di Dario Petrolati
Stamattina Maurizio (il giornalaio) è chiuso.
Per turno, la domenica, oggi, la riserva alla sua piccola famiglia.
E' la moglie colombiana, ed ancora con difficoltà si esprime in italiano.
Ossigenata e ben piantata, solleva pacchi di giornali senza sforzo, li passa a Maurizio che li divide con sveltezza e piega a mucchi a seconda delle testate. Son così tanti i prodotti che gli edicolanti debbono esporre, altrimenti se non mettono i mucchietti della Panini, il fornitore per la piazza di Padova non da il Corsera o altra stampa, insomma giochetti luccicanti per bambini sono vincolati a ricettari da cucina e mille altri gadget che coprono allegramente la storica edicola di Piazzale Mazzini.
Maurizio da persona colta, da spazio ai tanti libri scontati, specie la serie nuova o fondi di magazzino, come i Meridiani, che vanno a ruba, ed è vero che quei giorni stabiliti la gente che legge si mette in fila.
Allora stamattina, dopo la Wiennese (bar-pasticceria), ho fatto un passeggiata sino a Ponte Molino, appena qualche metro oltre, poi a sinistra: trovi l' edicola alternativa a Maurizio, incassata sotto l' Arco , tra mura medioevali hanno ricavato una sicura vendita esposizione di stampa. La gestisce un ragazzo col sorriso stampato, visto che non c' è nessuno in giro, sapendomi di laggiù-marchigiano s' intende- mi ha chiesto notizie di Ancona, del Conero, eppoi giù sino ad Ascoli con dovizia di particolari mi ricordava la Piazza ove il Meletti accoglie la bella borghesia della provincia.
E voleva cortesemente sapere e dirmi di quando fece servizio a San Benedetto, era militare, durante le elezioni, in un seggio.
Mi parlava con entusiasmo della mia gente e dei posti che di corsa in pochi giorni aveva scorso come in una zoomata ed anche vagamente mi parlava della "Stanza del figlio " di Moretti del porto giù alla Stazione Marittima, ove fu girata una scena straziante, rumorosa e dolorosa, era l' addio espresso dai due coniugi impossibilitati ormai a vivere assieme, dopo la morte dell' unico figlio.
E ritornammo alla Bora, che parte da Trieste e finisce a S. Benedetto , le palme del lungomare, la cortesia quasi ridicola della gente marchigiana, non servile come appare quassù, ma semplice buona come tra parenti.
Ma io volevo sapere dal ragazzo sorridente, curioso disposto a chiarire per cultura reciproca, del piccolo fiume o rivo che passa lento , stagna quasi, sotto Ponte Molino, sempre trasparente coi cigni che beccano l'acqua e succhiano le lunghe pulitissime erbe che sembran capelli di natura vergine e verde, una dea mitologica che passa sempre da queste parti ed arriva piano piano all' Adriatico dopo tanto camminare tra paesi e campi silenziosi ampi piatti senza colline come giù da noi.
Beh. mi ha detto il ragazzo, il nome completo del fiume è Piovego, ma questo pezzo imbrigliato che poi passa anche per la zona industriale, allargandosi e quasi si ferma, è il Tronco Maestro, l' asse principale del fiume che cinge Padova appena fuori le mura. La protegge , pare e sempre storicamente è provato, allagasse la città nei punti meno protetti: onde Padova città d' acque. Ma i patavini seppur piangenti sempre come nel parlar sfruttarono tutta l' acqua per far girare le ruote dei Mulini per fabbricar farine e macinare pietre sino a renderle polvere per utilizzarle in costruzioni e se uno si gira o guarda in alto vede sto bianco dappertutto, quella pietra dura di colori vari e quella istriana, dalmata rossiccia , tutto adoperato per edificare aggiustare ornare le troppe chiese chè molte sono solo vuote ormai, solo per turisti o trovare ristoro quando fuori c' è troppo caldo ed allora tutti pii ci si chiude nel buio della casa del Signore.
