sabato 28 giugno 2008

CIMITERO DI CHI CREDE VIVERE.


di Dario Petrolati

Ho sempre sognato.
A sproposito spesso, altre volte senza sapere da dove venisse l' imput, magari per reazione con un fatto che nulla aveva a che fare con il momento di vita.
Allora dopo aver pensato, non troppo però, magari trangugiavo un sedativo per calmare l' ansia, la paura immaginata che mi si fermasse il cuore, chè m'è sembrato sempre troppo presto, volevo vivere, vedere, sapere.
Ho cambiato strada, eufemismo, sono corso da un medico perchè mi aiutasse a risolvere l' inesistente problema, che mi appariva però gigantesco, sproporzionato, anche volgare.
Nulla da fare, per l' impreparato taumaturgo per lo sfortunato, difficile soggetto, sempre io.
Dicendo piccole bugie inutili mi son sentito spesso colpevole di gravi reati e quando invece, da vigliacco ho tradito, allora subito una scusa plausibile ho trovato e ciò potrebbe essere accaduto più di quanto ricordi.
Qualcuno un giorno, ai giardini di Senigallia, era un pomeriggio di mezza estate mi disse che ero un "metereopatico", nulla di grave e di strano, succede a molti, a tanti, ma io provai ancora più disagio perchè sentirmi vincolato addirittura alla natura mi umiliava quasi e dava rabbia.
Questo succedeva forse anche perchè ho sentito sempre estranea la natura, se non addirittura nemica, chè la mia sempre indicibile malinconia mi rapportava a pensieri quasi leopardiani, come poi infatti Randi mi disse molto molto più tardi nella sua Libreria a Padova, quando leggendo i miei versi presi a caso, da sottoporre a Camon per un giudizio, "ecco" - mi disse -, "il mio amico.............marchigiano, poeta leopardiano che mi onoro di avere come estimatore e confidente".
La gente si girò e mi osservò e prese ad arretrare per non offendermi, chè la vicinanza fisica sarebbe potuta essere gesto troppo sfacciato.
Ma mentire a me stesso, scioccamente forse, chè il dubbio sempre mi fa ombra, non ho mai capito a cosa volesse approdare e se inconsciamente o scientemente. Menti Bruno, il bravo e modesto pittore veneziano, amico di giochi infantili di Hugo Pratt sempre mi dice che il fascino più elevato delle mie poesie consiste nel perenne dubbio che aleggia ovunque, attorno alle persone che descrivo ed anche ai luoghi che sempre quelli sono: Chiese, suore, gioventù che corre a piedi o scorrazza in bici per traverso senza ordine , creando un ambiente quasi alla Truffaut, a quel cinema di cultura sentito nell'aria senza sapore di cibi ma soli amori in fuga verso precipizi ingiusti.
Così che le giornate sembra passino, a volte si rincorrono nervosamente rispecchiando lo stato d' animo sempre inquieto o pauroso del buio come quando si è bambini o la coscienza fuori posto sembra dire che non si fa e non si dice, cosa di specifico poi vattelo a sapere, l'importante sgradevolmente presente ovunque e sempre c' è il disagio o la speranza, poi frustrata di nuovi ideali.
Con questo ragionare sempre a metà i miei amici, una donna mi pare sia stata per prima, hanno cominciato a stupirsi, come per gioco, che io non fossi mai stato a Parigi.
Parigi di quà, Parigi di su, di là, tanto che l'argomento prese una piega quasi seria eppoi un giorno fu un altolà generale del Centro Studi (Luccini - NdR), chi portava guide esauste, cartine topografiche, cartoline e suggerimenti perchè sfruttassi ed assorbissi l' aria di Parigi come si confà ad un artista, per tutti il poeta.
Arriva il giorno della partenza e tanta agitazione addosso.
Al piccolo hotel de l' Operà, in discesa e salita con strada sempre pulita ed acqua lungo il marciapiede chè non un briciolo di polvere doveva levarsi mai, dormii pochissimo e di notte al 5° piano, dalla finestra, osservavo il fondo del cortile colmo di barattoli e gatti che saltavano, fuggivano, giocavano forse. Pareva rivedere un film di Beker, tipo " un condannato a morte è fuggito", si sentivano le voci degli inservienti che ordinavano alla rinfusa l' invisibile magico cortile profondo come la gola dell' inferno.
La mattina, prestissimo, dopo il primo caffè imboccavo una strada che avrebbe dovuto portarmi verso l' Arco di Trionfo, la Torre, Montmartre, i Boulevards , possibilmente simili o proprio quelli degli impressionisti.
Ma dentro un palazzo, un museo, solo da fuori, volevo, e l'ho fatto, sentire il respiro della gente le risate con la erre moscia o quella rotolante, osservare la camminata, l' andatura dei turisti, sedermi sui gradini dei marciapiedi. Ovunque, ho solo camminato sempre anche con la pioggerella e lungo la Senna aspettavo aprissero quei cassoni pieni di libri che hanno un nome speciale. Ho provato ad entrare dentro Notre Dame, che delusione, una puzza di gente sudata e buio pesto, più bella da fuori, ma mi ha deluso per le proporzioni eppoi di metro in metro per caso sempre per caso sono arrivato al Cimitero degli Artisti, avrei potuto vedere finalmente la Tomba di Maupassant. Che bel cimitero veramente silenzioso con tutti quei nomi, cantanti, attori, scrittori la cultura universale a riposo tra sassolini e muschio e silenzio presuntuoso logicamente colto da invidiare. Lungo un muretto di cinta, dimenticata, una piccola pietra anche sdrucita con scritto appena Jean Seberg. Ho sentito voglia irrefrenabile di piangere, il volto piccino e ridente, i capelli cortissimi da ragazzo, biondi, la bocca e la voce seppur doppiata e la tremenda vita ingiusta sempre da fuggitiva inseguita dalla perfida CIA e l' altra polizia internazionale americana sempre alle spalle solo perchè aveva amato, dato amore, anche all' atleta di colore dal guanto col pugno chiuso a Città del Messico. Comunista, peggio di puttana-ladra, per loro era peggio e doveva non esistere chè la poverina , fatti i conti visse meno di 40 anni anche se ne dimostrava 20. Si suicidò alla fine e fu trovata nuda dentro un taxi. Nessuno volle riconoscerla, guai, per carità, che disordine ed infame l' umanità, prima ti usa eppoi si gira.
Ora quel che resta è lì sotto dimenticato e solo per i servizi di cinema quando è indispensabile il suo nome, allora ritoccano la pietra povera, tolgono gli spigoli rotti e posano per le foto mazzi di fiori rubati ad un' altra tomba lì vicina.
Si torna nell'oblio manco l' inferno sotto l'umido Cimitero degli Artisti accanto al muretto di cinta senza dar fastidio.
Le ho viste tutte quelle tombe, ho letto i nomi, preso appunti e pensato-pensato, cosa non lo posso dire non mi va è roba mia.
Poi sono ritornato anche il giorno dopo e subito ho ritrovato Jean Seberg.
Aria di Parigi , vite e quartieri , colori della pelle e lingue universali.
Quando potrò economicamente ripercorrerò quelle strade sempre a piedi chè ho la certezza di avere scordato dietro un angolo qualcosa che ho cercato qualcosa che non so ma deve esserci.
Aria di Parigi.

