giovedì 12 giugno 2008

QUANDO IL MORIRE NON E’ SOLO DI FATICA…


Ancora sei vite perdute. Ancora il falso rammarico delle istituzioni. Si istituzioni scritto con la lettera minuscola, come minuscoli sono i loro interessamenti, nei confronti di chi lavora, già oppressi dai miseri stipendi e senza alcuna garanzia di sicurezza nel lavoro e del lavoro (trattandosi in questo caso anche di precari).
Dopo i morti di Torino, quelli di Molfetta, ora anche quelli di Mineo cittadina di cui occorre indicare la provincia, Catania, perché altrimenti resterebbe sconosciuta ai più ( che non dovrebbe essere ma in questi casi è assai importante per l' interessamento di chi dovrebbe).
Ormai abbiamo fatto l’ abitudine anche a queste morti, che se di gruppo fanno notizia, altrimenti le morti di una sola unità (i dati statistici freddi parlano di unità e non di esseri umani, persone) passano quasi inosservate.
Ma ieri altri morti da una unità, si sono sommate ai sei operai siciliani : Un operaio addetto alla manutenzione autostradale a Modena, un agricoltore a San Salvatore Monferrato nell’ Alessandrino, un altro operaio a Orani in provincia di Nuoro. Quindi 9 sono stati i morti in una sola giornata di lavoro. Questo è un vero dramma, non certo la partita calcistica che abbiamo perduto agli europei. Questa è la vera vergogna di un' impotenza statale apatica e cronica.
La morte di per sé è gia orrenda, ma se si pensa che il lavoro serve per vivere e noi lo stiamo adoperando per abbreviare i tempi di vita, allora tutto appare più orrendo.
Mai però come l' ascoltare quelle frasi ormai retoriche superate e di sapore stantio, che servono solo a mandare in bestia e che lasciano alla fine l' amaro in bocca ed il tempo che trovano.
Ieri a Torino, poi a Molfetta, ora a Mineo, dobbiamo risentir pronunciare con l’ enfasi del melodramma “…Basta queste stragi…” ed ancora il più netto e solitario “Basta”, seguito anche da "nuove frasi mai ascoltate" come “…Chi ha sbagliato deve pagare. Non si può continuare a morire sul lavoro come se nulla fosse. Stiamo diventando come un paese del terzo mondo.” Ed ancora “…tutto il Paese si deve ribellare” . Ma ancora frasi inedite “…le leggi ci sono: devono essere applicate nel modo più intransigente ed efficace possibile…”. C’ è un termine che non voglio usare per correttezza, educazione, bon-ton, ma solo nei miei confronti e di qualche eventuale possibile lettore, con il quale sottolineare la falsità racchiusa nel virgolettato.
Alle vedove ed agli orfani, non lo vorrei, ma so che così finirà, solo telegrammi come di già fatto, inviati dal segretario del segretario del sottosegretario del ministro di turno o del presidente in carica, altre parole di promesse durante i funerali di stato, una manciata di euro per le prime spese e poi ….chi s’ è visto s’ è visto.
Del resto secondo l’ ottica di questa gentaglia, domani è un altro giorno.
Però dalle disgrazie è possibile ricavarci anche consensi da quei pochi fessi che ancora ci credono, ed allora ecco subito i primi colpi di timone di questa barca ormai in perenne avaria, sballottata dai cavalloni degli eventi che si susseguono per imperizia, per menefreghismo e chissà forse anche per sfiga dei nostri governanti.
Ecco che allora si fanno subito i soliti incontri salottieri tra il ministro in questione, gli industriali ed i sindacati, che ancora una volta concordemente creeranno altri organi di controllo, ci sbatteranno a presiedere questo organo, il primo sfigato trombato alle elezioni in graduatoria per una poltrona e ci si lascerà con la promessa di ritrovarsi alla prossima drammatica occasione.

2 commenti:

www.dariopetrolati.it ha detto...

Da laico divenni ateo ora rabbioso penso all'inutile dio di qualsiasi fede e quando si para innanzi col grembiule viola da cerimonia dopo che i fiori e le corone legate sulla cassa tremano ballano indecise se cadere o meno il batter le mani e gli occhi bagnati eppoi a casa ognuno a casa sua fatica sudori soldi pochi sempre con i discorsi e le promesse mai silenzio vergogna o nella notte come ladri i sopravissuti di vergogna in ginocchio a chiedere perdono ai morti alle famiglie violate mai che succeda .
Invece si muore così come si va a spasso:
esci una mattina e manco ci pensi sia l'ultima o penultima
lavorare è morire
siamo tutti compromessi
e le parole vuote sanno di sale gli orfani e le vedove tali sono o saranno se il marito o il padre ha intenzione di lavorare.
Sa di carogna un paese ove si muore per non rubare.
dario

www.dariopetrolati.it ha detto...

14 giugno 2008

Ma anche stamane continua sta strage:
nuovi morti sul lavoro oggi il conto ne dice 4
irregolari
appello del Capo dello Stato
le statistiche parlano di morti in meno all'anno scorso
Non mi va , non è il caso di chiedersi come e perchè di morti sul lavoro, ai cinesi alludo,non si parla.
Sono tanti-sempre più:Via Paolo Sarpi a Milano-quartiere Fiera
Prato città del tessile è ormai provincia cinese
e giù e su di quà di là ovunque di festa e non corrono sempre , pare l'Italia terra di conquista,usando l'infinito parlano anche toscano e corrono sollevano arrivano-arrivano.
Ma i cinesi che stupirono anche Marco Polo non muoiono sul lavoro.
Chi ha visto sentito di una loro morte mentre faticava?
Quassù nel ricco veneto ora vestono anche eleganti e chi frequenta il Pollini sa che violinisti ed altri studenti hanno gli occhi a mandorla,hanno segreti e filosofie lontane sorridono ma non rispondono a domande loro poste,fingono di non capire.
I lavori sui ponteggi edili,e le fatiche che arrecano morte non sono loro a fianco, polacchi, terroni,strana gente quella che muore sul lavoro,troppo spesso irregolare.
Ma le statistiche dicono il vero o sono anche falsate?
Morire per lavoro è disonorevole, gli appelli i pianti si confondono con le goccie d'acqua che viene dal cielo,forse la morte è apparente e quella che raccontano tv e giornali serve solo a riempire spazi vuoti.
Le morti violente in vero nel profondo dell'anima si scordano, il tempo pensa a far dimenticare,verranno nuove stagioni e fatti con altri colori.
dario.