miliardi di euro dei più fortunati. Quelli che possiedono amicizia, onestà, fedeltà, coerenza, coraggio, umiltà, rispetto di sé e degli altri. Costi quello che costi.

4 commenti:

enrico dignani ha detto...

Natale
(Francesco De Gregori )

C'è la luna sui tetti c'è la notte per strada
e le ragazze ritornano in tram
ci scommetto che nevica, tra due giorni è Natale
ci scommetto dal freddo che fa.

E da dietro la porta sento uno che sale
ma si ferma due piani più giù
è un peccato davvero ma io già lo sapevo
che comunque non potevi esser tu.

E tu scrivimi, scrivimi
se ti viene la voglia
e raccontami quello che fai
se cammini nel mattino e ti addormenti di sera
e se dormi, che dormi e che sogni che fai.

E tu scrivimi, scrivimi per il bene che conti
per i conti che non tornano mai
se ti scappa un sorriso e ti si ferma sul viso
quell'allegra tristezza che ci hai.

Qui la gente va veloce ed il tempo corre piano
come un treno dentro una galleria
tra due giorni è Natale e non va bene e non va male
buonanotte, torna presto e così sia.

E tu scrivimi, scrivimi
se ti torna la voglia
e raccontami quello che fai
se cammini nel mattino e ti addormenti di sera
e se dormi, che dormi e che sogni che fai.

enrico dignani ha detto...

" BUON NATALE "
Renato Zero

E arriverà Natale,
Anche quest’anno arriverà
Natale per chi resta, per chi va
Natale da una lira
Natale ricco o no
Bambini per un giorno, per un po’
Vorrei che il tuo Natale
Risplendesse dentro te,
Che soffri e stare Al mondo sai cos’è
Per te che non hai storie
Da raccontare ormai…
Le fate son drogate
Malati i sogni tuoi
Vorrei dire buon Natale
E dividerlo con te
Con te che hai perso la speranza
E hai paura come me
Un tempo non lontano…
I doni appesi tutto intorno al camino,
Nessuno violentava,
Quel sogno che per mano ti portava
Giocavi allo sceriffo…
E per te un buono non era un fesso
E il bersaglio era finto…
Non era un uomo steso sul cemento
E non c’erano i brutti…
Quel giorno li erano d’accordo tutti…
Sia chi ha gli occhi lunghi,
La pelle nera o i capelli biondi
Natale da una lira…
Natale ricco o no…
Bambini per un giorno…per un po’
Perché non fosse una parola il bene…
Perché ogni bomba diventasse pane…
Io vorrei che almeno un giorno…
Quella cometa facesse ritorno!
E un campo di battaglia desse grano
Per quella morte con la falce in mano…
E al ventre di una donna, il suo bambino…
E breve o lungo ad ognuno il suo destino
Vorrei dire buon Natale…
Finché c’è chi ascolterà
Finché si farà l’amore…
Finché un uomo pregherà

www.dariopetrolati.it ha detto...

Ho letto e di corsa il pensiero scritto di Mariangela ,scusa la confidenza scritta,ma debbo o è meglio essere più formale ? ,se è meglio più conveniente , altra volta lo sarò.
Eh si non ci piove ,grazie Mariangela ,non hai fatto che confermare i miei dubbi che non avevo , in argomento.
Ci parliamo tra noi, però mentre gli altri,anche quelli che credevamo amici, distrattamente si gonfiano le tasche.
Pare una predica sana di moralista indemoniata chè vorrebbero farti tacere.
Grazie per il tuo appoggio mentale intelligente donna dalla schiena diritta .
dario.

www.dariopetrolati.it ha detto...

La parola ed il pensiero di Mariangela ho assorbito e per esserne sicuro,ho fatto quattro passi tra le mura del cortile.
Quì ho osservato le pieghe delle foglie-edera-, ascoltato il figlio del console nel suo esercizio del mercoledì,pensato alla fatica lavoro fisico dei mei compagni al BO'.
Torneranno stasera stremati anche se giovani.
Nessuno di loro ha mai rubato, solo superficialmente conosce Marx,la sera quando tornano a casa mangiano nel loro piatto.
Allora quei nomi sui giornali detti per radio nulla hanno a che fare con gente come i miei compagni.
Passerà a' nuttata e la verità il vestito , il padrone del vestito si saprà veramente chi è.
Noi siamo pronti anche al disonore.
Ma siamo sicuri della nostra lealtà.
Cerchiamo di non peredere la testa stiamo calmi e non facciamo confusione.
dario.