3 commenti:

Franco Giannini ha detto...

Di nuovo una cartolina.
Grazie. Questa volta viene da Paris, la ville lumière, la città dei bohemien, la città degli artisti, la città della cultura, la città della Sorbona, della Bastiglia, della rivoluzione e della libertè ègalitè fraternitè...ma anche di Sarcoski con Carla Bruni, dei sans papier, di Le Pen.
Caro Dario, meglio ricordarla solo per i suoi monumenti ed i suoi artisti...chè intanto "tutto il mondo è un paese", basta sapercisi adattare...che non è uguale al dire "avere il piacere e l' onore di viverci". Del resto la terra di Bengodi è un lembo di terra ancora sconosciuto che tutti si cerchiamo, ma che nessuno ancora ha realmente scoperto, eccezion fatta per chi bara ed usa l' illusione.

www.dariopetrolati.it ha detto...

Caro Franco,
grazie per le foto, la copertina che hai costruito per la povera Jean Seberg.
Non so perchè o forse lo suppongo e dolorosamente sento un parallelo tra Jean Seberg e Tina Modotti.Unico nemico vincitore contro l'ideale portato da due donne vissute in epoche diverse lontane nel tempo e nello spazio,ingenua sfruttata bella come tutti vorremmo fosse nostra figlia,la Seberg,mentre la Modotti partita dal sottoproletariato friulano autodidatta in tutto divenne maestra di vita e di arte visiva e coraggiosa sino alla morte sempre combattendo per l'indipendenza dei popoli,dal Messico alla Spagna osando fare proselitismo in Hollywood spiegando e facendo capire il comunismo agli albori . Chaplin,Fairbains e molte stars della Universal, compresa la Pikford,furono influenzati e sensibilizzati politicamente chè l'Amerika non potè sopportare onde cominciò la caccia alla rivoluzionaria-artista, sino alla morte che avvenne entro un Taxi, come per la Seberg,dissero ed affermarono che la causa era dovuta ad infarto.
Maria della Rizza , giovanissima studiosa bassanese , vivente in Madrid che io personalmente ho avuto la fortuna di conoscere e qualcosa altro pure, Franco m'intende,mi ha garantito che la Modotti solo qualche anno fa dissero la verità, fu avvelenata con stricnina.Uccisa chè dall'Internazionale comunista stava aderendo a quella anarchica e per ordine di Stalin lo stesso Vidali contribuì alla sua eliminazione.
Ci sono storie non dette sottaciute come se si trattasse di semplice gossip,dentro alla vita della Seberg come in quella di Tina con coraggio ed onestà sarebbe anche ora, sempre tardi è però,di dire la verità.
Nel cimitero ove hanno buttato Jena Seberg ho sentito un giorno dei rumori di voci bambine.Una scolaresca delle medie di Vicenza era accompagnata da due giovani insegnanti.Ho provato piacere nel constatare che esistono bambini ed insegnanti che credono desiderano sapere,il mio Paese per un attimo ho ritrovato,aveva dignità quella scolaresca, non influenzata-comprata dal Cavaliere.
C'è speranza............
dario.

www.dariopetrolati.it ha detto...

errata corrige:
hanno buttato Jean Seberg, non Jeana.
Scusate l'errore di battitura.dario