Zelinda :
Vedo il sole,
tanti alberi,
gente che passeggia.
I ricordi d'infanzia
tornano prepotenti
e allora
mi avvilisco un pò
poi, però, ritorno felice.
Irene : Mi ricordo che si andava sul campo a vangare, si lavorava nelle vigne, si andava a potare gli alberi. Io andavo solo a miete o a spigà. Dopo, col grano, ci si faceva le covate, si batteva e si metteva sul biroccio. Poi si portava in magazzino e tutti i contadini si aiutavano tra loro per ardunà tutto il proprio raccolto.
Io sono andata a mietere, a spigare, a raccogliere l'oliva; i contadini ti chiamavano perchè si doveva fare presto, perchè il grano cresceva ancora se non veniva tagliato.
Si lavorava anche a giornata dai contadini più piccoli, bastava solo un giorno perchè avevano meno terreno.
Dopo, la sera, si andava a casa del contadino, si mangiava la lonza, il pecorino, si cantava e poi si andava a dormire. Da mangiare in campagna era buono, perchè c'erano l'olio, i polli, il lardo, non mancava niente!
Zelinda : mio babbo era un ex contadino, lavorava sempre la terra. Mio padre ancora prima di morire era trentanni che non faceva più il contadino.
Lidia : mio padre lavorava all'Italcementi.
Umberto : io mio padre l'ho conosciuto quando avevo sette anni perchè lui era un nostromo, la barca è andata a fondo e mia madre è rimasta vedova con un figlio dentro la pancia.
Assunta : mio padre vendeva il vino.
Irene : si dava da fare!
Assunta : andava in Puglia a prendere il vino, andava a prendere il grano. Mio padre vendeva il vino perchè aveva il negozio.
Umberto : ci fai imbriagare tutti cò sta storia del vino !!
Dina : in campagna ci si svegliava alle quattro della mattina, quando cantava il gallo; c'era le bestie, le donne cucinavano per tutti, si lavorava tutti insieme.
Teresina : anche noi ci svegliavamo col gallo, poi le donne facevano le faccende di casa e gli uomini pensavano al bestiame.
Angela : io lavoravo in campagna e a casa. C'era la sorella di mio papà che andava sempre in piazza perchè c'era il mercato e prendeva la frutta. Abitavamo tutti nella stessa casa.
Dina : in una casa si abitava anche in quindici - venti persone: cugini, zii, tutti.
Santina : noi eravamo dieci figli e lavoravamo tutti con mamma e papà. Mamma faceva i lavori in casa e noi lavoravamo in campagna.
Umberto : io andavo al bar ! (Ironico)
Dina : un'ora sola al bar?
Ersilia : ah, lui sempre!
Umberto : da me i figli stavano con la madre, io lavoravo e andavo al bar!
Ersilia : ci si alzava e "trotta, trotta" si arrivava in fabbrica per la terza sirena, quindi bisognava iniziare a lavorare e produrre. Si faceva dieci, dodici, otto ore...dipendeva.
Arnalda : anche da me c'era la sirena per iniziare a lavorare.
Lea : io non avevo la sirena, facevo l'impiegata e iniziavo alle nove.
Dina : anche dopo sposata ho continuato a lavorare, però, quando avevo i bambini continuavo a lavorare ma meno di prima.
Teresina : invece io, quando mi sono nati i figli, ho continuato a lavorare nel campo: il lavoro era aumentato.
Brenno : io aiutavo mia moglie portandole la legna.
Teresina : mi ricordo che preparavo da mangiare e lo portavo nel campo a mio padre e agli zii.
Rina : io lavoravo nei campi e facevo i vestiti per me.
Lea : una volta mettevano una tovaglia bianca fuori dalla finestra e voleva dire che era ora di pranzo e gli uomini tornavano a casa. Quando il campo era lontano da casa non si riusciva a chiamarli e allora si metteva la tovaglia come segnale.
Teresa : anche il cane qundo era ora di pranzo si faceva sentire!
Angela : noi lavoravamo anche dopo che il sole era sceso, anche dopo cena. Illuminavamo con i lumini ad olio messi sulla finestra e così potevamo preparare il cibo per gli animali.
Teresina : anche a gasolio c'era la luce, che costava meno del petrolio.
Dina : quella volta c'era la "Centilena"
Umberto : la "Centilena" era una lampada, tipo una moka del caffè, sotto ci si metteva il carburo e faceva la luce.
Ersilia : bisognava stare attenti perchè poteva anche esplodere, perchè sotto c'era il carburo; si accendeva la fiamma e faceva la luce. Chi aveva freddo si metteva nella stalla, che c'erano le bestie che respiravano e riscaldavano; le donne sferuzzavano e si stava più caldi.
Teresina : i miei vicinati andavano a dormire dentro la stalla, perchè dentro casa non riuscivano a dormire dal freddo e li invece stavano caldi.
Capitolo 5° - LA SCUOLA
Luciana: sono stata sempre in colleggio; facevo l'inserviente, facevo un pò di tutto. C'erano le moniche che erano "triste", ci trattavano male se non facevi quello che chiedevano loro, ti sgridavano. Sono uscita dal colleggio quando avevo diciasette anni.