Sempre il ragazzo, mi fece vedere la Torre attaccata quasi sempre lungo le mura ove Galileo speculava il cielo e scopriva e vedeva verità che poi fu costretto a negare per ordine del papa, i mozzi ove sono incollate maldestramente lapidi che irridono ad Ezzelino da Romano, non era credente, antipapa come il nostro Jesino Federico, tutta na fede sto popolo dalla parlata fiacca eppure ha sempre odorato-venerato il luccicar ed il contare soldi.
Dietro ad ogni espressione in lingua pura il ragazzo non pareva certo un discendente del Ruzante, si sentiva dalla sete delle domande e risposte che faceva.
Confrontammo la stupenda Piazza di Ascoli , Piazza del Popolo,rinascimentale che io vissi anche in un carnevale notturno, quando rimasi imbottigliato tra la folla molti anni fa, con l' altra piazza che sempre a mente mi viene per reciproco confronto quella di Vigevano, spezzata a metà, invasa dal Castello di Lodovico il Moro enorme mastodontico e nero come la pelle del condottiero. E forse mi sembra più minacciosa e colma di storia quella della città dello sfortunato affascinante Lucio Mastronardi che mai scorderò.
Entrambi avevamo voglia di scambiarci opinioni e rinfrescare quanto di bello o misterioso ci attornia mentre durante la giornata badiamo ad avvenimenti di nessuna importanza, solo impellenti per tirare avanti, giorni che servono a scrivere sul calendario da muro le scadenze delle bollette sempre più onerose e frequenti.
Va bene così, allora, anche se non mi va per niente.
Che faccio?, pago la Repubblica , ci salutiamo e prima di richiudermi in ufficio, passo di nuovo alla Wiennese, sono un vizioso.
Per turno, la domenica, oggi, la riserva alla sua piccola famiglia.
E' la moglie colombiana, ed ancora con difficoltà si esprime in italiano.
Ossigenata e ben piantata, solleva pacchi di giornali senza sforzo, li passa a Maurizio che li divide con sveltezza e piega a mucchi a seconda delle testate. Son così tanti i prodotti che gli edicolanti debbono esporre, altrimenti se non mettono i mucchietti della Panini, il fornitore per la piazza di Padova non da il Corsera o altra stampa, insomma giochetti luccicanti per bambini sono vincolati a ricettari da cucina e mille altri gadget che coprono allegramente la storica edicola di Piazzale Mazzini.
Maurizio da persona colta, da spazio ai tanti libri scontati, specie la serie nuova o fondi di magazzino, come i Meridiani, che vanno a ruba, ed è vero che quei giorni stabiliti la gente che legge si mette in fila.
Allora stamattina, dopo la Wiennese (bar-pasticceria), ho fatto un passeggiata sino a Ponte Molino, appena qualche metro oltre, poi a sinistra: trovi l' edicola alternativa a Maurizio, incassata sotto l' Arco , tra mura medioevali hanno ricavato una sicura vendita esposizione di stampa. La gestisce un ragazzo col sorriso stampato, visto che non c' è nessuno in giro, sapendomi di laggiù-marchigiano s' intende- mi ha chiesto notizie di Ancona, del Conero, eppoi giù sino ad Ascoli con dovizia di particolari mi ricordava la Piazza ove il Meletti accoglie la bella borghesia della provincia.
E voleva cortesemente sapere e dirmi di quando fece servizio a San Benedetto, era militare, durante le elezioni, in un seggio.
Mi parlava con entusiasmo della mia gente e dei posti che di corsa in pochi giorni aveva scorso come in una zoomata ed anche vagamente mi parlava della "Stanza del figlio " di Moretti del porto giù alla Stazione Marittima, ove fu girata una scena straziante, rumorosa e dolorosa, era l' addio espresso dai due coniugi impossibilitati ormai a vivere assieme, dopo la morte dell' unico figlio.
E ritornammo alla Bora, che parte da Trieste e finisce a S. Benedetto , le palme del lungomare, la cortesia quasi ridicola della gente marchigiana, non servile come appare quassù, ma semplice buona come tra parenti.
Ma io volevo sapere dal ragazzo sorridente, curioso disposto a chiarire per cultura reciproca, del piccolo fiume o rivo che passa lento , stagna quasi, sotto Ponte Molino, sempre trasparente coi cigni che beccano l'acqua e succhiano le lunghe pulitissime erbe che sembran capelli di natura vergine e verde, una dea mitologica che passa sempre da queste parti ed arriva piano piano all' Adriatico dopo tanto camminare tra paesi e campi silenziosi ampi piatti senza colline come giù da noi.
Beh. mi ha detto il ragazzo, il nome completo del fiume è Piovego, ma questo pezzo imbrigliato che poi passa anche per la zona industriale, allargandosi e quasi si ferma, è il Tronco Maestro, l' asse principale del fiume che cinge Padova appena fuori le mura. La protegge , pare e sempre storicamente è provato, allagasse la città nei punti meno protetti: onde Padova città d' acque. Ma i patavini seppur piangenti sempre come nel parlar sfruttarono tutta l' acqua per far girare le ruote dei Mulini per fabbricar farine e macinare pietre sino a renderle polvere per utilizzarle in costruzioni e se uno si gira o guarda in alto vede sto bianco dappertutto, quella pietra dura di colori vari e quella istriana, dalmata rossiccia , tutto adoperato per edificare aggiustare ornare le troppe chiese chè molte sono solo vuote ormai, solo per turisti o trovare ristoro quando fuori c' è troppo caldo ed allora tutti pii ci si chiude nel buio della casa del Signore.
Sempre il ragazzo, mi fece vedere la Torre attaccata quasi sempre lungo le mura ove Galileo speculava il cielo e scopriva e vedeva verità che poi fu costretto a negare per ordine del papa, i mozzi ove sono incollate maldestramente lapidi che irridono ad Ezzelino da Romano, non era credente, antipapa come il nostro Jesino Federico, tutta na fede sto popolo dalla parlata fiacca eppure ha sempre odorato-venerato il luccicar ed il contare soldi.
Dietro ad ogni espressione in lingua pura il ragazzo non pareva certo un discendente del Ruzante, si sentiva dalla sete delle domande e risposte che faceva.
Confrontammo la stupenda Piazza di Ascoli , Piazza del Popolo,rinascimentale che io vissi anche in un carnevale notturno, quando rimasi imbottigliato tra la folla molti anni fa, con l' altra piazza che sempre a mente mi viene per reciproco confronto quella di Vigevano, spezzata a metà, invasa dal Castello di Lodovico il Moro enorme mastodontico e nero come la pelle del condottiero. E forse mi sembra più minacciosa e colma di storia quella della città dello sfortunato affascinante Lucio Mastronardi che mai scorderò.
Entrambi avevamo voglia di scambiarci opinioni e rinfrescare quanto di bello o misterioso ci attornia mentre durante la giornata badiamo ad avvenimenti di nessuna importanza, solo impellenti per tirare avanti, giorni che servono a scrivere sul calendario da muro le scadenze delle bollette sempre più onerose e frequenti.
Va bene così, allora, anche se non mi va per niente.
Che faccio?, pago la Repubblica , ci salutiamo e prima di richiudermi in ufficio, passo di nuovo alla Wiennese, sono un vizioso.
2 commenti:
Sai come si descrivono gli anconetani in particolare, ma i marchigiani in genere?
"nialtri semu cume le crucete, bruti fora ma boni drento".
Saremo forse un pò "spacconi", saremo forse per questo anche antipatici, ma nessuno può dire che siamo falsi. La sincerità è il nostro punto di forza...o forse la nostra debolezza?
Ecco Franco,
per dire della città,di quello che pare ci sia o c'è , mi sono odiosamente dimenticato di chiederti almeno della mamma tua,Giuliana poi, non so più nulla.
Da che siamo legati al tuo bel blog mi pare non si parli più tra noi , di noi.
Comunque l'accaduto-visto stamane tu lo hai immediatamente stampato e la cartolina domenicale da Padova speriamo sia di gradimento per Giuliana.
Oggi dovrò leggere , nel pomeriggio chè stasera ho l'invito di Cinzia alla chiusura di Cadoneghe_era una delle Feste dell'Unità.
Oggi anche per quello il morale è un poco basso.
dario.
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