Ersilia : io insegnavo ai bambini delle scuole elementari. Quando si impappinavano nei compiti venivano da me le madri e io gli dicevo di studiare i verbi e la matematica. I ragazzi pretendevano di fare i compiti senza studiare i verbi e le regole della matematica, invece se non studi non le sai le cose. Io invece sono diventata vecchia e ancora so il presente, il gerundio, il passato prossimo perchè ho studiato.
Faustina : ho fatto la terza elementare e poi me so messa a fatigà. Quando andavo a scuola sotto le scale era buco, così avevo paura e la mestra ogni volta mi accompagnava.
Angela : mio padre era contrario al fascismo, così non ci ha fatto le divise del fascio per scuola, ma dei grembiuli. Mi hanno fatto fare tre volte la terza per questo, mi picchiavano le mani con il righino. Poi mi hanno dato la pagella e mi hanno promosso, mia sorella mi aveva fatto una divisa con un vecchio vestito di zia. Finalmente ho detto alla maestra cosa pensavo di lei e non erano belle cose!
Irene : ci picchiavano con il righino nelle mani, i palmi diventavano rossi e gonfi.
Luciana : (fa segno con la mano) cinque anni sono andata a scuola e la maestra era...diciamo così e così.
Umberto : noi dovevamo mettere la divisa scolastica solo il sabato. Era il sabato fascista!! I maschi erano chiamati balilla o marinaretti, le femmine piccole italiane.
Diana : una volta c'erano i fratelli più grandi che insegnavano ai piccoli. Purtroppo c'erano le pecore, gli animaletti da guardare, oltre alla scuola.
Umberto : mi ricordo che facevo la terza media e con un amico, che aveva il padre infermiere, ci diciamo :<> e quando è stato mezzogiorno siamo tornati a casa. Al giorno dopo arriviamo a scuola tutti infasciati e ci hanno chiesto:<> e gli abbiamo detto che eravamo andati sotto una macchina. La scuola ha chiamato i nostri genitori: a me è andata bene, ma al mio amico meno!
Vito : anche io una volta ho saltato la scuola.
Gabriele : io giocavo con le palline. Toccava gice!
Ersilia : io andavo a scuola con una bambina che viveva vicino a casa mia: chiacchieravamo tanto, come due pettegoline! La maestra un giorno ci ha detto che ci avrebbe bocciato, ma io in quel periodo leggevo molto, ero brava, preparata. Dopo il mio esame la maestra ha detto. eravamo quaranta in classe che soddisfazione! Sono diventata tutta rossa!
Francesco : io ho fatto la scuola da sarto, andavo da un sarto ad imparare.
Arnalda : io invece ho fatto fino alla terza elementare e poi non ce sono gita più. Lavoravo, guadagnavo qualche soldarello.
Teresina : io ci sono andata fino alla quarta elementare e lavoravo anche. C'era il problema dei vestiti, così mamma cuciva la tela e usavamo i vestiti dei fratelli più grandi.
Lidia : io ho fatto fino alla quinta, la scuola mi piaceva, avevo scuola due volte al giorno. Nel periodo fascista ci si andava la mattina e la sera.
Zelinda : io ho studiato sempre perchè mi piaceva leggere i libri.
Arnalda : signorina è mancina? (si riferisce al facilitatore che sta trascrivendo) Una volta ai mancini gli si menava nelle mani! Se fosse stata mia figlia....
Ersilia : anche mio fratello era mancino, hanno provato a farlo diventare destro ma scriveva meglio con la sinistra. Un giorno un dottore ha spiegato ai miei genitori che non era un problema, così lo hanno lasciato stare.
...continua...
3 commenti:
Queste storie non sono novelle,fatti di vita vissuta da gente forse solo col nome.
Il cognome non serve, chissà che faccia avranno e i dolori i ricordi come misureranno il tempo, quante risposte testimonianze si pretendono da questi poveri esseri protetti in una casa che sentono come e quanto loro?
Saremo noi anche così.
dario
Se quelle mura vedono e sentono ciò che immagino allora capisco perchè ogni volta che passo davanti al Geriatrico di Padova o anche lontano scorgo le immense mura del PIO IX mi prende paura vigliacca e tristezza difficile a descrivere.
Se quello è il traguardo se rappresenta l'ultima stanza allora il peregrinare contestare volere o gettare tutto diventa apparente e sfinisce la mente: crollano le illusioni e i sogni giovanili,la vita ha una fine, paludata come ti pare ma sempre fine è.
Il PIL destra sinistra e poesia e filosofia da dubbi svaniscono come se mai fossero state.
Ho vigliaccamente paura del Ricovero.
Grazie per la sensibilità mostrata Franco, tu sei un uomo, io solo un presuntuoso sognatore che ha creduto, in cosa?
Tuo
dario
@ Dario
Solo per precisarti: la Casa Protetta in questione, non è il Pio IX, bensì una struttura che si trova all'interno del complesso Ospedaliero e si chiama Casa Protetta per Anziani ex IRAB.
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